Pianificazione e azzardo: Moltke e le origini della Grande Guerra

I dubbi sull’Italia si accompagnavano a quelli sulla Romania. Qui, ad avviso di Molke, la responsabilità era dell’Austria che, puntando sulla debole Bulgaria nel tentativo di allontanarla definitivamente dalla sfera russa, aveva provocato la reazione romena. Il re era ancora filotedesco ma il clima dell’opinione pubblica era sempre più anti-austriaco.

Il terzo tassello del sistema di alleanze era la Turchia. Qui le simpatie filotedesche erano forti ma Moltke e i responsabili militari tedeschi non si facevano illusioni sulla capacità effettiva di combattimento dell’esercito turco. Dopo le sconfitte del 1912-13 ci sarebbe voluto molto tempo (e anche qui c’erano poche certezze) prima che l’esercito turco potesse tornare a livelli accettabili di efficienza. Allo Stato Maggiore Tedesco si prevedeva che una guerra in tempi brevi avrebbe portato al collasso delle forze armate e quindi dello Stato. Restava tuttavia forte il valore strategico della Turchia.

Sostanzialmente la Germania subiva una situazione di forte isolamento diplomatico cui i politici tedeschi non sapevano come far fronte. Unito al forte riarmo francese e russo, quest’isolamento non poteva che condurre ad un generale peggioramento della situazione tedesca. Un altro elemento, questo, che induceva la dirigenza tedesca a ritenere che se una guerra doveva esserci, allora era meglio combatterla subito. Qualche voce minoritaria, in effetti, iniziava a pensare che il tempo fosse ormai scaduto e che l’ultima occasione la si era lasciata sfuggire nel 1905. In questo clima di ansia, l’evento di Sarajevo non poteva che essere accolto come l’ultima occasione.

Il dibattito sul rafforzamento nell’ultimo mese di pace

Sia Ludendorff sia Conrad (anche se quest’ultimo solo per un breve intervallo) erano stati costretti a lasciare il proprio Stato Maggiore a causa dell’insistenza con cui avevano chiesto un forte riarmo. Moltke, che pure aveva considerato le dimissioni a fronte del rifiuto da parte del governo (e del Parlamento) di accettare l’incremento proposto (circa 150 mila uomini ottenuti a fronte dei 300 mila chiesti), non ottenne questa punizione. Difficile dire se ciò fosse a causa del fatto che si riteneva Ludendorff il vero promotore, e responsabile, delle richieste, oppure se in fondo la classe politica condividesse i timori (e le prospettive) del capo dello Stato Maggiore. In ogni caso Moltke rimase al suo posto a preparare la prossima guerra.

Nel maggio 1914, in una comunicazione al Kaiser, Moltke valutava come l’Austria avrebbe dovuto tener bloccate alcune divisioni a guardare la Romania: questo le avrebbe impedito di iniziare qualsiasi offensiva verso la Russia. In tal modo l’armata russa sarebbe stata libera di puntare, in forze concentrate, contro la Germania, e questo in tempi assai minori di quanto comunemente si riteneva. La temuta invasione da parte della Russia divenne l’incubo tedesco e la guerra, nell’immagine collettiva della dirigenza tedesca, si prefigurò come una lotta per la sopravvivenza.

A fronte di questa nuova situazione, lucidamente prevista, non cambiò però la prospettiva  di Moltke, che continuava a chiedere più truppe senza considerare la possibilità di un cambio di strategia: stimando che nel 1917 l’Intesa, e soprattutto la Russia, avrebbe superato quanto a capacità militari la Germania, Moltke riteneva che solo chiamando subito altre 150 mila mila reclute la Germania avrebbe potuto far fronte alla minaccia. Di fronte alla crescita francese, con la legge dei 3 anni, e a quella russa, con il rafforzamento numerico (la stima era per un esercito in tempo di pace di un milione e mezzo di uomini) e qualitativo dell’esercito e con la progettata realizzazione di una nuova rete di ferrovie in Polonia, la difesa della Germania (e la guerra offensiva che Moltke preparava era considerata il modo per difendere la Germania) era possibile solo con grande sforzo.

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