Pianificazione e azzardo: Moltke e le origini della Grande Guerra

Questa urgenza urtava contro la resistenza del ministero della Guerra a fornirgli gli uomini necessari.

La rivoluzione dei Giovani Turchi nell’Impero Ottomano provocò una serie di reazioni a catena che culminarono nell’annessione ufficiale della Bosnia Erzegovina all’Austria, sino ad allora nominalmente sotto sovranità turca e solamente amministrata dall’Austria. L’annessione era il risultato di una sottile trama diplomatica tra il ministro degli Esteri austriaco Aehrenthal e quello russo Izvolskij: l’Austria avrebbe, con l’annessione, dato un colpo alle speranze serbe di porsi come centro di aggregazione nazionale per gli slavi, mentre la Russia avrebbe ottenuto il libero passaggio delle proprie navi attraverso i Dardanelli. Alla fine, però, l’accordo austro-russo saltò e con una mossa unilaterale l’Austria procedette all’annessione senza concedere nulla alla Russia. L’atto provocò le ire russe e serbe e ci furono minacce russe di intervento. L’escalation sembrava dietro l’angolo. Il deciso sostegno germanico all’Austria, con un esplicito avvertimento alla Russia che fece seguito all’ultimatum austriaco, cambiò però le cose e la Russia, ancora debole dopo la sconfitta con il Giappone e le rivolte interne e priva del decisivo appoggio francese, dovette fare marcia indietro.

In pieno accordo Bulow e Moltke appoggiarono gli austriaci assicurando loro che avrebbero sostenuto l’Austria in qualunque caso, anche qualora la Russia fosse intervenuta a seguito di una dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia. Di fatto Bulow e Moltke cambiarono l’alleanza da difensiva in offensiva. Il senso di questo appoggio incondizionato può esser fatto risalire alla consapevolezza che senza il sostegno tedesco l’Austria non avrebbe potuto affrontare una politica di potenza nei Balcani, riducendosi, così, al ruolo di potenza minore. Questo avrebbe comportato la perdita dell’unica potenza alleata della Germania e, a differenza di Schlieffen, Bulow e Moltke ritenevano che la Germania avesse necessità di questa alleata. Del resto, con la Russia debole, quello poteva essere realmente il momento per una guerra vittoriosa ed è anche pensabile che, se non Bulow, almeno Moltke abbia sperato in un esito diverso della vicenda. La pace, però, alla fine prevalse, sia perché l’opinione pubblica tedesca era contraria, in quel momento, ad un impegno della Germania a favore di un’Austria che sembrava essere l’aggressore e non la vittima, sia per le titubanze del Kaiser. I vertici militari tedeschi avrebbero fatto in modo che alla successiva occasione le titubanze di Guglielmo non ostacolassero più le loro scelte. Nel 1909 Moltke pensava che la Francia non volesse la guerra (e questo spiega il tiepido sostegno alla Russia) ma immaginava che una volta che la Germania avesse mobilitato verso la Russia, la Francia a sua volta avrebbe mobilitato, poiché non poteva certo assistere inerme allo spiegamento della forza tedesca senza sentirsi minacciata. Questo avrebbe portato alla guerra, poiché lo spazio delle trattative si sarebbe ridotto in modo estremo. In altre parole Moltke riteneva che il domino delle mobilitazioni reciproche non poteva che essere il preludio inevitabile al conflitto.

Uno dei primi passi presi dopo la crisi fu la riapertura dei contatti diretti tra lo Stato Maggiore Tedesco e quello Austriaco, anche se le diversità di prospettive e e i segreti reciproci continuavano ad impedire una piena ed onesta collaborazione. Per Conrad il problema dell’Austria era la Serbia e questo aveva la prevalenza su tutto, compresa la Russia; per Moltke, invece, la questione decisiva era liquidare la Francia. In ogni caso i due comandanti si scambiarono reciproci incoraggiamenti a cercare la guerra e Conrad assicurò Moltke che l’Austria non avrebbe accettato oltre quelle che definiva “le provocazioni serbe”. In questa maniera Austria e Germania seguirono una politica deliberatamente aggressiva, ritenendo che, a fronte della debolezza altrui, la minaccia di una guerra non potesse che spingere gli altri a cedere.

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