Pianificazione e azzardo: Moltke e le origini della Grande Guerra

Proprio la posizione inglese fece infuriare il Kaiser, che sino ad allora aveva oscillato tra ostilità e desiderio di giungere ad un accordo con l’Inghilterra. Sino a poco tempo prima della crisi i consiglieri militari di Guglielmo II gli avevano sconsigliato di appoggiare un accrescimento delle spese militari, ed anzi gli avevano suggerito di opporvisi per motivi economici ma anche politici. Ora, quella che definì “moralmente la dichiarazione di guerra dei britannici”, spinse Guglielmo ad accettare tutte le richieste di di riarmo avanzate dai capi militari. L’8 dicembre 1912 il Kaiser convocò un consiglio di guerra cui parteciparono tre ammiragli, tra cui Tirpiz e Muller, capi dei tre organi supremi della marina, e Moltke. La presenza dei tre ammiragli, verosimilmente, fu dovuta al fatto che lo scopo principale della riunione era quello di discutere le opzioni di una eventuale guerra con l’Inghilterra che avrebbe, inevitabilmente, coinvolto pesantemente la marina. L’assenza di civili (la riunione era segreta e Bethmann-Hollweg ne fu informato ufficiosamente solo alcuni giorni dopo) rappresentava la chiara distinzione, nella mente del Kaiser, tra problemi militari e civili e, anche, che considerava ormai la guerra più di una semplice possibilità, da affrontare pertanto già sul piano tecnico-militare. Nel corso della riunione sia l’ammiraglio Muller sia Moltke si schierarono a favore di una guerra subito mentre Tirpiz, sostenendo che occorresse prima completare il canale di Kiel e la base di sottomarini ad Heligoland, riteneva che occorresse attendere almeno un anno e mezzo. Moltke replicò che il momento buono per attaccare era quello e che l’attesa di un anno e mezzo poteva essere pericolosa. Peraltro ammise che al momento l’opinione pubblica non era pronta a sostenere una guerra e che occorreva quindi avviare prima una forte e pervasiva campagna di propaganda. Solo questo poteva giustificare un ritardo nello scatenare la guerra. Tutti i quattro alti gradi concordarono sul fatto che le speranze di un conflitto senza il coinvolgimento della Gran Bretagna, qualunque cosa pensasse Bethmann-Hollweg, erano inesistenti. Questo significava che la guerra si sarebbe combattuta prevalentemente sul fronte occidentale e che questo sarebbe stato il fronte decisivo. Ma significava anche che il tempo correva contro il Piano Schlieffen. Di qui la reiterata dichiarazione di Molke: “la guerra: più presto è, meglio è”.

L’esito politico-diplomatico della crisi, che sgonfiò le possibilità di una guerra, fece tornare il Kaiser su posizioni pacifiste, che delusero fortemente le autorità militari e l’opinione pubblica nazionalista, convinta che si fosse persa un’occasione favorevole per combattere quando uno dei principali nemici, la Russia, era impegnata nei Balcani.

Sul piano politico-strategico l’esito della prima crisi balcanica aveva mutato in peggio la situazione tedesca. La Bulgaria e la Turchia erano uscite profondamente ridimensionate; la Serbia si era rafforzata; la Romania si era rivelata inaffidabile (il che aveva come corollario la necessità per l’Austria di dislocare truppe anche a controllo del confine con questo paese sottraendole dai fronti principali) e l’Italia, tramite il generale Pollio, aveva ufficialmente dichiarato che le forze italiane, che secondo un accordo precedente si sarebbero dovute schierare sul fronte francese a sostegno della Germania in caso di guerra contro l’Intesa, non sarebbero più state disponibili.

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