Quando i “maiali” forzarono Alessandria

Siamo nel Mediterraneo, 1941. L’Italia è ormai in guerra da un anno e mezzo con alterne fortune. Tra i reparti più attivi della marina militare italiana, ci sono gli uomini della X Flottiglia MAS. Palombari a cavallo di siluri, piloti dei barchini esplosivi e assaltatori subaquei delle squadre “Gamma” si sono resi protagonisti nei porti di Malta, Suda e Gibilterra di diversi tentativi di attacco che, anche quando non coronati da successo, avevano dato prova di grande preparazione e coraggio e avevano destato interesse, ammirazione e grande timore per la loro potenzialità anche presso gli alti comandi britannici.
Sono le 21.30 del 18 Dicembre 1941 quando le coppie De La Penne-Bianchi, Marceglia-Schregat, Martellotta-Marino, a cavallo dei loro “maiali” abbandonano il sommergibile Scirè, al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese. Questi li aveva portati fino all’imboccatura del porto di Alessandria d’Egitto, base logistica e militare di importanza capitale nello scacchiere del Mediterraneo medio-orientale, sia in terra che in mare.
Ma cosa erano i “maiali”? Maiale era un affettuoso nomignolo affibbiato ad un’arma in realtà micidiale: un siluro a lenta corsa (slc) con una testata di tre quintali di esplosivo, pilotabile da due operatori come un piccolo sottomarino. Gli slc erano dotati di un motore elettrico a 4 marce, strumentazione fosforescente e potevano procedere ad una velocità variabile tra i 2 e i 4,5 nodi, con un’autonomia oscillante dalle 4 alle 15 miglia, in funzione della velocità.

L’impiego operativo dei maiali era concettualmente molto semplice: portare la carica direttamente sotto la chiglia di una nave-bersaglio, azionare le spolette a mano e allontanarsi in tempo per evitare di essere vittima della propria bomba. L’attuazione del piano però era spesso di una difficoltà tutt’altro che facilmente superabile.
Torniamo ora nella baia di Alessandria. Il gruppo di incursori procede navigando in superficie, in formazione aperta ma compatta. Al centro De La Penne, Marcegaglia a sinistra e Martellotta a destra. In circa due ore i maiali si portano presso i galleggianti delle ostruzioni retali del porto interno. Qui sono così vicini all’estremità del molo (Molo della Quarantena) da poter udire delle sentinelle chiacchierare tra loro sulla banchina. All’interno della baia, nel frattempo, un grosso motoscafo di vedetta incrocia su e giù lanciando bombe di profondità ad intervalli di tempo regolari.
Mentre gli incursori si apprestano ad immergersi, nonostante le bombe, per superare la rete, la fortuna si presenta loro nelle vesti di una squadra di tre cacciatorpediniere che, rientrando dalla missione, vengono fatti entrare in porto aprendo un varco nel sistema difensivo. I tre equipaggi, sfruttando le scie, a rischio di collisione con i caccia, riescono ad entrare nelle acque interne. Nella confusione però si perdono di vista, ma ormai la missione è entrata davvero nel vivo.

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