Quando i “maiali” forzarono Alessandria

Cominciamo con l’equipaggio numero 1, composto dal tenente di vascello Luigi Durand De La Penne e dal capo palombaro Emilio Bianchi

Questi si tengono all’esterno del frangiflutti anche per evitare i fasci luminosi di una nave che sta caricando e, facendo una sorta di slalom tra alcune navi francesi internate, giungono senza intoppi presso il loro bersaglio: la corazzata Valiant, 30000 tonnellate di stazza, che si staglia chiaramente nel buio della rada. Tutto intorno vi è una rete parasiluri con dei grossi galleggianti sferici che, urtandosi fra loro, fanno molto rumore, nascondendo in parte il ronzio dell’elica del maiale.
Sono circa le 2 e De La Penne è fisicamente in crisi a causa di uno strappo nella muta stagna, provocatosi alla partenza, e che, dopo quattro ore in acqua, provoca forti dolori e brividi. Decide dunque, per affrettarsi, di superarare la rete in superficie in un punto ove i galleggianti siano distanziati a sufficienza. Il passaggio avviene comunque senza grosse difficoltà. L’equipaggio si immerge e dirige verso il punto della carena designato per collocarvi l’esplosivo. A questo punto cominciano i guai: a causa di un tremendo dolore alle mani, De La Penne non riesce a controllare il maiale che va a sbattere contro la chiglia e successivamente si dirige verso il fondo, arrestando la discesa solo a contatto con il fango a 17 metri. A questo punto, per orientarsi, De La Penne è costretto a risalire in superficie, mantenendosi sagolato al maiale tramite un cavetto d’acciaio noto come “ascensore”. Una volta orientatosi si immerge nuovamente, in tutta fretta, per evitare di essere scorto. Giunto sul fondo due spiacevoli sorprese: il maiale è immobilizzato a causa di un cavetto di acciaio impigliato nell’elica e…Bianchi è sparito !!! Riemerge immediatamente, temendo che il suo secondo sia risalito in preda ad un malore e fatalmente scoperto,compromettendo così la missione. Ma in superficie tutto tace…decide di tornare sul fondo e di cercare di spostare il maiale a spinta. Comincia a muovere il siluro di qualche centimetro, ma non è sicuro della direzione a causa della sospensione che solleva e che non gli permette di leggere la bussola. Suda, cerca di pulire la maschera, ma finisce per allagarla; non riuscendo a svuotarla del tutto è costretto a bere l’acqua rimasta.

La direzione sembra essere quella buona…in più a bordo hanno attivato una pompa che con il suo forte rumore funge quasi da filo di arianna. Lo sforzo è immane. L’assaltatore lavora quasi meccanicamente, con l’unica preoccupazione di raggiungere la carena e collocare l’esplosivo, incurante della possibilità di essere dilaniato da bombe di profondità o di perdere i sensi a causa dell’intossicazione da ossigeno.Dopo 20 minuti è alla profondità di 14 metri e il rumore della pompa è sempre più forte. Dopo 40 minuti verifica nuovamente la rotta e con l’”ascensore” esegue un’ispezione per verificare la posizione in cui si trova sotto lo scafo. Non vi sono alette di rollio (solitamente locazione preferita per collocare l’esplosivo) ma la posizione rispetto alla larghezza della nave è buona. A questo punto, tornato sull’apparecchio, mette in moto le spolette e lo trascina ancora per qualche metro, fino ad esaurire completamente le forze. Zavorra definitivamente il maiale, allagandone i compartimenti stagni, e si porta in superficie lungo lo scafo. Appena a galla si toglie il respiratore, lo affonda e cerca di allontanarsi, ma dopo 10 minuti viene illuminato e “chiamato” a bordo. Si dirige quindi lentamente verso la boa di prua, dove trova Bianchi che gli dice di aver avuto un malore e di essere riemerso. I due assaltatori vengono quindi arrestati e portati a terra per essere interrogati. Dopo l’infruttuoso interrogatorio vengono riportati a bordo della…Valiant…sono circa le 4. Ironia della sorte i due vengono rinchiusi fra le due torri di prua, grossomodo sopra il maiale. A 10 minuti dall’esplosione De La Penne chiede di conferire con il comandante. Lo avverte che in pochi istanti salterà tutto e di far evacuare la nave. Al rifiuto di dire a che altezza fosse collocata la carica, il comandante lo fa riaccompagnare in cella. La nave viene fatta evacuare, mentre De La Penne e Bianchi pensano che per loro sia finita. Pochi minuti e un’esplosione fa quasi sobbalzare la nave, che poi sbanda sulla sinistra e cola a picco,fino a toccare il fondo. De La Penne riesce ad uscire dalla sua prigione e si dirige in coperta, verso poppa, dove si stanno ancora svolgendo le operazioni di evacuazione e a questo punto, dopo aver conferito col comandante, volge lo sguardo verso l’altra corazzata in rada, la Queen Elisabeth, che è a circa 500 metri, e aspetta…

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