Operazione Fort Lamy

Quasi al centro dell’immenso continente africano, in corrispondenza del parallelo prima dell’Equatore, si trova una immensa distesa d’acqua: il lago Tchad, che copre quasi 200 km quadrati, ed è alimentato da due fiumi, il Logore (chiamato anche il fiume velenoso), e il Chari. Esso si trova nell’odierno stato del Tchad, la cui capitale è Fort Lamy (dal 1973 rinominata in N’djamena).
Il Tchad si trova nel cuore dell’area sahariana, si estende tra l’ottavo e il venticinquesimo grado di latitudine nord, confina con la Libia (a Nord), il Sudan (a Est), la Repubblica Centroafricana (a Sud), il Camerun, la Nigeria ed il Niger (a Ovest).
Anche qui nei primi anni quaranta si combatteva contro la Volpe del Deserto, ovvero Erwin Rommel. In questo luogo selvaggio dove si incontrano i confini della vecchia colonia tedesca del Camerun, della Nigeria, dell’Africa Equatoriale, e dell’Africa Orientale Francese vi era lo snodo principale dei rifornimenti che dalla costa atlantica, dal porto di Duala, arrivavano all’armata inglese in Egitto. Inoltre nella regione montuosa del Tibesti, situata a nord, e fino a Fort Lamy erano dislocate le unità della Francia Libera che costituivano una seria minaccia per i presidi italiani del Fezzan, nel sud della Libia.
Presso gli alti comandi dell’Asse poco o nulla si sapeva di tutto ciò, e ancor meno si conosceva delle strategie africane degli alleati, delle loro arterie di rifornimento, e di Lagos dove si trovavano alcune delle più importanti sedi della Standard Oil e della Shell, da cui i carburanti e l’olio erano trasportati fino a Fort Lamy.
Ma un uomo, che non era né un militare né uno stratega, era al corrente di questa situazione. Si trattava di un esploratore e avventuriero, la cui passione era il deserto e che nel 1939 si era presentato al servizio della Luftwaffe con un suo aereo (un Taifun): il suo nome era Theo Blaich. Egli si recò da Rommel e narrò tutto ciò che sapeva sui rifornimenti alleati. Inoltre ai primi di gennaio del ’42 scrisse un rapporto segreto che arrivò allo Stato Maggiore a Berlino nel quale annotava:
“Fort Lamy è il punto di partenza delle operazioni nemiche. Qui confluiscono tutte le linee logistiche che poi si estendono verso est fino al limite costituito dalla foce del Nilo. Il nemico ha riconosciuto da tempo l’importanza di tale linea di rifornimento, irraggiungibile con azioni militari, che unisce la costa occidentale al Nilo, ed ha agito in conformità. Il caposaldo avanzato, nel Tibesti, all’estremo nord, che è nelle mani di De Grulle, è una testa di ponte tra la Libia e la regione del lago Tchad e costituisce una minaccia per il deserto libico e per la nostra linee di rifornimento Tripoli-Bengasi. Il confine libico a sud deve perciò essere controllato, in modo che possa essere opposta una resistenza efficace agli eventuali tentativi di penetrazione nemici dall’Africa centrale. Questo obbiettivo può essere raggiunto con una spedizione militare, il cui scopo sia l’interruzione della linea di rifornimento Fort Lamy-Nilo, e addirittura la conquista del forte.”
Quale fu il commento dell’OKW a Berlino?…Addirittura la conquista del forte! Quest’uomo è pazzo!

Ma la Volpe del Deserto era di tutt’altro parere e, tenendo fede alla sua fama di audacia tattica acconsentì ad una operazione aerea contro il forte apponendo la sua firma (una R verde) in calce al rapporto di Blaich. Così mentre il 21 gennaio 1942 iniziava la grande offensiva di Rommel, sei piloti si preparavano a partire per un raid denominato: missione speciale Blaich.
Il commando si riunì a Campo 1, un aeroporto presso il confine sud della Libia, un campo di volo sperduto nel deserto e quasi inaccessibile. Il commando era composto dal capitano Theo Blaich, il sottotenente Franz Bohnsack (il pilota del He 111 che verrà usato), il maresciallo Geissler (meccanico di bordo), il sergente Wichmann (radiotelegrafista), il maggiore conte Roberto Vimercati-Sanseverino, l’uomo che nel ’35 scoprì la zona del Campo 1, e il sottotenente Dettmann corrispondente di guerra. Su Dettmann bisogna dire che fu l’unico giornalista che ricevette la Deutsche Kreuz d’oro. L’aereo impiegato per questa arditissima impresa fu un He 111, un bombardiere medio. Queste le sue caratteristiche: lunghezza 16,4 m, altezza 4 m, apertura alare 22,6 m, peso a vuoto 8.680 kg, peso a pieno carico 14.000 kg, propulsori: 2 Junkers Jumo 211-F-1 12 cil. in linea da 1300 Hp, velocita max 440 Km/h, quota max operativa 6.500 m, autonomia 2.300 Km. Per questa missione vennero montati serbatoi supplementari per un totale di 5.000 litri di benzina

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