Operazione Fort Lamy

Il viaggio ebbe inizio all’alba, le montagne del Ribesti scorrevano sotto di loro; poi tutti i punti di riferimento sparirono per lasciare posto a sabbia, dune e sua maestà il deserto. Il tempo iniziò a peggiorare, e un certo pessimismo iniziò a farsi strada tra gli uomini a bordo dell’He 111, poiché il consumo di ogni singolo litro di carburante era stato attentamente calcolato. Era stato anche interpellato un meteorologo della Luftwaffe che aveva pronosticato bel tempo e venti favorevoli, ma i nostri intrepidi non potevano sapere che il meteorologo altri non era che un agente segreto britannico dell’audace commando di Jock Campbell, che però venne scoperto grazie a un capitano italiano.
Verso mezzogiorno furono avvistati i primi contrafforti del lago Tchad, per le 14:30 i contorni della città di Fort Lamy diventarono visibili: gli uomini si prepararono ai posti di combattimento.
“Lancio in serie” ordinò Blaich, e poco dopo 16 bombe da 50 Kg furono sganciate. Dense nubi di fumo a forma di fungo iniziarono a levarsi da terra, gli hangar saltarono in aria, il carburante dalle cisterne prese fuoco, ma non vi fu nessuna reazione da parte della contraerea alleata. Quattrocentomila litri di benzina andarono in fumo, dieci aerei furono distrutti al suolo e tutte le installazioni di Fort Lamy furono gravemente danneggiate. Questo il bilancio del bombardamento che fu passato alla stampa da un caporale della Francia Libera che si trovava a Fort Lamy quel giorno infernale.

Il viaggio di ritorno era iniziato da quattro ore e l’entusiasmo iniziale per il successo stava svanendo rapidamente, il carburante stava per finire, e così venne lanciata l’antenna a strascico, potente trasmittente da 70 Watt lunga ben cento metri. Un SOS viene inviato ma non ottenne senza risposta. Si decise così di tentare un atterraggio di fortuna, che ebbe successo.
Una volta a terra, Wichmann prese subito una piccola ricetrasmittente da 3 Watt preparata apposta per una evenienza simile. Per due giorni alle venti, gli uomini di Blaich tenteranno di mettersi in contatto con il comando delle forze aeree a Agedabia ma solo alla fine del secondo giorno realizzeranno un primo contatto in cui venne spiegata la situazione. Il giorno seguente una forte tempesta di sabbia rese impossibile ogni operazione di ricerca e soccorso, e sempre alle 20 venne stabilito un altro contatto in cui gli uomini del commando vennero informati che la spedizione di recupero degli italiani era iniziata. Il quinto giorno viene avviato il motore dell’aereo dalle 16 alle 16.20, e furono lanciati segnali di localizzazione con la potente trasmittente. Il giorno dopo alla stessa ora il procedimento venne ripetuto; ormai le scorte di cibo e acqua stavano finendo, ma quando ormai tutto sembrava perduto, un aereo italiano, un Ghibli, li sorvolò, lanciò i razzi di segnalazione e atterrò rifornendoli di acqua e viveri. Ma i nostri eroi dovranno passare ancora una notte nel deserto, poiché solo il mattino dopo avrebbero ricevuto il carburante sufficiente per proseguire il viaggio e tornare all’aeroporto di partenza.
Questa impresa dimostrò come con un pugno di uomini e un solo bombardiere fu possibile distruggere quantità notevoli di materiali e rifornimenti alleati. Se fosse stato per lo stato maggiore tedesco tutto ciò non sarebbe mai avvenuto, ma ancora una volta il genio di Erwin Rommel ebbe ragione. Per vincere la guerra la Germania doveva prestare maggiore attenzione allo scacchiere africano: con un maggiore afflusso di mezzi, rifornimenti regolari e conquistando Malta, le armate italo-tedesche sarebbero potute arrivate fino a Suez creando grossi problemi agli inglesi, e non solo dal punto di vista strategico, poiché Churchill non sarebbe sopravvissuto politicamente a una sconfitta del genere dopo tutti i sacrifici che i suoi concittadini stavano sopportando. Molto probabilmente sarebbe nato un nuovo governo più possibilista verso una pace con le potenze dell’Asse.

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