Guerra e biglie

Giunte nel raggio d’azione dei loro aerei, le quattro portaerei giapponesi (Kaga, Akagi, Hiryu, Soryu) misero la prora al vento lanciando il primo attacco sull’atollo. Nel frattempo l’ufficiale responsabile della forza aerea giapponese, Genda, ordinò agli incrociatori di scorta di lanciare i loro apparecchi da ricognizione.
Tutte le navi da battaglia effettuarono in orario il loro lancio ma uno, l’incrociatore Tone, per un guasto alla gru d’ammaraggio dell’idrovolante, subì un ritardo di circa 1 ora. Erano le 4,30 del mattino. Nessuno dei ricognitori inviati rilevò la presenza della flotta USA, che navigava a trecento miglia di distanza a Nord nord-est di Midway.
Neanche gli americani sapevano con esattezza dove si trovavano i giapponesi, lacuna colmata al momento in cui uscendo da un banco di nubi un ricognitore Catalina segnalò l’avvistamento di “portaerei nemiche”.
L’ondata d’aerei d’attacco colpì Midway alle 5.50, ma nonostante la perizia dei piloti giapponesi l’ufficiale in comando, Tenente Tomonaga, chiese di poter effettuare una seconda incursione circa 30 minuti dopo.L’assenza d’indicazioni sulla presenza del nemico indussero l’ammiraglio Nagumo, a capo della forza navale d’attacco, ad ordinare la sostituzione dell’armamento degli aerei sul ponte, al posto dei siluri si comincia così a caricare bombe. Nagumo doveva lanciare una nuova ondata contro la base statunitense per distruggerla completamente, vanificando in tal modo ogni possibile contrattacco aereo americano dalle ancora efficienti piste di decollo.L’attività sui ponti delle portaerei Akagi e Kaga, due delle quattro disponibili, è febbrile.Verso le 7.28 il ricognitore numero 4 partito con circa un’ora di ritardo dall’incrociatore Tone su una rotta a nord-est rispetto alla flotta e alle isole, segnala la presenza di una formazione navale USA, ma non le portaerei, in quel momento a circa 240 miglia di distanza.Per un guasto, assolutamente imprevedibile, la flotta di Nagumo si trovò a quel punto con i ponti colmi d’aerei equipaggiati con bombe anziché siluri. L’ordine di riarmare è immediato e l’attività riprende frenetica.Da Midway intanto si abbatte sulla flotta un attacco aereo americano, respinto però dalla contraerea e dai caccia nipponici che però iniziano ad esaurire il carburante durante l’azione e si disperdono per inseguire i fuggiaschi.Alle 8.09 il ricognitore 4 avvisa che la flotta nemica è composta da 4 cacciatorpediniere e 2 incrociatori e alle 8.31 informa il Tone che “la forza nemica è appoggiata da quella che sembra una portaerei e sta accostando a poppa”Il comando giapponese è incredulo sulla presenza di una portaerei a 200 miglia, ma non ha tempo di pianificare niente perché il gruppo di Tomonaga sta tornando ed è a corto di carburante, le navi devono far atterrare gli aerei provenienti da Midway e così facendo impediscono alla forza d’attacco destinata alla flotta americana di levarsi in volo.Le operazioni saranno completate alle 9.18, quando i primi aerosiluranti vengono riportati sui ponti di volo. Ma a quel punto è troppo tardi.

Informato dell’avvistamento della forza navale nemica, l’ammiraglio Fletcher, aspetta l’attacco all’atollo col preciso intento di cogliere i giapponesi mentre stanno recuperando gli aerei e nel momento di massima debolezza. A questo scopo lancia circa cento aerei di vario tipo alle 7.02 dalle sue due portaerei Enterprise e Hornet. La forza aerea ha carburante appena sufficiente per arrivare all’ipotetico punto in cui si trova il nemico e tornare.La Yorktown, che segue la forza di Fletcher, lancerà i suoi apparecchi alle 9.06, circa 40 velivoli. Bombardieri in picchiata Dauntless, e aerosiluranti Devastator sono in volo, ma i piloti si domandano dove sia il nemico. Infatti, non appena ha saputo delle navi americane, Nagumo ha cambiato rotta dirigendosi verso alla flotta avversaria Dopo aver girovagato alla cieca, gli aerosiluranti della Hornet individuano infine le quattro portaerei nipponiche, ma sono privi di scorta e lontani dalla formazione successiva di bombardieri in picchiata. Ciononostante, gli aviatori USA attaccano lo stesso, ma l’incursione finirà in un massacro. Quello che sembra un sacrificio apparentemente inutile ottiene però l’effetto di ridurre sensibilmente la copertura dei caccia di scorta in volo sulla flotta, che per contrastare gli aerosiluranti hanno dovuto combattere quasi a pelo d’acqua, e ora si trovano a una quota troppo bassa per reagire prontamente a minacce provenienti da un’altezza maggiore.

E infatti, subito dopo, i trentasette bombardieri in picchiata Dauntless della Enterprise, guidati dal comandante Mc Klusky, pur non trovando le navi di Nagumo deviano verso Nord. Alle 9.55 un pilota avvista la bianca scia di un cacciatorpediniere giapponese rimasto indietro. Seguendolo arriveranno sopra le portaerei alle 10.20, quando le operazioni di lancio degli apparecchi sono ancora in corso. I ponti sono pieni di bombe, carburante e apparecchi armati e riforniti. L’attacco dei bombardieri in picchiata sarà devastante e comporterà la perdita di tre delle quattro portaerei giapponesi.

In seguito la battaglia continuò fino alla distruzione dell’ultima portaerei e alla sconfitta della Marina Imperiale che da quel rovescio non si riprese mai più.

Come si è potuto vedere, in questa breve e succinta descrizione i fatti determinanti della battaglia non sono tanto gli attacchi o le perdite inferte al nemico, ma l’incredibile sequenza d’eventi imponderabili e casuali che hanno decretato la sconfitta giapponese. Uno di questi spicca per la sua semplice e diabolica banalità; il guasto alla gru d’ammaraggio del ricognitore del Tone. L’unico aereo destinato a pattugliare lo spazio di mare dove effettivamente si trovava la flotta americana.

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