Guerra e biglie

Normandia, 6 Giugno 1944
Perfino l’esito della battaglia forse più celebre della Seconda Guerra Mondiale ( la più grande operazione anfibia della storia ), lo sbarco in Normandia, fu certamente un successo grazie al valore, all’organizzazione e alla superiorità materiale degli Alleati, ma forse e soprattutto da questa sequenza di fatti, oggetti ed atteggiamenti.
Il tempo, un gioco di guerra, un paio di scarpe, un compleanno, l’arroganza, un’emicrania e una pillola di sonnifero.
Queste sono le “vere” cause della vittoria in Normandia, ma vediamole in ordine.

Il tempo previsto per i primi di giugno era pessimo, le condizioni di luna e marea però erano favorevoli solo per un intervallo di giorni tra il 4 e il 7. Eisenhower aveva la forza d’invasione pronta nei porti inglesi, ma il tempo faceva i capricci. Soltanto alle prime ore del 5 arrivò la notizia di un leggero miglioramento nella mattina del 6.
Il comando alleato decise che avrebbe attaccato il 6 rischiando però una catastrofe se la previsione si fosse rivelata sbagliata.
I tedeschi dal canto loro confidavano proprio nel maltempo e si sentivano abbastanza tranquilli poiché a loro giudizio, gli alleati non si mai sarebbero arrischiati ad attaccare in quella stagione, quindi organizzarono un’esercitazione a tavolino a cui avrebbero dovuto partecipare i più alti ufficiali delle divisioni a guardia della costa. Qualcuno addirittura andò a Parigi, altri invece si allontanarono di molto dai loro comandi. Il risultato fu che la mattina del 6 pochissimi ufficiali superiori erano al loro posto.
Rommel, a cui era stato ordinato di difendere il Vallo Atlantico, il pomeriggio del 5 giugno era andato a comprare un paio di scarpe per la moglie che compiva gli anni il giorno successivo. Fu informato dello sbarco la mattina dopo, nella sua casa di Berlino.
Nel frattempo Hitler aveva assunto il comando diretto delle forze corazzate di stanza in Normandia e Nord della Francia, impedendo a chiunque di muoverle senza un suo preciso ordine.
Nella notte del 6 arrivò una richiesta pressante all’OKW (l’alto comando tedesco) riguardo alla mobilitazione immediata delle panzerdivision, al fine di contrastare lo sbarco ancor prima si potesse consolidare una testa di ponte, secondo un piano elaborato dallo stesso Rommel, ma il Fuhrer dormiva, aveva preso un sonnifero dopo una forte emicrania e aveva dato precisi ordini di non disturbarlo per nessun motivo. Neanche l’invasione?
Fate un po’ di conti e vedrete che tutti insieme questi fattori hanno determinato la mia e vostra presenza davanti a questi PC.
È incredibile con quanta semplicità una sequenza d’eventi imponderabili può mandare a monte le nostre pianificazioni o cambiare la storia, anche senza scomodare massimi sistemi o eventi macroscopici. La stessa fortuna di un singolo uomo può influenzare gli esiti della storia futura.
Un esempio? Il presidente Bush padre ha partecipato a 58 missioni di combattimento nel Pacifico ed è stato abbattuto e recuperato in mare da un cacciatorpediniere. Se invece fosse morto ora non avremmo l’attuale presidente USA, né avremmo forse avuto le due guerre in Iraq. Forse avremmo avuto qualcosa di molto peggio o di molto meglio, ma in effetti non lo sapremo mai. Di un fatto però sono certo, cosa poteva contare un pilota in più o in meno durante la Seconda Guerra Mondiale?
Valutare attentamente la casualità imponderabile nella storia è un esercizio molto facile da fare, ma spesso, vuoi perché viviamo in un periodo di pace, vuoi perché abbiamo prospettive di vita organizzate in schemi preordinati, perdiamo di vista l’esistenza del caso. Pensiamo perfino di poterne annullare gli effetti. Crediamo nell’esistenza di grandi organizzazioni in grado di manipolare gli eventi, ma in realtà c’inganniamo e preferiamo credere a una realtà pianificata e sicura, cercando inutilmente di dimenticare che in fin dei conti la storia dipenderà sempre dal lancio di una biglia di vetro su un pavimento sconnesso.

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