Francia 1940: la debacle de L’Armèe de l’Air

Le complicazioni organizzative si unirono a quelle derivanti da scelte tecnologiche inadeguate. Agli inizi degli anni ’30 ogni grande potenza dell’epoca fu testimone di una serie di innovazioni tecnologiche nel settore aereo che continuarono poi durante l’intero conflitto. Alla fine del decennio quasi tutte le aeronautiche avevano abbandonato i biplani per le cellule monoplano. La tecnologia dei motori aveva compiuto immensi progressi mentre il disegno delle ali, seguendo studi aerodinamici, si era perfezionato consentendo un maggiore carico e una maggiore quota. Questi progressi, però, erano collegati a sostanziali investimenti e pochi governi (siamo nel periodo della Grande Depressione) erano disposti a spendere forti somme per dotarsi di modelli di velivolo destinati, in tempi di veloci progressi, ad una rapida obsolescenza. In questo contesto la Francia optò, alla fine degli anni ’20, per una strategia nota come Politique des prototypes, che garantiva il sostegno pubblico a chi progettava nuovi aerei, senza però giungere all’acquisto di un numero di aerei tale da risultare conveniente per le aziende che li producevano. Il risultato fu che nel 1933 quello che era un tempo un settore brillante dell’industria francese era ormai atrofizzato.

L’avvento di Hitler mise la classe dirigente francese di fronte alla necessità di cambiare linea e impose l’abbandono della politica dei prototipi a favore della costituzione di una forza aerea realmente efficace. Abbiamo visto come il ministro Cot decidesse nel 1934 di varare il Plan I per il riarmo aereo. Ma il capitale cognitivo francese si era ormai dissolto e le basi produttive dell’aeronautica, prive di una politica industriale di sostegno, erano rimaste prevalentemente artigianali. Così le prime commesse, finanziate proprio sull’onda della paura di Hitler, anziché stimolare i centri produttivi li soffocarono, senza che questi fossero in grado di produrre il numero di velivoli richiesto. Per ovviare a questi problemi Cot, che rammentiamo era ministro di un governo di sinistra, nel suo secondo incarico di ministro dell’Aria (1936-38) decise la nazionalizzazione delle imprese coinvolte nella produzione di velivoli militari, al fine di centralizzare e coordinare la produzione. La decisione, vantaggiosa a lungo termine, provocò però nel breve periodo rallentamenti e sprechi, e solo nel 1940 la produzione francese fu in grado di iniziare ad offrire modelli, quantitativamente e qualitativamente, adeguati.

Per quanto attiene alle scelte tecniche e ai modelli da sviluppare, la direzione seguita da Cot e da Victor Denain, Capo di SM dell’aeronautica, fu quella di puntare sulla realizzazione di aerei multiruolo: il programma Bombardement, Combat, Reconnaissance (BCR). La scelta di produrre aerei multiruolo derivava da una serie di considerazioni: la prima, a fronte delle note carenze produttive francesi, era di sviluppare modelli che consentissero di utilizzare tutte le risorse produttive disponibili; la seconda, di consentire all’Aeronautica di svolgere le sue missioni statutarie utilizzando un numero ridotto di velivoli, permettendole anche di semplificare la logistica; la terza, di convincere le altre armi che si voleva tener conto delle loro esigenze. L’esercito, infatti, era contrario ai caccia puri poiché li riteneva inadatti, per limiti di autonomia e di carico, a svolgere le missioni di ricognizione e appoggio a terra di cui riteneva di aver bisogno. Lo stesso Cot, si è visto, aveva una preferenza per aerei in grado di svolgere azioni strategiche, anche se questa preferenza derivava più dalla speranza di usarli come deterrente che dalla previsione di usarli realmente a tale scopo: un aereo multiruolo, che aveva comunque un carico utile, poteva esser contato nel numero di quelli “minacciosi” e dunque poteva esser giocato sul tavolo della diplomazia. Derivato da una scelta di compromesso, il programma BCR prendeva a riferimento la generazione di velivoli degli anni 1928-33, prevedendo di realizzare prevalentemente aerei multiposto, con 3-5 membri di equipaggio, bimotori del peso di 5-7 tonnellate, capaci di volare intorno ai 350 km/h, ad una altezza utile di 4 mila metri, con un’autonomia di 1300 km, armati con 3 mitragliatrici difensive e un carico tra 500-1000 kg. Specifiche, come è possibile notare, tutte assai modeste, che erano forse buone intorno al 1930 ma decisamente superate dall’accelerazione tecnologica avvenuto proprio nel biennio 1933-35.

Il programma BCR doveva terminare nel 1935 ma si protrasse fino al 1938. l’Armée de l’Air aveva creato un’intera organizzazione attorno a questo progetto e cambiare completamente avrebbe comportato la messa in discussione dell’intero sistema e dell’autonomia stessa dell’Arma. Modificare del tutto l’orientamento (come accadde in Gran Bretagna quando si passò dall’enfasi sui bombardieri a quella sui caccia e sui radar) avrebbe richiesto un capitale politico e di coraggio che mancava alla III Repubblica.

Il risultato fu una serie di aerei costosissimi e inadatti a svolgere una qualsiasi delle missioni per cui erano stati concepiti. Realizzato subito prima di una serie di innovazioni tecnologiche rilevanti che provocarono un deciso salto qualitativo, il programma BCR era nato già vecchio. Nondimeno il piano di ammodernamento della forza aerea prevedeva l’acquisto di ben 1,010 (i 320 altri aerei previsti dal Plan I erano destinati a scopi diversi dal combattimento) di questi velivoli, da porre in servizio entro il 1936. Pur con tutti i suoi limiti, se il piano fosse stato completato, il BCR avrebbe consentito un incremento di efficienza notevole per l’Armée de L’Air e le avrebbe permesso di acquisire una considerevole esperienza nella gestione di aerei moderni. Questo obiettivo, però, non fu mai raggiunto. Anni di produzione su piccola scala, adatta alla realizzazione dei biplani della Grande Guerra ma non dei moderni velivoli, avevano reso l’industria francese incapace di rispondere alle esigenze della produzione di massa. Inoltre, in un contesto economico ancora in crisi, i rapporti tra imprenditori e lavoratori erano pessimi e questo influiva sui tempi e la qualità dei prodotti. Infine, nonostante ufficialmente il BCR avesse tra i suoi scopi espliciti quello del bombardamento (sia pure solo come deterrenza), l’industria francese non era in grado di realizzare gli strumenti di precisione necessari per il puntamento e il controllo delle rotte. Il risultato fu che l’unico ruolo che il BCR poteva conseguire era quello di ricognitore. Un prodotto tipico del programma BCR fu l’Amiot 143, un bimotore lento, poco protetto e con un raggio d’azione assai limitato, inadatto quindi sia alla ricognizione a largo raggio sia al bombardamento strategico. Così mentre i diplomatici francesi promettevano ai governanti Polacchi e Cechi che in caso di guerra la Francia avrebbe colpito in profondità la Germania, l’Armée de l’Air si era dotata di aerei il cui modesto raggio d’azione impediva questa possibilità. Un altro aereo del tipo BCR fu il caccia pesante Potez 630/631, anch’esso un bimotore, simile al Me 110 (e molti furono abbattuti dalla contraerea francese perché confusi con l’aereo tedesco) ma con prestazioni di gran lunga inferiori.

A dispetto di tutti questi limiti evidenti, la linea del velivolo multiruolo, riconosciuta fallimentare dalla stessa l’Armée de L’Air già nel 1936, fu continuata sino al 1938. Il Plan II del 1936 prevedeva la realizzazione di 2851 velivoli, in gran parte di tipo BCR. Anche questo piano non raggiunse gli obiettivi numerici. Solo a partire dal 1938, con il ministro La Chambre, l’Armée de L’Air iniziò a dotarsi di velivoli specializzati: aerei che nella gran parte dei casi, però, finirono per arrivare troppo tardi. Il ministro dell’Aria Cot non poteva, dopo aver puntato tutto sul programma BCR, fare tranquillamente marcia indietro e ammettere il fallimento del programma e, quindi, della sua politica. Cosicché, con un ambiguo compromesso, il Plan II continuava a puntare prevalentemente sui bombardieri, di cui si riteneva di poter produrre 1339 esemplari, a discapito dei caccia, previsti in numero di 756, continuando però a puntare su modelli di scarsa capacità. Chiaramente era difficile, per i leader dell’Armée de l’Air, spingere per una nuova pesante campagna di ammodernamento della forza aerea nel periodo in cui la linea ufficiale del Governo (nella quale Cot si riconosceva intellettualmente) era quella del disarmo. Sarebbe stato assai difficile per la Francia parlare ufficialmente di disarmo europeo sui tavoli diplomatici e nello stesso tempo lanciare un programma di riarmo aereo che potesse mettere l’Armée de l’Air in condizione di proiettare il suo potere aereo attraverso i cieli d’Europa. La situazione rimase bloccata nelle ragnatele della politica e nelle pastoie della tecnologia sino al termine del secondo ministero Cot.

Va inoltre rilevato che gli stessi vertici dell’aeronautica francese trovavano giustificazione della propria identità e del proprio ruolo nel programma BCR: esso, nella sua deliberata ambiguità, consentiva di non specificare quale fosse la vocazione autentica della nuova Arma, consentendo a tutti di interpretarne (e immaginarne) il ruolo secondo le proprie esigenze.

Negli anni ’30 il Governo tentò più volte di delocalizzare le industrie aeronautiche francesi, che, in gran parte, erano concentrate attorno a Parigi, al fine di accrescerne la sicurezza e limitarne la vulnerabilità a fronte di eventuali attacchi nemici. La resistenza degli imprenditori, però, impedì la razionalizzazione della locazione degli impianti. I conflitti tra datori di lavoro e forza lavoro, l’età degli impianti, la limitazione degli investimenti rendevano le fabbriche francesi inadatte alla produzione di massa. Il morale basso delle maestranze, i pochi incentivi, gli ambienti di lavoro insalubri e scarsamente illuminati, tutto cooperava per abbassare il livello qualitativo e quantitativo della produzione. Nel 1938, Lawrence Bell, delle industrie aeronautiche Bell americane, visitando gli impianti ancora privati della Amiot e della Morane Saulnier redasse un imbarazzante memorandum per il Ministero dell’Aria rivelando il sottoutilizzo, la vetustà, la lentezza degli impianti produttivi. La situazione degli impianti della Potez, da poco nazionalizzata, era lievemente migliore. Anche qui, però, Bell notò come molte delle cellule prodotte erano semplicemente immagazzinate senza motori, poiché l’industria incaricata di produrre i motori, la Hispano-Suiza, era incapace di produrne in numero sufficiente per coprire le commesse estere e quelle interne e il governo, per motivi economici, favoriva le vendite all’estero. Tra il giugno 1937 e il gennaio 1938 la Francia produsse solo 71 aerei combat ready, mentre la Germania ne produsse 4,342, la Gran Bretagna 2033, e gli Usa, con pochissimi stimoli all’epoca a produrre aerei da guerra, 293. Questi numeri vanno inoltre letti tenendo presente la diversa qualità degli aerei prodotti da Germania e Francia.

Il Plan II, sviluppato nel momento delle nazionalizzazioni, fallì completamente il raggiungimento dei suoi obiettivi affondando nel caos prodotto dai passaggi di proprietà, dai nuovi meccanismi amministrativi, dai nuovi criteri gestionali e di approvvigionamento dei materiali. La consapevolezza del pericolo imminente (siamo nel 1938) indusse il Governo a varare un nuovo piano, il Plan V, che chiudeva con il programma BCR e puntava su aerei di concezione moderna e specializzati. Il Plan V si inquadrava in un complessivo progetto di riarmo che, per la prima volta, dava la priorità proprio all’Aeronautica attribuendole il 42% dei fondi destinati alla spesa militare. Il progetto era quello di raddoppiare la produzione esistente, realizzando 4739 velivoli, con priorità stavolta data ai caccia (41%) rispetto ai bombardieri (37%). La rinuncia al bombardamento strategico divenne ufficiale e, secondo le esperienze della Guerra di Spagna, il ministro dell’Aria La Chambre e i vertici dell’Aeronautica presero la decisione di privilegiare per l’aviazione il ruolo dell’appoggio tattico alle forze di terra. Stranamente, però, non venne presa in considerazione l’ipotesi di realizzare un aereo d’attacco simile allo JU 87: probabilmente questo fu dovuto alla scelta difensivistica della strategia francese, che scoraggiava la necessità di aerei “da attacco”. In realtà il ruolo del bombardiere strategico non veniva affatto negato: solo si contava, in una sorta di divisione del lavoro militare, che questo ruolo fosse coperto dai bombardieri inglesi provenienti dalla Gran Bretagna.

A marzo del 1939 il Plan V venne rivisto e il numero di velivoli da realizzare fu elevato a 5133. A settembre, a guerra ormai iniziata, una seconda revisione elevò ulteriormente il numero a 8176. In realtà l’industria francese, che solo nella seconda metà dell’anno iniziò a lavorare a un regime accettabile, non era in grado di produrre un tale numero di velivoli e il Governo si preoccupò di stipulare contratti in America per ottenere l’importazione di velivoli americani.

Il 23 agosto del 1939, quando nella riunione del Governo il generale Gamelin dichiarò che l’Esercito era pronto alla guerra, il ministro La Chambre annunciò da parte sua che non sussistevano più motivi di preoccupazione per la situazione dell’Aviazione. Il generale Vuillemin, presente all’incontro, evitò di commentare le parole del suo Ministro. Questo silenzio rivela certo come il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica non fosse completamente sereno per quanto riguarda la situazione della sua Arma, tuttavia rappresenta un significativo passo in avanti rispetto alle pessimistiche preoccupazioni, all’epoca espressamente dichiarate, del 1938. Vuillemen riteneva che in sei mesi fosse possibile, per le flotte aeree congiunte di Francia ed Inghilterra, ottenere almeno di battersi alla pari con la Luftwaffe. Questa fiducia si basava sulle statistiche della produzione francese, che erano nel 1939 in netto miglioramento. Vuillemen però trascurava di considerare che l’industria francese era ora in grado di produrre una quantità maggiore di aerei, ma non era ancora capace di produrre un numero adeguato di parti di ricambio e di accessori, cosicché le statistiche di produzione ufficiali, pur realistiche in termini di numeri prodotti, erano troppo ottimistiche per quanto riguarda il numero di aerei effettivamente disponibili. Daladier, consapevole delle deficienze, era disposto a spendere parti rilevanti del bilancio per acquistare in Usa e autorizzò l’ordinazione di 500 aerei all’inizio del 1939. Altri 4900 furono ordinati a guerra iniziata. Di tutte queste ordinazioni, tuttavia, solo una piccola parte arrivò in Francia e di questi solo 200 furono disponibili per il combattimento e presero parte alle azioni. La speranza della Francia di esser vicina alla parità con i Tedeschi non fu mai raggiunta nel 1940, né quantitativamente né qualitativamente. E’ certo difficile fare un conteggio esatto del numero di aeroplani, poiché i numeri cambiano se si conta il numero totale degli aeroplani, o quelli pronti al combattimento, o quelli in dotazione ai reparti di volo. Cambiano anche se si sceglie di considerare gli aerei  teoricamente in linea ma di fatto troppo vecchi per essere utilizzati o se si sceglie di contare solo i velivoli più moderni. Fatto sta, tuttavia, che anche aggiungendo i 416 aerei inglesi giunti in Francia i numeri erano tutti a vantaggio dei tedeschi. Certo, le cose sarebbero state destinate a migliorare e se, come era nelle attese, la guerra fosse scoppiata nel 1941 o nel 1942, o in alternativa si fosse stabilizzata dopo la fase iniziale, la Francia forse si sarebbe in seguito trovata con mezzi adeguati.

Il programma BCR, naturalmente, non poté esser bloccato di colpo e la sua influenza si prolungò nei modelli in produzione e nelle linee di montaggio. Quando il ministro dell’Aria La Chambre approvò, con il Plan V del 1938, i primi aerei specificatamente disegnati per le missioni di caccia, il Morane Saulnier MS-406 e il Dewoitine D-520, l’industria francese, come accennato, ebbe grossi problemi a riordinare le linee, con il risultato che la produzione fu inferiore ai programmi e alle ordinazioni. L’acquisto in Usa di velivoli da caccia Curtiss P 36/37 fu una conseguenza di questo limite, nonostante il costo dei velivoli americani fosse quasi doppio rispetto a quello di un MS-406. Nel maggio del 1940 l’Armée de l’Air disponeva di 500 MS-406  con altri 500 in ordine. Più lento e meno agile rispetto al Me 109, il MS-406 si rivelò inferiore alla controparte tedesca e subì forti perdite. Questo spinse i Francesi ad accelerare la produzione e la messa in linea del D-520, un caccia di concezione moderna potenzialmente capace di confrontarsi alla pari con i caccia tedeschi. Tuttavia il D-520 era appena entrato in servizio e soffriva degli inevitabili problemi di messa a punto connessi con lo sviluppo di un moderno sistema d’arma. Il crollo francese, poi, complicò ulteriormente la messa a punto del modello cosicché solo pochi dei D-520 poterono entrare in azione. All’inizio del conflitto la Francia aveva in linea 36 D-520 e altri 194 erano ordinati. Molti altri vennero ordinati nei primi mesi di guerra ma arrivarono troppo tardi. I problemi di messa a punto provocarono numerosi incidenti e alla fine della campagna 85 D-520 erano andati persi, per cause belliche o incidenti. Ben 400 D520, oltre a svariati MS-406, preda bellica tedesca, parteciparono con piloti tedeschi alla prima fase della Campagna di Russia. Gli altri caccia a disposizione della Francia, il Bloch 152 e il P 36/37, nonostante il coraggio indubbio dei piloti, si rivelarono anch’essi superati dai più recenti modelli avversari (va però considerato che proprio scontrandosi con i caccia Francesi la Luftwaffe decise di togliere dalla prima linea i Me 109B/D).

Se il numero dei caccia operativi era limitato, le cose erano ancora peggiori per quanto riguarda i bombardieri, e questo nonostante la Francia avesse fino al 1938 puntato proprio su questi velivoli. La produzione del bombardiere leggero LeO-451 iniziò troppo tardi e la Francia fu costretta a ricorrere, come misura disperata, all’impiego di aerei inadatti o sorpassati. Pattuglie di 5-8 Farman, ma a volte anche velivoli isolati, si sforzarono di compiere azioni strategiche (tra cui il volantinaggio su Roma) che ebbero valore morale ma nessuna utilità militare. Quando si cercò di colpire le linee di rifornimento tedesche nelle Ardenne la penuria di aerei era talmente alta che l’Armée de l’Air fu costretta a ricorrere ai vecchi Amiot 143: la metà degli equipaggi non tornò indietro.

Al termine della campagna molti aerei francesi vennero confiscati come preda bellica dai vincitori. Si è già detto dei De-520 utilizzati dai Tedeschi in Russia; alcuni bombardieri leggeri LeO-451 andarono all’Italia, che li lasciò arrugginire sulle piste; i MS-406 andarono agli alleati della Germania, Croati e Finlandesi: questi ultimi cambiarono il motore sostituendolo con uno assai più potente e tennero utilmente in linea i MS-406 fino al 1944.

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