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Il Minchiario di Regime Testata anonima luganese

Discussione in 'Wargames da tavolo' iniziata da Luigi Varriale, 1 Novembre 2017.

  1. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Turno 5 giugno/novembre 1942




    In un pomeriggio nuvoloso si presentava una scena atipica agli occhi dei pescamerluzzi di Kiel che stanno pazientemente facendo il loro lavoro nella omonima baia: prima uno, poi due e così via un intero gruppo di sommergibili scuri si avviavano lentamente agli sbocchi d’uscita dell’estuario. Si trattava di una muta di Unterseeboten IX di seconda generazione, in transito per la loro prima missione nell’atlantico. Il Capitano di Fregata Volfgang Kriezel, comandante dell’U-Boote 122, stazionava sulla falsa torre armato di binocolo e mezzo assiderato dal vento proveniente dal nord. “Un po’ tardi”, pensava tra se Kriezel “per dare inizio alle operazioni contro gli alleati”. A parziale consolazione di questo triste stato di cose, la probabile abbondanza di bersagli, visto che primo, i convogli inglesi non erano mai stati disturbati fino a quel momento e secondo, gli Stati Uniti erano adesso in guerra, ed il numero di navi in Atlantico avrebbe cominciato di conseguenza ad essere ancora più elevato.




    Transitando di notte nel bel mezzo del mare del nord, l’U-122 riusciva a sottrarsi alla caccia delle pattuglie ASW della squadra inglese del mare del nord, e una settimana dopo raggiungeva le zone di caccia tra il Canada e la Groenlandia, da cui passavano le succose rotte commerciali britanniche. Non dovette attendere molto prima che i primi bersagli si presentassero davanti ad i suoi tubi di lancio; affondava in rapida successione il Royal Dundee di 15.000 tonnellate, il Defender Ursula di 17.000 tonnellate ed il Vilcox Crow di 30.000. Successi simili registravano i suoi compagni di muta dando così inizio, se pur nettamente in ritarso sulla guerra storica, alla battaglia dell’Atlantico.




    L’Ammiraglio Canaris se ne stava mesto ed incazzato nel suo ufficio con nulla da comandare se non la sparuta squadretta di sommergibili che si era riusciti a mettere insieme nonostante la terrificante penuria di materie prime e di combustibile. Aveva pure il comando della flotta mercantile, che faceva la spola tra Stettino e Stoccolma per trasportare la ferraglia proveniente dalla Norvegia. Per quanto avesse consultato più di una chiromante, nessuno era ancora riuscito a spiegargli come mai l’arrugginita flotta russa del Baltico non fosse ancora uscita a sfasciargli i mercantili.




    Mentre tutto ciò avveniva, il Fuhrer era rintanato al Berghof, che si trovava proprio in posizione geografica ottimale per la prossima operazione pianificata dall’OKW: si trattava nientemeno che dell’attacco alla cecoslovacchia ed all’Austria, nome in codice “siamo alla canna del gas”. Il Fuhrer era giunto alla conclusione che la Germania necessitava dell’indistria cecoslovacca e delle risorse minerarie ed alimentari dell’Austria per mandare avanti l’azienda, e visto che i Russi erano sempre più incazzati e minacciosi, l’operazione prima si faceva e meglio era. Nelle riunioni di pianificazione, Halder si era morso la lingua più di una volta per non ricordare a Hitler che lui, glie l’aveva detto che l’Anschluss andava fatto nel fottutissimo ’38 e non adesso con il pepe al culo. Adesso, inevitabilmente, non vi erano forze sufficienti, essando tutto concentrato contro i Russi, e quel poco che avanzava, era a presidio del malfermo vallo occidentale.


    L’attacco era affidato alla maestria di Mainstein, alla cazzutaggine del nuovo di pacca gruppo corazzato Waffen SS ed al supporto della neo ricostituita 18ma armata di fanteria. Altro non ce n’era, e pure il supporto dell’aviazione sarebbe stato da scarso ad inesistente, essendo la Luftwaffe conentrata pure lei contro i Russi. Era buona ventura della Germania che gli alleati occidentali non dessero segno di cominciare i bombardamenti strategici, primo per non favorire troppo i Russi, che in quanto a progressi stavano già più spanne avanti a loro, e secondo perché in questa guerra di bombardamenti strategici sui civili ancora non ce n’eran stati, dal momento che fino ad allora una vera e propria guerra tra Germania ed Inghilterra non aveva praticamente avuto luogo. Gli Inglesi, impegnati dai maccaroni nel Mediterraneo, si erano limitati a combattere contro questi allo scopo preservare la posizione geopolitica del loro impero.




    Comechessia, le operazioni contro Austria e Cecoslovacchia cominciavano nel marzo del 1942 e si capiva subito che non c’era trippa per gatti. Le forze blindate cecoslovacche, in collaborazione con quelle alpine austriache (quelle che nella guerra vera, al comando di Dietl compirono la celebre impresa di Narvik), prima sfanculavano la 18a armata praticamente distruggendola mentre cercava di aprire un varco ai corazzati delle SS tra le alpi bavaresi, e poi difendevano validamente anche contro questi ultimi, bloccandoli di brutto al confine. Hitler non poté quindi far altro che ingoiare questo ennesimo cucchiaio di merda, la sua carriera diventando sempre più scialba ogni giorno che passsava.




    Dal canto loro, agli Italiani andava solo marginalmente meglio in questo inizio di ’42. Diventava ancor più importante adesso tenere botta nel Mediterraneo Occidentale, ché la potente 8va armata corazzata britannica aveva effettuato da sola l’operazione Torch, sbarcando in Tunisia ed Algeria, inguaiando (come del resto storicamente) le forze italiane in Africa. Il gruppo Portaerei Aquila, ancora più o meno intatto usciva in mare per un’ennesima volta per intercettare i rifornimenti alle truppe britanniche nel Nord Africa Francese, insieme all’mmancabile Ciano con i quattro siluranti terrestri che si era riusciti a rimettere insieme dopo la debàcle del turno precedente. Ne veniva fuori un’altra battaglia aeronavale, battezzata battaglia di Algeri, dove si distinguevano ancora una volta i siluranti imbarcati dell’Ammiraglio Pruni. Dico i siluranti, perché i caccia imbarcati Reggiane navalizzati non riuscivano a fermare i Gladiator inglesi, che abbattevano ancora qualche SM-79 di Ciano, costringendo i rimanenti ad alzare i tacchi; ma rimasta la Corageous senza copertura, veniva fatta oggetto di attacco da parte dei Fiat 57 siluranti, piccoli, neri e bastardi dentro. Tre siluri incassava nelle trippe la portaerei di Cunningham che se ne andava a fare là dove meritava dopo aver rotto i coglioni a Supermarina per 2 anni e mezzo. I trasporti con i fagioli le munizioni e le riviste porno dell’ottava armata dovettero fare dietro front e tornarsene a Gibilterra, con gran colpo rispettivamente agli stomaci, all’armamento ed al morale dei soldati del Commonwealth, subitaneamente trasformati in profughi in Algeria.




    Sarebbe stata una gran mesata per gli Italiani, se sconfittaperenne Badoglio non se ne fosse inventata una atipica delle sue. Dico atipica perché congegnò, complice l’ottimismo della battaglia di Algeri, un’operazione ardita, il che è nettamente contrario al suo temperamento e nel contempo fallimentare, il che è adeguatissimo al suo temperamento: improvvisamente calandosi nei panni di condottiero audace, ordinava l’offensiva generalizzata contro Sudafricani e schiavitù egiziana al confine orientale della Libia. Oddio genralizzata mica tanto, dato che i motocorazzati dovevano tenere a bada i britannici al confine con la Tunisia, ma secondo Badoglio, generalizzata abbastanza da riuscire. Ed infatti l’offensiva non riuscì. L’operazione era stata sviluppata secondo i canoni della guerra coloniale, ove la 9a armata e gli Ascari libici, a passo di cammello, varcacano il confine per arrivare alla fatidica Alessandria. Al canto di faccetta nera ed accompagnata da trombette da stadio, la 9na armata travolgeva sì lo schermo avanzato degli Egiziani, ma giunti alle posizioni difensive della fanteria motorizzata australiana, la musica di trombette cambiava in musica da cimitero, dal momento che Ascari e Nazionali venivano falcidiati dal fuoco di arresto dei Boeri, incazzati, decisi a tutto e nemmeno troppo sobri. La carica si risolveva in una disfatta di proporzioni pickettiane per gli Italiani, di cui solo pochi straccioni, male combinati riuscirono a riguadagnare le linee di partenza ancora in grado di intendere e di volere. La Regia Aeronautica, che pur si era vista sul cielo della battaglia, mancava il bersaglio di qualcosina; complice una tempesta di sabbia, le prodi forze dell’azzurra, scambiavano Ascari per Egizi e contribuivano alla disfatta invece che alla vittoria.




    Dall’altra parte del mondo un altro tizio piccolo, tozzo e anche lui molto bastardo dentro come i Fiat, affilava la Katana per un ulteriore turno di menamento di mani: si trattava del Generale Yamashita, la bestia della Malesia, al comando delle forze d’assalto giapponesi destinate all’invasione delle Filippine, la nuova e fiammante operazione predisposta dall’Ammiraglio Akinari Minculo e dal suo staff. Si trattave di nulla di meno che del piano congegnato per spazzare definitivamente gli Americani dal Mar della Cina e dal Golfo di Leyte ed affermare la sfera di coprosperità asiatica, di marca ovviamente Subaru. L’operazione era la più vasta mai condotta nel Pacifico a memoria d’uomo: tutte e due le flotte da trasporto nipponiche si riunivano nel Mar della Cina; una proveniente da Tokyo con a bordo la milizia nippobirmana da occupazione; un accozzaglia di tagliagole e stupratori a piede libero, ed un’altra che imbarcava un enorme corpo di spedizione composto dalle forze speciali della marina giapponese e dalla forza di spedizione in Cina, passata ad altri incarichi data l’assenza della guerra in Cina. L’intera operazione era protetta da tutte le squadre da battaglia nipponiche concentrate nel golfo di Leyte, così fitte che si poteva camminare dalle Isole Caroline a Manila senza cadere in acqua. A difendere Manila e Mindanao vi era il prode generale MacArthur e la sua fortezza di “scorregidor”, e di fatti l’opposizione che queste truppe offrirono ai fanatici figuri delle forze speciali da sbarco di Yamashita ebbe più o meno lo stesso effetto di una flatulenza. Terminata la battaglia con la conquista sia di Manila che di Mindanao, la milizia nippobirmana tenne alta la sua fama non facendo distinzione di sesso nel violentare ad uno ad uno tutti i civili dell’isola e pure i militari americani che avevano deposto le armi. Celebre la scena dalla vecchietta filippina che intimava al nipote di farsi i cazzi suoi mentre il giovine implorava i miliziani di risparmiare almeno la nonnina. Il prode MacArthur la scampava per un pelo, imbarcandosi con largo anticipo sulla fine delle operazioni su una bettolina battente bandiera olandese, che riuscì a sgusciare sulla rotta Formosa-Isole Bonin-Midway e finalmente, Pearl Harbour. Arrivava il Generale dopo un mese di navigazione, colle pezze al culo, il morale alle caviglie, e si prendeva pure un cazziatone da Nimitz in persona. Preso il cazziatone, si sfogava a Radio Anch’io (versione di Honolulu) al grido di “Tornerò! Tornerò!”




    Tornando in posti più vicini a noi, l’inizio dell’estate vedeva la più grossa operazione di guerra mai concepita, prendere forma nelle secche e vaste steppe dell’est europeo. In risposta alla dichiarazione di guerra germanica alla Ceco-Austria, l’Unione Sovietica rispondeva dichiarando guerra alla Romania, Bulgaria ed Ungheria. Obiettivo dell’operazione era appropriarsi dei giacimenti romeni di greggio ed aprire la strada all’Armata Rossa ai Balcani e ad uno sbocco definitivo quanto storico, al Mar Mediterraneo. Informati delle intenzioni sovietiche, Churchill e Kinsey ebbero uno sturbo coronarico, ma dal punto di vista militare, non avevano argomenti, dal momento che gli Inglesi erano intruppati in Africa e gli Americani stavano ancora mettendo insieme le forze per il D-Day. I due plutocrati fecero quindi buon viso a cattivo gioco e si limitarono a qualche protesta di circostanza. Hitler invece saltò dalla gioia quando seppe delle intenzioni russe, nell’illusione che la diversione a sud, avrebbe distolto forze nemiche dalla concentrazione di casini che si andava assiepando sul confine polacco.




    Si sbagliava: l’operazione in Romania, nei giganteshi piani della STAVKA, era solo un’operazione minore; perché l’operazione maggiore era un cataclisma di proporzioni bibliche. Praticamente l’intero esercito sovietico, organizzato in due branche, una dall’Ucraina ed una dalla Bielorussia si riversavano sullo schieramento tedesco in Polonia. Zukhov e Konev avevano concertato una manovra con quattro gruppi corazzati convergenti sulla Polonia più la guarnigione di Mosca in appoggio. Tutta questa roba, ed era tanta roba, come dicono i giovani oggi, era appoggiata dall’intera aviazione frontale di base in Ukraina. L’urto fu terrificante; due gruppi corazzati tedeschi, di cui uno, quello sud, già malconcio, finivano di sfasciarsi. Riusciva a salvarsi solo il gruppo corazzato Russia, che ebbe il buon gusto di levare le tende, con Mainstein a cavalluccio, prima di essere spazzato via a sua volta. I Tedeschi resistettero quanto bastò per trattenere i gruppi corazzati bielorusso e leinigradese nel Baltico per un po’ di tempo; ma poi dovettero completare la ritirata in Germania Est prima di essere tagliati fuori in Polonia. Si videro anche in azione per la prima volta i Me-109 tedeschi apena entrati in linea volo (nel 1942!!!). Combatterono bene; caccia russi e tedeschi si inflissero reciproche perdite non riuscendo a fermare i rispettivi cacciabombardieri Sturmovik e Stuka, che poterono partecipare al macello bombardando e spezzonando gli opposti schieramenti.




    Da quest’avventura i Tedeschi ci rimettevano un gruppo corazzato e mezzo, e uno dei due gruppi 109, mentre i Russi perdevano uno degli stormi di Yakolev, ma le loro forze terrestri rimanevano intonse e combattive.




    Alla fine del turno sovietico, il Fuhrer dovette essere rianimato con i Sali, e nonostante ciò non smise di farneticare un secondo di potenti controffensive da sferrare con armi segrete di cui peraltro non disponeva.




    Gli Inglesi non erano neanche loro molto allegri. La notizia degli U-Boote in Atlantico aveva fatto salire la pressione ben oltre la soglia di guardia al Primo Ministro, il quale ordinava per direttissima il ritorno della Home Fleet a Scapa per rifornirsi, riarmarsi e preparare una crociera ASW. La squadra britannica prendeva quindi a scortare da vicino i convogli in transito dal Canada e dall’Isola di Trinidad, satolli di greggio. Proprio in una di queste scorte, il caccia Dunadin per poco non affondò la tinozza del Capitano di corvetta Kriezel (l’U-122), che con l’acqua alle ginocchia e la barca piena di buchi, decise che era opportuno tornare alla base per riparare i danni. Si concludeva il primo e forse unico, come vedremo, ciclo operativo dei sommergibili tedeschi in Atlantico.




    Nel Mediterraneo, per il momento, la Royal Navy, rimasta con le giunche da trasporto ed un pugno di incrociatori australiani, essendo Cuningham ritornato a Londra per consultazioni (leggasi burn out) rinunciava a contestare le rotte di rifornimento alla Regia Marina, con grande incazzatura dell’8va armata in algeria, che come abbiamo visto, rimase senza vettovaglie. A White Hall, all’Ammiraglio Cunningham fu riferito di non preoccuparsi, che una nuova squadra del Mediterraneo era in approntamento nei cantieri navali inglesi, con due nuove fiammanti portaerei.




    Mentre tutto ciò avveniva, i pianificatori americani si arrovellavano su come utilizzare le ancora limitate risorse a disposizione. Per quanto riguarda il teatro paifico, Nimitz la spuntava con un’audace operazione contro il cuore della potenza navale nipponica; la superbase navale di Truk nelle Caroline; la morte nera del Pacifico. Per quanto riguarda il teatro europeo, non vi era ancora nulla di troppo complicato da decidere: si trattava semplicemente di trasferire tutta la mercanzia americana dalla costa est all’Inghilterra, che si stava già trasformando in un’arsenale a cielo aperto nel mezzo del Mare del Nord.




    Il Generale Heisenhower veniva posto a capo delle forze alleate in Europa e gli veniva affidato un compito assai segreto: salvare il salvabile dalla strapotenza dei Russi sul continente. Al poveraccio veniva per il momento affidato il comando del 12° gruppo di armate americano, a cui venivano aggregati la Home Guard inglese e la guarnigione di Malta, che a Malta non ci era mai andata. Con queste forze doveva sbarcare in Europa, sconfiggere i Tedeschi sul fronte occientale e limitare l’espansione dell’Unione Sovietica.




    Dall’altra parte del mondo, nella notte più nera, le barche di Nimitz uscivano da Pearl Harbour per la famosa operazione contro le Caroline. L’ammiraglio si imbarcava sulla portaerei Enterprise, flagship della flotta del Pacifico, ed usciva in mare con l’idea di rifilare al Tenno la prima mazziata della guerra. La flotta di concentrava nel Mare della Micronesia, composta dalla squadra del Pacifico, dalla 3za flotta, dal gruppo sommergibili dell’Ammmiraglio “Don” Guardia, e dalla squadra trasporti del Pacifico, che imbarcava il gruppo da combattimento dei Marines destinati all’invasione della base nemica. I Giapponesi non erano colti di sorpresa ed aspettavano al varco la forza navale yankee, preparando tutti gli aerei imbarcati delle tre squadre di postaerei da battaglia tuttora dislocate nel Golfo di Leyte. Quella che si preannunciava come una grande battaglia, si sviluppò invece in un limitato scontro aereo tra gli opposti caccia imbarcati, dove qualche Wilcat americano ci lasciava le penne, ma nulla di più traumatico. I due avversari si stavano ancora studiando quando l’ondata di Marines toccava terra sotto la protezione della US Navy, ma i Giapponesi, per nulla impauriti né scoraggiati li bloccavano all’altezza prime palme oltre le spiagge.




    Mentre negli Stati Uniti ci si preparava per il giorno del ringraziamento, in Germania ed Italia cominciavano i giorni della cagarella. Come gli spioni tedeschi in Inghilterra si fecero un’idea chiara di quello che gli Americani stavano trasportando al di qua dell’Atlantico e lo comunicarono a Berlino, ci si rese conto che la situazione era inqietante. Il Generale Halder insisteva per ritirare il gruppo corazzato centro dalla Francia alla Germania Occidentale, ma il Furher non ne volle sapere, e come vedremo, ancora una volta sbagliando di brutto. Andava vaneggiando che la Francia doveva essere difesa ad ogni costo, sia per il prestigio tedesco che per le due risorse economiche occupate. Il generale fece notare che se gli Anglo Americani sbarcavano sul litorale nord della Germania Occidentale, al momento difeso dallo sparuto corpo paracadutisti, le forze corazzate in Francia, il Volksturm in Belgio e gli occupanti del vallo Atlantico, sarebbero stati tutti prigionieri di guerra nel giro di cinque minuti, e la guerra persa nel giro di dieci. Hitler ancora non ne volle sapere, e si limitò ad ordinare lo spostamento dei Me-109 in Germania Occidentale a supportare il Fallshirmjager. Infine si vedeva arrivare a S.Nazaire l’U-122 azzoppato e con moderata fanfara. Il suo primo ciclo di operazioni in Atlantico si era concluso con successi altrettanto moderati ed una sporta di danni subiti. Se la Germania voleva solamente sognare di infastidire gli alleati sui mari, doveva produrre molti, molti più sommergibil.




    A sud del Brennero le cose non andavano molto meglio, anzi sconfittaperenne era in preda al disfattismo e già meditava il salto della quaglia nel campo degli alleati. Il Duce, ancora in sella, perché nulla di traumatico era ancora avvenuto, strepitava che il salto della quaglia era per le potenze minori, o di serie B, come le chiamva lui, ma non per una potenza di primo piano quele era l’Italia. L’Ammiraglio Severini proponeva il reimbarco della 6ta armata in Marocco ed il suo trasporto in Italia od in Libia, a seconda di dove lo stato maggiore la voleva. Per il momento la marina poteva ancora garantire questa missione; per il futuro non garantiva. L’operazione di evacuazione fu immediatamente autorizzata, e la 6ta armata rivide le sponde napoletane. Il fatto che l’armata fosse reimpatriata, invece che rischierata in Libia, se faceva contenti i suoi soldati, era un chiaro segno che lo stato maggiore non considerava l’Africa Settentrionale tenibile per lungo tempo, anche se alcuni sostenevano che finché la guerra sul mare andava bene, la situazione non sarebbe precipitata. In genereale però non ci si faceva troppe illusioni, specialmente considerando l’entrata in guerra dell’Austria e della Cecoslovacchia al fianco degli alleati e della situazione tragica, come la definiva il capo di stato maggiore, del fronte russo.




    Al quartier generale della Marina Imperiale Giapponese, l’Ammiraglio Minculo, mangiava tuoni e cacava saette a proposito dell’affronto subito dagli Americani, i quali avevano osato attaccare nientemeno che il cuore della potenza navale giapponese nel Pacifico: la base di Truk. Era assolutamente chiaro per lui che agli yankees occorresse dare una solenne lezione, ed a tal uopo predisponeva le sue forze: tutte e tre le squadre da battaglia venivano immantinente spostate dal Golfo di Leyte, dove oramai avevano esaurito i loro compiti di appoggio all’invasione delle Filippine al Mar di Micronesia, dove si impegnavano in un’immediata operazione cerca e distruggi ai danni delle navi americane che avevano osato mettere il naso fuori dalle loro basi. Quando poi Minculo venne a sapere che marines americani erano a terra nelle Isole Caroline e stavano combattendo contro la guarnigione della base navale di Truk, minacciò la pena capitale per sé stesso e tutto il suo stato maggiore; poi, quando le vene del collo gli si furono sgonfiate, ordinò all’aviazione imbarcata di annientare le navi che rifornivano le truppe da sbarco nemiche e di attaccare direttamente le spiagge su cui erano sbarcate.




    Se qulcuno dubitava della spietata efficienza della marina imperiale, dovette di brutto ricredersi: l’aviazione imbarcata giapponese, disperdeva per prima cosa la copertura aerea su Truk fornita dalla flotta americana del Pacifico; poi silurava ed affondava la portaerei Yorktown, ed infine affondava ancora a colpi di bombe e di siluro tutti, ma proprio tutti i trasporti americani che operavano la logistica per i marines. Questi rimasti senza munizioni e supporto dal mare, finivano per doversi arrendere ai difensori giapponesi dell’isola, non prima di aver subito una bella ripassata dall’artiglieria pesante delle navi di superficie nemiche. Una disfatta di proporzioni bibliche per la US Navy, che primo, costava la poltrona all’ammiraglio Nimitz, e secondo riportava gli Americani indietro di qualche mese nei progressi della guerra nel Pacifico.




    Un’altra nazione che optava per un blitz totale al costo di due barili di petrolio era l’unione Sovietica, che di produzione di barili ne aveva in abbondanza. Obiettivo strategico della STAVKA, nulla di meno che la presa di Berlino. Il turno blitz russo cominciava in sordina con la flotta del Baltico a caccia dei convogli tedeschi da e per le ferriere norvegesi. I convogli non li trovava, complice il maltempo, na questo era solo l’inizio, perché tosto si addensavano nubi oscure per i Tedeschi difendenti la Germania Est. I Russi avavano in mente una duplice devastante operazione: la conquista non solo di Berlino, ma anche della Yugoslavia e possibilmente della Grecia. Oramai Stalin era lanciato e deciso a sfruttare in pieno la potenza della sua Armata Rossa, a spese della Germania e pure degli alleati occidentali. Dopo aver conquistato l’Europa centrale, le truppe del fronte di Bryansk si preparavano dunque alle operazioni contro la Yugoslavia; a tal uopo erano ancora appoggiate dalla prima armata aerea. A nord, i generali Konev e Zukhov, concentravano tutto quello che avavano a disposizione, con l’esclusione della guarnigione di Stalingrado che si accomodava a Smolensk come riserva centrale di teatro. Ancora una volta, come era stato per l’attaco alla Polonia, tutti e quattro i gruppi corazzati dell’Armata Rossa venivano concentrati per l’offensiva. A difesa, ai Tedeschi non rimanevano che la Panzerarmee Russia ed il gruppo corazzato SS; truppe cazzute assai, ma in paurosa inferiorità numerica. Gli Stuka ed i rimasugli dei caccia 109 provvedevano alla copertura aerea. I due corpi corazzati erano al comando di Rommel e di Manstein rispettivamente.




    All’alba del 12 settembre 1942, il fronte si accendeva improvvisamente come un albero di natale. Ai festeggiamenti si unvano subito l’aviazione frontale ed il gruppo assaltatori anticarro Sturmovik. La Luftwaffe fece quello che poteva, attacando gli assaltatori nemici, che al prezzo di un terzo dei loro caccia, sgominavano i rimanenti Messershmitt 109. Ancora una volta gli Stuka sopravvivevano al macello e potevano appoggiare la battaglia terrestre, ove i Tedeschi dettero ancora una volta se cen’era bisogno, prova della loro maestria tattica e del loro infinito valore di combattenti. L’assalto dei gruppi corazzati della guardia e del fronte corazzato bielorusso furono devastanti; nell’assalto russo condotto con spietata determinazione, si liquefaceva il gruppo corazzato della Panzerarmee Russia, ed il Generale Rommel dovette essere evacuato con un principio di infarto da stress. Ma le magnifiche Waffen SS, contro ogni previsione ed ogni probabilità, rifiutavano la resa o la ritirata, tritavano la fanteria russa del fronte di Mosca, ed ammaccavano talmente il gruppo corazzato di Leningrado, da bloccare l’offensiva alla frontiera polacca. Il Genereale Zukhov, visto il macello, decideva che per questa fine di 1942 era meglio affrontare Stalin che Mainstein ed ordinava alle sue forze di interoompere l’attacco.




    Molto meglio andava sul fronte balcanico, dove la frettolosa mobilitazione yugoslava non rusciva a fermare la fanteria meccanizzata di Briansk, che si riversava nel paese come un fiume in piena, provocando un attacco di diarrea a Mussolini che improvvisamente si trovava i Russi al confine giulio. Subitaneamente si spostava l’armata alpina in Friuli come misura temporanea.




    A Londra si respirava aria di funerale alle notizie provenienti dal fronte est. Non si capiva più se il nemico fossero i Tedeschi od i Russi e lo stato maggiore imperiale non viveva certo sonni tranquilli. La strategia di fine turno prevedeva innanzi tutto una sortita degli incrociatori australiani da Gibilterra al Mediterraneo dell’Est per riaprire le rotte di rifornimento all’8va armata in Algeria. In secondo luogo vi era un consulto veloce via telegrafo col Presidente Kinsey su cosa fare nel Mediterraneo dell’Est. Churchill voleva sbarcare l’8va armata in Grecia per evitare almeno che i Russi si inglobassero pure quella, il presidente americano voleva fare una pace separata con l’Italia per fermare i Russi nella loro corsa ad occidente. La Grecia si era alleata con l’asse per pararsi il culo, ma non è che l’asse potesse garantirle tutta questa sicurezza. Alcuni Greci volevano essere annessi all’Unione Sovietica al grido di meglio i Russi che la Troika, ed insomma non si capiva più un beneamato cazzo. Fatto stava che i Balcani divennero rapidamente un groviglio di casini (tipico dei balcani), dove la Cecoslovacchia e L’Austria erano alleate degli Angloamericani, la yugoslavia era alleata coatta dei Sovietici, ed la Grecia degli Italo-tedeschi. Mancava solo l’entrata in guerra dei mamma li turchi ed il quadro sarebbe stato completo.




    L’intenzione degli Inglesi di fare qualcosa era però seria, e il gruppo da trasporto navale imperiale, caricava la guarnigione di Malta da Londra per trasportarlo non si sapeva bene dove, ma da qualche parte ad est di Gibilterra. Di ciò si incazzava Ike, che si vedeva sottrarre una delle armate al suo comando. Negli ambienti bene informati britannici si vociferava pure che qualcuno avrebbe dovuto prendere il comando delle armate inglesi operanti nel Medietarraneo; spuntò il nome di un semisconosciuto nanerottolo; chi diceva capace e chi presuntuoso: Sir Bernard Montgomery.




    Con il turno blitz totale degli Stati Uniti però, calava il sipario o quasi sulla Germania. Heisenowher, volendo evitare a tutti i costi di vedere tutta l’europa sotto il dominio sovietico, si inventava davvero l’operaione disperata di uno sbarco sulle coste settentrionali della Germania Occidentale, bypassando tutta la formidabile difesa del vallo atlantico. Il 12° gruppo di armate, con l’appoggio di tutta l’aviazione tattica angloameriana (quella americana appena giunta dai voli di trasferimento via Islanda) si lanciava quindi contro le coste settentrionali della Germania. L’operazione era invero ardita, ma da una parte i Tedeschi decisero di lasciare a terra gli Stuka per manifesta inferiorità di fronte alla preponderante caccia nemica, e dall’altra il presidio tedesco era costituito solo dalla 1ma armata aerotrasportata del gnerale Skorzeni, la cui skorza questa volta non bastò a fermare il nemico. Vero fu che i paracadutisti tedeschi combatterono ancora una volta da par loro, facendo secchi un terzo dei carri americani a bombe a mano e morsi; ma altrettanto vero fu che di fronte alla straponderanza preponderante del nemico, dovettero ritirarsi sotto la pressione; e si ritirarono nell’unico posto ancora possibile: Berlino e la Germania Est andando a fare compagnia alle SS pressate dai Russi. Adesso i titoli di coda per il Terzo Reich erano roba reale, ridotto com’era alla risorsa petrolifera di Berlino, ed a quella norvegese. Tecnicamente le due risorse della Francia erano ancora tedesche ma non c’era modo di farle arrivare in territorio tedesco ed erano quindi come perdute. Inoltre tutte le truppe tedesche in Franicia e Belgio erano isolate dalla madrepatria e senza fagioli. Solo le truppe di occupazione in Norvegia potevano ancora rifornirsi a patto di riuscire a tenere a bada la flotta russa del Baltico, ammesso che si fosse riusciti a riportare in Germania gli U-boote di base in Francia.




    Nel teatro pacifico, l’Ammiraglio Halsey, succedeva al comando all’ammiraglio Nimitz, deportato nelle giungle brasiliane. Questi era un tipetto milto più pacato di Nimitz, e soprattutto non gli piaceva rischiare il culo. Per il momento se la prendeva con calma ritirando la 3za flotta portaerei da Midway e rischierandola a Pearl Harbour. Gli veniva consegnata chiavi in mano anche un’altra squadra da battaglia, quella delle portaerei leggere, che pure ribasava a Pearl. A midway lasciava solo la guarnigione terrestre ed il gruppo siluranti terrestri dello squadrone Pacifico. Is suo motto: “che nessuno si muova, se non abbiamo forze sufficienti”; un specie di Montgomery navale.




    Rimanete collegati per la fase fine turno 5 con gli aggiornamenti sulle produzioni e sullo stato delle condizioni di vittoria.
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    Ultima modifica: 15 Novembre 2017
  2. Luigi Varriale

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    Turno 5 giugno/novembre 1942




    Fase di fine turno




    Germania


    Marca malissimo per i Tedeschi, ridotti al solo controllo della parte est della Germania e con le truppe in Francia, Paesi Bassi, Belgio e Norvegia tagliate fuori dalle comunicazioni.


    Ricostituzione della 18ma armata a Berlino


    Ricostituzione del gruppo corazato sud a Berlino


    Rommel riprende il servizio a Berlino al comando del gruppo corazzato sud




    Italia


    Urge cautelarsi contro i Russi, con le poche risorse a disposizione.


    Ricostituzione della 9na armata a Milano


    Costituzione del gruppo paracadutisti Folgore a Milano




    Giappone


    Si continua a mettere insieme i mezzi per la costituzione di un perimetro difensivo nel Pacifico talmente forte da dissuadere gli Americani da una controffensiva.


    Ricostituzione della guarnigione sfera di coprosperità a tokyo


    Costituzione del gruppo sommergibili a tokyo


    Costituzione del gruppo 1ma area di fanteria a tokyo




    Unione sovietica


    Con la vittoria praticamente in tasca al prossimo turno, i sovietici si sbizzariscono in un round di produzione che consenta un ultimo sforzo offensivo su tutti i fronti.


    Ricostituzione della guarnigione di Mosca nella Siberia Pacifica


    Ricostituzione del gruppo corazzato Leiningrado a Vladivostok


    Costituzione del gruppo attao aereo cacciabombardieri a Vladivostok


    Ricostituzione della fanteria del fronte ovest in Ucraina


    Potenziamento al massimo organico del gruppo corazzato bielorusso in polonia


    Potenziamento al massimo organico della fanteria del fronte ovest in Ucraina




    Gran Bretagna


    Si rafforza il teatro europeo per un ultimo sforzo, nel tentativo di contenere l’avanzata russa


    Ricostituzione delle forze territoriali egiziane in Egitto


    Ricostituzione della flotta mediterranea a Londra


    Costituzione del gruppo trasporti navali teatro europeo a Londra


    Costutituzione della 2da armata corazzata a Londra




    Stati Uniti


    Nonostante la classifica sia oramai definita con Russia e Gran Bretagna saldamente in testa, gli Stati Uniti compiono il loro sforzo titanico per rafforzarsi su tutti i teatri


    Potenziamento al massimo organico della flotta del Pacifico nelle Hawaii


    Potenziamento al massimo organico della 3za flotta nelle Hawaii


    Ricostituzione sulla costa ovest del gruppo trasporti navali del Pacifico


    Ricostituzione sulla costa ovest del gruppo anfibio marines


    Costituzione sulla costa est della 18ma armata aviotrasportata


    Costituzione sulla costa estdel 16mo gruppo d’armate corazzato


    Ricostituzione del gruppo sommergibili sulla costa ovest


    Potenzamento al massimo organico della flotta dell’Atlantico a Londra


    Mobilitazione dell’Esercito Brasiliano a Sao Paolo


    Costituzione sulla costa est della squadra atlantica cacciatorpediniere




    Situazione condizioni di vittoria


    Unione sovietica 12 con probabile vittoria nel prossimo turno: vince la potenza che arriva prima a 15 punti


    Gran Bretagna 7


    Stati Uniti 3


    Germania 2


    Italia 0


    Giappone 0




    Notare come il travolgente progresso della Russia, dovrebbe far finire la partita nel prossimo turno (dicembre 42/maggio 43)mentre le altre potenze in buona posizione stanno cominciando solo ora a racogliere punti vittoria. Se la Russia non fosse balzata così avanti, potenze come Giappone e Gran Bretagna, avrebbero ancora il tempo di accumulare punti. Invece l’intelligentissimo meccanismo di questo gioco, primo riflette le prestazioni di ogni singola potenza turno per turno e secondo, scoraggia l’abbandono anticipato della partita per manifesto insuccesso di una o più potenze, come avviene spesso in altri strategici della seconda guerra mondiale.




    Un saluto dalla cancelleria del Fuhrer che se la vede già male nel 43.

     
  3. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Attività tedeshe


    Quello che rimane del gruppo sommergibili di Saint Nazaire, viene mandato in Atlantico per un’ultima azione contro i convogli britannici. I convoglli rimangono fuori portata, ma gli u-boote riescono ad affondare la corazzata Warspite, prima di essere caciati e distrutti dalle pattuglie ASW della flotta del Mare del Nord. Canto del cigno della Kriegsmarine.




    Attività italiane


    Si ordina alla Regia Arronautica di trasferirsi dalla Libia in Italia per contribuire ad un’eventuale difesa del confine yugoslavo, dove i Russi incombono con il gruppo di armate di Bryansk.




    Attività giapponesi


    Informata che la guerra potrebbe finire in questo turno, la Marina imperiale si divide in due aliquote e si riversa nel mar di Polinesia e nel Pacifico del Nord, per tentare di ottenre la condizione vittoria dominazione del Pacifico almeno per questo turno. Attraverso sbarchi inel resto delle indie olandesi, si tenta di ottenere la condizione vittoria sfera di coprosperità. Infine, si rafforz il confine tra Manciuria ed Unione sovietica con il trasporto di tre armate ad Harbin. Si trasferisce colà anche Yamashita che assume il comando dell’armata della 1a area.




    Attività sovietiche


    Ai russi, l’attacco alla Manciuria non porta nessun vantaggio immediato. Si accontentano quindi sul frone pacifico di aver fissato inportanti forze terrestri giapponesi e si concentrano sulla battaglia di Berlino ed eventualmete sull’invasione dell’Italia. La 1a armata aerea si ribasa in yugoslavia, per operare contro gli Italiani. In romania arriva la fanteria del fronte ovest, per assicurarsi contro colpi di testa da parte dei Greci.


    L’attacco a Berlino si apre con l’assalto dell’aviazione russa. La caccia tedesca provoca perdite tra l’aviazione rossa e costringe una pedina aerea russa ad abortire. Perdite notevoli anche tra i reparti della Luftwaffe, che però riesce a fa passare alcuni Stuka. Gli Sturmovik penetrano anche loro ad appoggiare l’offensiva invernale russa su Berlino. Nell’impatto il gruppo corazzato sud tedesco viene nuovamente distrutto, così come le guardie corazzate russe.


    La 18ma armata, si fa altresì ammazzare per coprire il ripiegamento delle SS, le quali non potendo ripiegare più di tanto, perché al di là ci sono gli Americani, subiscono perdite pesanti; e comunque rifiutano ancora e sempre la resa . Quando il fumo si dirada, Berlino è ancora in mano tedesca. Zukhov e Konev, rischiano l’ergastolo presso un gulag in Siberia, mentre Rommel viene promosso Feldmaresciallo. I Tedeschi, hanno dimostrato valore superiore a quello della guerra vera, ma sono allo stremo. Alle Waffen SS monumento imperituro alla tenacia.




    Sul fronte italiano, la 1ma armata aerea russa si riversa in Friuli, dove la Regia con i suoi vechi catorci cerca di intercettare ma è sbaragliata dall’aviazione rossa. Poi è la volta del fronte di Bryaansk quasi a pieno organico di scatenare l’attacco. In prima schiera sconfittaperenne ha schierato gli alpini e la folgore; in riserva la 9na armata di fanteria; è la sua prima decisione azzeccata della guerra; nel loro primo combattimento per difendere la patria, le forze speciali italiane danno prova di coglioni veramente quadri. I russi sono respinti con perdite, nonostante l’appoggio aereo dalla loro parte.




    Grazie a Tedeschi ed Italiani, la marea russa in Europa è arginata. I sovietici sono fermi in Polonia e Yugoslavia.




    Attività britanniche teatro mediterraneo


    I trasporti navali tornano alla base a Gibilterra con la guarnigione di Malta a bordo. Motgomery prende ufficialmente il comando dell’8va armata in Algeria. Da Londra e da Gibilterra, gli Inglesi conentrano navi da trasporto nel mediterrnaeo, con l’intento di sbarcare in italia meridionale l’8va armata. Scortano i trasporti, la nuova flotta mediterranea e gli incrociatori australiani. Gli Italiani hanno ancora nel Mediterraneo ovest l’Aquila, il suo gruppo scorta e lo squadrone Ciano, che intercettano i convogli inglesi: l’aviazione imbarcata italiana riesce ancora una volta a costringere la portaerei nemica (in questo caso la Ghepard) a ritirarsi a Gibilterra. Poi à la volta degli aerei imbarcati che silurano uno degli incrociatori nemici, non prima che questi sia riuscito a piazzare alcuni colpi sugli incrociatori italiani della scorta all’Aquila. Alla fine della zuffa, sfortunatamente, i trasporti inglesi, o quanto basta di quesi, riescono a passare, ad imbarcare Mongomery e i suoi carri dall’Algeria ed a tentare l’invasione dell’Italia meridionale. Purtroppo la 6ta armata di Guzzoni non si rivela all’altezza delle forze italiane che combattono al nord, e quella checca isterica di Monty conquista Roma, decretando la rsa dell’Italia, ma folgorini, alpini, 9na armata e quello che rimane della gloriosa marina italiana continuano a combattere con la Germania. Alla leadership politica dell’asse, pare chiaro che gli alleati occidentali sono in modalità disperazione per sottrarre tutto quello che possono ai Russi. Le truppe di Monty in Italia rischiano di essere isolate in qualunque momento dalle forze navali italiane e lo stesso rischio corrono i motocorazzati italiani in Africa; di essere isolati in qualunque momento dalla royal Navy. Essendo l’Inghilterra al fondo del barile, e l’Italia alla canna del gas, è chiaro che le due potenze si prendano più rischi del dovuto con le operazioni militari.




    Attività anglo americane teatro europeo


    Eisenhower riceve in rinforzo dall’Inghilterra la seconda armata corazzata britannica, che si unisce al 12mo gruppo d’armate alleato per il turno americano di attaccare Berlino. La RAF e la l’aviazione tattica americana appoggiano con tutto il loro peso l’attacco; i rimasugli della Luftwaffe sono spazzati via nell’ultimo eroico atto di difesa della patria; poi le forze corazzate angloamericane attaccano Il gruppo d’armate SS Rommel, coadiuvati dalle truppe austrocecoslovacche da sud. I Tedeschi ci rimettono l’armata paracadutisti, ma incredibilmente resistono, causando pure uno step di perdito al gruppo d’armate americano, a cui a fine battaglia, molti sherman mancano all’appello. Il Feldmaresciallo Rommel viene promosso a santo patrono della Germania. Eisenhower è richiamato a Londra per consultazioni. Le ore della resistenza a Berlino, ridotta ad un cumulo di rovine sono contate e probabilmente cadrà nel turno blitz russo. Ma le gesta delle armate tedesche non verranno dimenticate tanto in fretta.




    Attività angloamericane teatro pacifico


    Due battaglie separate avvengono nel Nord Pacifico e in Polinesia: obiettivo strategico. Impedire che i Giapponesi guadaagnino il punto vittoria per la dominazione del Pacifico.


    Lo squadrone siluranti terrestri della US Navy, e la terza flotta fanno rotta a nord delle Midway per intercettare la flotta mobile e la flotta combinata giapponese. I Giapponesi perdono 2 portaerei più una danneggiata. Gli Americani perdono una delle loro portaerei di squadra. La battaglia delle Midway, non va così male per i Giapponesi, come quella reale, ma neppure troppo bene. Perdite uguali a quelle storiche invece per gli Americani. Nell’area Nord Pacifico rimangono qattro portaerei americane e due giapponesi. Gli Americani mantengono la presenza a nord dell’atollo e negano quindi il punto vittoria ai nipponici.


    La battaglia delle isole Phoenix invece. 1l-2b vede due portaerei giapponesi affondate ed una danneggiata, contro la perdita di due portaerei americane, ma qui gli americani rimangono padroni del mare, essendo costretti i giapponesi a ritirare la 2nd strike fleet a Truk per riparare i danni. Il turno è complessivamente favorevole agli Americani, che fanno più danni ed impediscono ai Giapponesi di conseguire il loro obiettivo strategico. Un tentativo di sbarco compiuto dall’esercito Australiano a Papua, occupata dalla China Expeditionary force giapponese, non riesce ad asuumere il controllo della località.




    Fase Blitz




    Germania


    Nulla; troppe pohe forze rimasate, sono appena in grado di dfendersi




    Italia


    Folgore: continua a combattere con i tedeschi


    Gruppo Trasporti Navali: continua a combattere con i Tedeschi


    Alpini: depongono le armi


    Gruppo Aquila: si autoaffonda nel porto di Livorno


    Siluranti di Ciano: distruggono gli aerei a Pisa


    Gruppo d’armate motocorazzato in Africa: depone le armi


    9na armata: passa agli alleati come “cobelligerante”.




    Nessun commento alle personali scelte dei combattenti.




    Esaurita la fase politica per l’Italia, i trasporti AOI ritornano alla base dalle acque del West Mediterranean dove hanno partecipato a tante battaglie. Il nuovo governo dell’Italia del Nord, rimane con il gruppo Folgore a difenderne il territorio.




    Giappone


    Esegue un blitz navale, pagando un barile di petrolio pùo muovere e far combattere di nuovo le navi.


    L’Ammiraglio Yamamoto approfitta dell’isolamento della flotta americana del Pacifico nel mar Polinesia per cercare di assestarle un colpo. Unico vincolo che l’Ammiraglio Minculo gli impone è quello di tenere unite le sue forze. Non devono ripetersi perdite come quelle del turno appena trascorso. Tutte e 5 le portaerei giapponesi, appoggiate anche dai sommergibili salpano da Truk per attacare la flotta del Pacifico in Polinesia. La flotta del pacifico viene distrutta, una delle due flotte giapponesi, la snd strike fleet, si ritira azzoppata a Truk, ma la flotta combinata rimane per il momento padrona del Mar di Micronesia, soddisfando se nulla accade durante il turno blitz americano la condizione vittoria Pacific domination.




    Unione Sovietica


    I russi optano per un bltz totale (pagano due risorse petrolifere e possono muovere e far cobattere tutte le loro unità). La priorità è ad un nuovo sforzo sulla germania est e berlino. Le teste di Konev e Zukhov sono davvero a rischio in questo turno.


    Ancora una volta i fronti corazzati bielorusso ed ucraino si lanciano sulle pochi e sfasciati carri delle Waffen SS, appoggiati da tutta l’aviazione d’assalto sovietica. La Luftwaffe è scomparsa dai cieli. Questa volta il miracolo non avviene; nonostante i Tedeschi riescano a distruggere più di un KV del gruppo bielorusso, vengono travolti dall’impeto nemico. Il generale Rommel si presenta davanti al posto comando di Zukhov per negoziare la resa, ma il Russo gli dice che non c’è nulla da negoziare. Hitler si suicida nei sotterranei della cancelleria. I trasporti della flotta tedesca, quei pochi rimasti salpano per i porti della Norvegia, nella speranza di riuscire ad arrendersi agli alleati occidentali.




    Poi scatta l’operazione Tifone, contro l’Italia settentrionale. Si occupa della cosa il fronte di Bryansk-yugoslavo, appoggiato dalla 1ma forza aerea di base a Belgrado. Difendono i valorosi paracadutisti della Folgore, che si fanno annientare sul posto, ma riescono ancora una volta ad impedire l’avanzata dei Russi, che pure loro subiscono perdite pesantissime: onore e gloria ai folgorini.




    Gran Bretagna


    Per i Britannici, blitz terrestre; hanno bisogno di stabilizzare il roro fronti. L’ottava armata completa l’occupazione dell’Italia del nord, i sudafricani occupano la Libia ed i coloniali francesi il Marocco. La guerra sul teatro europeo termina con due anni d’anticipo su quella reale, ma con una situzione politica uguale a quella storica: l’Unione Sovietica si impadronisce dell’Europa Orientale e della Germania Est, inclusa la Yugoslavia. L’Austria rimane nel campo occidentale per un pelo, e così lItalia. La Germania è smembrata in due stati occupati; la RFD occupata dagli Anglo-franco-americani, e la DDR occupata dai Russi.


    Sul teatro Pacifico i Neozelandesi tentano di riproporre la conquista di Hollandia, ma la guarnigione giapponese non molla di un centimetro.




    Stati Uniti


    Blitz totale per gli Americani, se non altro perché possono permetterselo. L’Ammiraglio Halsey congegna un’operazione per distruggere la flotta mobile giapponese che si trova nel Nord Pacifico; questo elimierebbe per questo turno la condizione di vittoria nipponica “dominazione del Pacifico”. L’operazione coinciderebbe con un’altra operazione americana di convogli transitanti dalla costa ovest a Pearl Harbour, ma l’ammiraglio americano decide di correre il rischio di avere i mercantili tra le palle nella incombente battaglia. Escono in mare la nuova di zecca squadra delle portaerei leggere e il nuovo gruppo sommergibili dell’Ammiraglio Guardia, che se li è fatti ricostruire con un appalto frutto di un’offerta che non si poteva rifiutare al ministero della marina. Halsey p già in mare con la sua 3za squadra portaerei di linea. Gli Americani individuano il gruppo giapponese a 180 miglia a nord delle Midway e lanciano i sluranti, ma l’Ammiraglio Hoda, si era preparato tutti i caccia zero della Hiryu e della Anakagi sui ponti per tamponare questa eventualità. I cacciatori di Hoda fanno un macello di aerei d’attacco americani, riescono a passarne solo pochi, ma quei pochi piazzano due siluri nelle viscere della Hiryu che se ne va al diavolo. L’Anakagi si prepara a vendere caaro il deretano e svuota i ponti di tutto quello che può volare e trasportare bombe, siluri, bidet e lavandini. Questi non trovano le forze americane, ma si incrociano con la forza d’attacco aerea basata a terra e proveniente da Midway. Le due opposte scorte ingaggiano un duello che riesce ad evitare abbattimenti di aerei d’attacco, ma mentre i Giapponesi non trovano nulla perché le squadre americane sono in rotta a tutta birra verso le Hawaii, lo squadrone di siluranti del pacifico, pur subendo una bella ripassata dalla caccia dell’Anagaki, riescono a silurare pure quest’ultima, il che porta il punteggio a favore degli Americani sul due a zero.


    Gli Americani riescono dunque a raggiungere l’obiettivo operazionale della battaglia: ripulire l’area del nord pacifico dalle forze aeronavali del nemico.


    Sul fronte europeo, il 12mo gruppo d’armate americano si spara un Giro di Francia e Belgio che sancisce la liberazione ufficiale dal giogo tedesco, anche se le uniche truppe tedesche che i carri americani incontro sono quelle già ordinatamente incolonnate verso i campi di prigionia. Per la liberazione di Parigi, il compito è lasiato all’appena costituito 1mo gruppo corazzato francese, equipaggiato con materiale americano, che fa un figurone sugli Champes Elisées. Unico rammarico dei carristi francesi; non aver fatto in tempo a pertecipare a nessuna operazione di guerra.




    Fase di fine turno




    Classifica finale


    Unione sovietica punti 15 e taglia il traguardo


    Gran Bretagna punti 11


    Stati Uniti punti 6


    Germania punti 1


    Giappone punti 1




    Partita interessante, dove da inesperto dei meccanismi dell’espansione (pre guerra 36-39) ho condannato la Germania ad un’esistenza minore. Il gioco, pur essendo semplice, mi sembra incredibilmente realistico.


    Grande pregio di questo sistema e la velocità con cui si può giocare la seconda guerra mondiale.




    In futuro, per testare ancora meglio il realismo, giocherò la guerra solamente sulla mappa europea, partendo dalla situazione reale del primo settembre 1939 (lasciando perdere l’espansione politica pre guerra) e ricalcando tutte le decisioni strategiche reali delle potenze coinvolte nella seconda guerra mondiale. Paragonerò poi l’esito della guerra vera con quello della simulazione.




    Fatemi sapere se la cosa vi può interessare, così quando dovessi partire col progettino, lo sottopongo anche a voi come nuovo thread.

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  4. DistruttoreLegio

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