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Elenco delle Nazioni che si possono liberare

Discussione in 'Diplomazia, commercio e spionaggio' iniziata da Mimmmo, 6 Luglio 2007.

  1. Mimmmo

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    Sul fatto che gli abbissini fossero ottimi combattenti nulla a che dire. Peraltro gli episodi di indubbio valore e fedeltà che dimostrarono combattendo sotto la nostra bandiera ne sono un'ulteriore riprova.

    L'Etiopia è un caso particolare perchè era una colonia giovane. Col tempo si sarebbe certo placata ma di tempo ne ha avuto poco (quanto, meno di 6 anni?).

    Ma la scelta dei programmatori di non mettere partigiani in africa si riferisce al totale estraneamento dalla guerra che ebbero le popolazioni di Libia, Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria. In quelle zone non si riscontrarono ne fenomeni di resistenza da parte della popolazione ne fenomeni di persecuzione da parte degli occupanti.
     
  2. Raufestin

    Raufestin

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    In quasi tutti i mod però ho riscontrato che l'africa è un territorio davvero insidioso, come dicevo da un'altra parte sto giocando con il mod di luxor una partita con la germania e mi sono imbarcato in una conquista totale del continente...beh ho dovuto liberare tutte le vecchie colonie inglesi e francesi a causa dei ribelli. Ho immaginato con piacere che rappresentasse le pressioni per una politica anticoloniale adottata dalla germania in quella partita (mi piace fantasticare sulle mie partite) :p

    Comunque qualcuno idei qualche evento per il nostro mod per rapresentare la guerriglia etiope! :D
     
  3. Sagitter

    Sagitter

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    Io continuo a trovare un assurdità il fatto che malta non sia considerata come territorio nazionale italiano. Così come (forse) lo potrebbe essere qualche territorio svizzero: se non altro la lingua sarebbe la stessa
     
  4. Mimmmo

    Mimmmo Banned

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    Ma soprattutto Brooklin, o meglio Broccolino
     
  5. ange2222

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    :)

    mettici anche buenos aires;

    tornando sull'Africa: ribadisco il fatto che l'Etiopia avrebbe dovuto essere considerata un caso a parte, proprio perché di nuova occupazione.
     
  6. Aer Macchi

    Aer Macchi

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    Infatti per batterli abbiamo dovuto usare l'Iprite...

    Che vergogna...
     
  7. Mimmmo

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    Bè, sinceramente pur reputando abominevole l'uso dell'iprite in quel contesto, non ritengo che l'Iprite sia stata utilizzata per battere un nemico troppo forte quanto per rappresaglia.
     
  8. ange2222

    ange2222

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    l'uso dell'iprite fu voluto dall'alto al fine di "velocizzare" la campagna ogni volta che si metteva male per gli italiani, come quando arrestarono l'offensiva di Ras Immirù verso l'Eritrea o quando stanarono gli etiopi dalle grotte.
    Ancora più grave dell'impiego diretto sulle truppe fu l'irroramento delle retrovie dagli aerei, diretto a rendere impraticabili i percorsi dei rifornimenti.
     
  9. palandar

    palandar

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    A Malta la lingua non è la stessa fuor d'ogni dubbio.
     
  10. silenziario

    silenziario

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    Non mi pare che Malta sia mai stata considerata parte della nostra nazione, nemmeno negli anni di più acceso irredentismo. Lingua, cultura e storia ne fanno una entità politico/culturale a sè stante.
     
  11. Solctis

    Solctis

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    :eek:fftopic:

    Documentiamoci prima di sproloquiare e partire con facili considerazioni:

    Per l’Italianità di Malta – Enrico Mizzi
    8 giugno 1909

    L’articolo che qui pubbliciamo, assai vivace, non è favorevole alla condotta del Governo di Londra verso i Maltesi, e contiene, anzi, giudizi acerbi

    Come tutti gli italiani guidati da amor per la patria e senso di civiltà, anche noi desideriamo vivamente di rimanere amici e nei nostri voti affretiamo il giorno in cui qualche legame più sensibile della pura amicizia possa avvincere l’Inghilterra al fascio delle nazioni latine per la tutela della civiltà e degli interessi dell’Europa centrale. Ma appunto perciò – anche facendo tacere per un momento li imprescindibili doveri di stirpe – non ci sembra inutile che si tornino a discutere, a tempo, certe questioni le quali, rimanendo oggi tacitate, potrebbero un giorno esser causa di imprevedibili discordie che, da una parte e dall’altra, abbiamo tutto l’interesse di escludere. I diritti del linguaggio e della storia non si soffocano con qualche od in brevi anni; ed è troppo ovvia la previsione che, disconosciuti, essi torneranno continuamente a riaffaciarsi.

    D’altra parte noipensiamo che sia là Inghilterra sia troppo insigne maestra di libertà fra i popoli civili e troppo potente nazione perchè possa allarmarsi vedendo dicusse certe questioni, possa adontarsi vedendo espressi certi giudizi. E se bisogna riconoscere la sua necessità di nazionalizzare le colonie ad incivilimento, non sarebbe altrettanto facile a giustificare una violenza deformatrice esercitata su le colonie civili che non pensano affatto di sottrarsi al dominio britannico. Non certotale violenza si può essere il premiò meritato della loro fedeltà.

    Leggo ora la Relazione del Bilancio del Ministero degli affari esteri, presentata due giorni fa alla camera Italiana dall’on De Marinis.

    L’illustre parlamentare rileva tra l’altro, la decadenza della lingua italiana a Malta ed io non posso negare che la dolorosa constatazione risponda purtroppo alla realtà.

    Ma di chi la colpa?

    Non certo di noi maltesi. Nessuno igniora la balda e tenace lotta che da anni moltissimi sosteniamo a difesa della madre lingua, e molto meno potrebbe ignorarlo la stampa italiana, che in gran parte, ma per due o tre anni , ha seguito con vero interesse e entusiasmo la nostra agitazione ed ha provato sdegni, è insorta contro le sopprafazioni, ha risentito tutti gli impulsi passionali al pari di noi, ha fatto vibrare il suo cuore all’unissono col nostro.

    E del resto, non poteva essere diversamente, perchè - si disse bene – nell’episodio di Malta, l’Italia ritrova sè stessa d’altri tempi. Intatti lo sprezzante ministro inglese che nega qualsiasi peso alla volontà di Malta, ricorda agli italiani l’insolenza di Metternich, quando chiamò l’Italia una espressione geografica. Le lusinghe di tesori destinati a migliorare la Valletta e i suoi porti, rammenta agli italiani le blandizie dell’Austria, la quale prodigava milioni di fiorini in lavori civilizzatori del Lombardo-Veneto. Sembrava allora un sogno agli italiani il vincere il colosso tedesco, come sembra oggi follia a taluni la sfida di Malta alla strapotente Brittania.

    Ma oltre l’analogia del caso della virtù, nella coscienza italiana dovrebbe vibrare qualche altra corda per Malta, la corda misteriosa delle affinità di razza, la corda ammonitrice della Storia.

    Giacchè la Storia che non si cancella e non si falsa, ricorda che Malta, dall’anno 212 b. C. Fino all’anno 454 d. C fu unita con Roma nelle glorie e negli eventi.

    E la storia che non dimentica e non si distrugge, registra che Malta visse saldato in un solo Stato colla Sicilia, dal 1090 al 1530, superando insieme i secoli della fulgida civiltà Normanna, dell’arte Medioevale e del Rinascimento.

    E la storia, che non si lacera e non si seppelisce, ha già riconosciuto che il governo dei Cavalieri , dal 1530 al 1798, non fu altro che il manipolo avanzato e militante di Roma cattolica e pugnace contro l’Oriente. Ogniqualvolta le galere maltesi tornavano in porto, vincitrici della Mezzaluna, dispiegando i trionfali gonfaloni dalla croce spicchiata, mentre i cintarci dell’Ordine nel liuti d’argento suonavao dagli spalti le fanfaredi guerra, tosto il Gran Maestro inviava a Roma un giovane cavaliere di San Giovanni per annunziare il Pontefice la novella gloria della Cattolicità. Malta cavalleresca era una emanazione della Roma papale: e tutto l’organamento gerosolmitano aveva radice e pernio in Italia, dove i cavalieri di Santo Stefano, di San Maurizio e del Santo Sepolcro costituivano da Pisa, da Torino e da Roma i focolari di rifornimento e di reclutamento dei Giovanniti Maltesi, dividendo con essi i trofei turcheschi, le fatiche belliche e la propaganda nel mondo laico occidentale. La perenne crociata che rappresentava l’istituzione geroslomitana cattolica, non a Malta prendeva sede e soggezione ma a Roma e in Italia faceva capo. Frati e cattolici, i Giovanniti di Rodi e di Malta dipendevano dal Pontificato di Roma, come luminosamente lo provò Lepanto, come virilmente lo brandirono Pio II, Paolo II, Pio IV e Clemente VIII.

    E l’istituto gerosolmitano di Malta si senti siffattamente romano ì, che allorquando fu espulso dall’isola, pipiegò mestamente sulla sua patria naturale, l’Italia; e respingendo le munifiche offerte di Paolo di Russia, riparòa Roma dove ancor vive, dove ha beni doviziosi, onori, nobili seguaci, titoli ed autorità sovrani.

    Malta adunque o con Roma pagana, o con la Sicilia, o come scaturigine cavalleresca di Roma papale ebbe per lo meno 14 secoli di vita politica e spirituale coll’Italia; ebbe e conservò italiane l’indole, le civiltà, le arti, la Fede, la lingua. Anzi quest’ultima ha delle radici cosi profonde a Malta, che essa è stata generalmente adottata nell’isola se non prima, certo non più tardi dell’epoca di Federico II di Svevia, nella cui Corte di Palermo fiorirono le prime rime limpidissime in volgare italiano.

    Questo conclude la voce della Storia, che nessuna sopraffazione tirannica di governi, nessuna follia imperialistica di nazioni possono soffocare.

    E questo, fino a pochi anni fa, sentiva e comprendeva nobilmente il popolo d’Italia, ma questo appunto l’on. De Marinis oggi non sente nè comprende.

    E con lui, anche la grande massa del popolo italiano pare che non senta nè comprenda più tutta l’iniquità dell deliberato proposito inglese di violentare, in noi, le leggi della natura e della umanità, adoperando un processo press’a poco aalogo a quello con qui l’allevatore inglese, a furia di ibridismi alterando i caratteri peculiari primitivi, fabbrico con i cavalli arabi il corridore inglese e coi cani spagnuoli il setter di Cornovaglia,

    Ma, codeste prove, applicate a razze umane, sono esperimenti nefandi.


    Ed ora un ricordo.

    Nel 1902, gli studenti del Regio Ateneo Maltese visitarono i colleghi della vicina Sicilia. Si trattava di un fatto semplice e naturale: la restituzione di una visita per parte degli studenti universitari di una regione ai colleghi di un’altra. Ma bastò questo semplice fatto per destare nel cuore degli uni e degli altri il grande incendio della simpatia, per svegliare dalle latebre della psiche Italiana alitante nelle due due isole, quella misteriosa della gran madre Italia, che invitava entrambe all’abraccio fraterno. Quando da Siracusa antica al tempio nivale dell’Etna, dalla storica Conca d’oro alle incantevoli, ma ormai morte spiagge del Faro, un turbine di fiori, sbocciati sotto i raggi del bel sole italiano, piovve incessante, nutrito, variopinto sul capo dei fieri campioni della gioventù nostra, noi credemmo siceramente che la gran Madre Italia, scuotendo il molle fianco dal letto si smeraldi in cui è adiagata, traverso i gradi archi azzurri delle sue marine, tendesse la vaporosa mano alla nostra Dea fascinatrice Calypso per guidarci sul sentiero fiorito della speranza e della redenzione.

    Ma fu un sogno il nostro e non tardò purtroppo a svegliarci la realtà dolorosa.

    Noi vedemmo sul palcoscenico della politica italiana, nei corridoi della Camera e nei retroscena della stampa, agitarsi uomini e fatti che non ci comprendevano, o ci tradivano, o non ci riguardavano; vedemmo aggirarsi intorno a noi che lottavamo tenacemente per il trionfo del Diritto, ipocriti, corroti e lassi; vedemmo accademici l’ibrida coesistenza delle due lingue o consigliare la rassegnata attesa degli eventi; vedemmo giornalisti ed orecchiant della politica scrivere o dire delle falsità e delle corbellerie; vedemmo perfino ministri degli affari esteri, prendere ingenuamente alla Camera Italiana per moneta buona, l’obolo falso di Chamberlain, allora minstro delle Colonie.

    A proposito anzi di ministri italiani, è bene ricordare. Quando, nel 1902, alla camera dei Comuni, il Chamberlain dichiarò di ritirare il proclama imponente, a scadenza ventennale, la capitolazione della lingua italiana e della nostra fiera e retta coscienza, il Governo italiano si stemperò in ringraziamenti al Governo inglese per l’amicizia (!!!) dimostrata all’alleata del Mediterraneo. Noi svelammo allora, immediatamente ed in modo irrefragabile, la ciurmeria, il trucco volgare perpetrato dallo scamottatore inglese; dimostrammo che il ritiro del proclama non significava il ritiro della legge; che, a ogni modo, il discorso di Chamberlain si riduceva ad un’ipocrisia bell’e buona perchè, mentre dichiarava di revocare la condanna dell’Italiano, ordinava nel medesimo tempo che nelle nostre scuole le principali materie si insegnassero in inglese, gli impieghi si concedessero solo dietro prove di studi perfetti compiuti in inglese e nei nostri stessi Tribunali si assoldasse un falansterio di traduttori per arciviare in lingua inglese i processi presenti a complemento e per comodo di quel non lontano periodo giuridico nel quale l’italiano dovrà soccombere.

    Ma fu vano qualsiasi nostro avvertimento: il governo italiano, sedotto dalle ipocrite proteste di amicizia del Chamberlain, affascinato dai lieti ricordi abilmente evocati si lasciò miseramente trarre nella rete tesagli e, dopo esservi caduto, non esitò, malgrado le nostre ripetute proteste, a presentare al governo inglese i suoi più vivi ringraziamenti!

    Ed è naturale allora che Chamberlain – questa scalbia figura di uomo che non ha peli in faccia ma ne ha troppi sulla coscienza – lieto del novello trionfo riportato sulla tradizionale buona fede italiana, abbia saputo approfittarsene, non solo per imporci, con la forza, la lingua inglese, ma per revocarci la Costituzione, ultimo residuo di libertà e di autonomia.

    Ed oggi, nell’aurora del ventesimo secolo, mentre le più felici, le più ardite, le più folli previsioni della evoluzione sociale futura occupano così vivamenete e profondamente lo spirito dell’attività umana; mentre nella vecchia e odiosa Turchia ferve un fremito di nuova vita e si diffonde la marea fecondatrice della civiltà; mentre nella stessa Persia, lo Scià, il Re dei Re che esercitava con tanta pacatezza il jus vitae et necis sui suoi poco fortunati sudditi, si avvolge nella clamide costituzionale e anda sulle ali del rimpianto il bacio dell’addio all’autocrazia feroce, mentre infine, splende ovunque , in pieno meriggio, il sole fecondo della Libertà, solo noi, che vantiamo un sì glorioso passato, che andiamo superbi di una civiltà tre volte millenaria, che ci siamo spontaneamente e generosamente messi sotto la protezione del vessillo inglese, preteso segnacolo di libertà e di giustizia, solo noi, dico, ci dibattiamo ancora, con dolore e con terrore, fra le domande e i dinieghi di quei diritti fondamentali che formano il patrimonio più bello e più prezioso delle nazioni avanzate sulla via luminosa del civile progresso.


    Ma li conosce questi fatti dolorosi il popolo italiano? Li conosce l’on. De Marinis? Francamente non lo credo. Sappiano però e l’uno e l’altro, che noi piccoli ed inermi, siamo abbandonati soli nell’impari lotta contro il colosso britannico e che, peggio ancora, il governo italiano, col suo inconsulto attegiamento ha incoraggito l’Inghilterra a proseguire ed in fierire nella sua politica di asservimento imperialistico – politica soffocatrice dei sentimenti più puri dell’umanità e dei diritti più elementari dei popoli.

    Eppure, noi non abbiamo mai chiesto e non chiediamo all’Italia, nulla di eccessivo: non domandiamo, e, per fortuna nostra, non ne abbiamo bisogno, alcun aiuto materiale: vogliamo solo un solido appogio morale. Non vogliamo chiassate banali che compromettano la serietà della nostra causa, ma non vogliamo nemmeno che il silenzio attuale suoni come compressione dell’anima italiana e lasci indisturbati nella timidezza codarda i rappresentati del paese e avvivi di nuova inspirate a schietti sensi di patriottismo vigoroso e coscente e non a secondi fini partigiani o a smania morbosa di commovimenti infecondi; non vogliamo che dei deputati – tipo De Marinis – cantino rassegnati i salmi lamentevoli di Geremia e inaffino la nostra bell’isola verde con le legendarie lacrime di coccodrillo; ma domandiamo invece, che una voce schietta e sincera si levi dal Parlamento italianon per riconoscere lealmente gli errori del passato e propugnare coraggiosamente i nostri diritti di fronte all’Inghilterra, che offende la civiltà secolare e la tradizione umanistica della nostra patria, costituiscono la essenza più viva e feconda del nostro organismo morale e civile. Vogliamo, in breve, che al silenzio umiliante e all’attegiamento rovinoso dell’governo italiano si opponga l’operosità feconda del popolo, perchè il silenzio dell’uno e la parola dell’altro diano alla nazione cosidetta amica, la misura approssimativadel risentimento nazionale.

    Queste nostre modeste pretese i fratelli italiani dovrebbero accogliere ed attuare con fervida simpatia se avessero la coscienza della loro missione, l’attacamento alla lingua degli avi e la preoccupazione gelosa del loro onore e della loro dignità nel consorzio dei popoli.

    Invece no: ecco il contrasto. Quando i tristi eroi del goliardismo teutonico, dalla faccia cincischiata a colpi di Rapier e dal cervello annebiato fra le ebrezze facchinesche dei Kommiers, tentano di soffocare coll’aggressione violenta e piazzaiuola il buon diritto dei fratelli irredenti, l’Italia popolare scatta a tuonare alta e solenne la voce della protesta impetuosa. E non io certamente negherò la santità del grido di dolore di un popolo che vede astosiamente violato da un nazionalismo gretto e sopraffattore il diritto delle genti; la nobilità del moto di indignazione di un paese che si vede, senza ragione, ferito nel più delicato degli affetti: quello che lo lega alla lingua materna, simbolo primo e sovra a tutti caro dell’unità e della fratellanza patria.

    Ma se gli italiani sentissero realmente la solidarietà con tutti i fratelli perseguitati dovrebbero ricordaris che nel lembo opposto alla patria, si combatte da molti anni, con nobilità somma di sacrificio pertinace, per la causa medesima a cui le terre irredente intendono con tutta l’energia del loro sentimento di italianità. Da noi, il partito nazionalista – dico partito, ma è tutta la coscienza maltese – fra gli ultimi sforzi di resistenza disperatat contro le imposizioni del governo imperiale che, sopressi i pochi residui di autonomina amministrativa, tenta ogni mezzo per inglesizzarci definittivamente con una guerra assidua contro la nostra lingua, i nostri ordinamenti, le nostre tradizioni storiche.

    Perchè anche per noi l’Italia non si commuove? Forse onde mediterranee intercettano colla loro distesa ogni corrispondenza di simpatia fra l’isola bella sperduta nel mare e la madre patria, soffocando nei loro fremiti spumosi ogni palpito di affetto per noi che combattiamo l’ultima battaglia senza aiuto e senza speranza?

    Il perchè non voglio indagarlo.Mi basta ricordare all’Italia che altri Italiani combattono e soffrono sotto la verga dell’opressione, solo perchè sono italiani. Un sentimento medesimo, libero daall’influenza di appetiti politici, guidi generosamente a rivolgere una parola a tutti i fratelli co’piti. Si protesti, e fortemente, contro le forze austriache ma non si dimentichano quelle britanniche. Solo così sarà completa l’effusione del latin cuore gentile nel culto vivo e sereno della solidrietà nazionale.

    Roma, 8 giugno 1909
    Enrico Mizzi

    Mi scuso in anticipo per l'enorme Off-Topic ma non ho trovato i tag dello spoiler.
     
  12. Sagitter

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    meno male che c'è solctis...
     
  13. ange2222

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    jien laghbt kontrih u bhala MALTI vera nixtieq li jarah jasal ghax huwa zgur xi haga sabiha ghall-isport Malti kollu.

    Biss bhala xi hadd li xi naqra nifhme fil-basketball nghid li fadallu hafna xjimpruvja ghalkemm jidher li hemm hafna affarijiet importanti diga qeghdin hemm liktar fosthom id-dedikazzjoni u l-imhabba ghall-loghba. Prosit Samuel u j'alla tasal fejn tixtieq!
     
  14. Solctis

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    Non capisco come mai noi italiani siamo sempre pronti a sputare su noi stessi e la nostra storia mentre gli altri sta strana tendenza masochistica non l'hanno sviluppata.
    Fammi dire che la lingua maltese ( di cui sopra una semplice prova) ha subito una volontaria e selvaggia opera di arabizzazione (al pari dell'istro-romeno in Istria), da parte degli inglesi (democraticissimi e paladini della libertà) al fine di piegare ogni tipo di ribellione e resistenza autonoma da parte dei nostri fratelli maltesi ad un'oppressione senza precedenti (leggi deportazione dei dissidenti in uganda) che aveva il fine di sradicare l'italianità di un popolo come quello maltese che condivideva con noi storia,lingua,cultura,tradizioni.
    Non capisco perchè le "resistenze" sono buone solo se sono rosse ed internazionaliste...
    :facepalm:
    P.S. Se ti interessa ti faccio parlare con un ragazzo maltese di un villaggio vicino Gozo, così l'ironia la fai con lui che la vive la "democrazia lasciata dagli inglesi" in nome della "libertà dei popoli".
    Saluti cordiali
    P.P.S. Scusate prometto che non vado più off topic.
     
  15. ange2222

    ange2222

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    io non faccio ironia,
    ho solo copiato e incollato un testo in lingua maltese, mi sembra chiaro che non è una lingua romanza;
    non mi sembra di aver ma difeso il colonialismo inglese;
    i maltesi sono indipendenti e si autogovernano, ovviamente nessun sistema statale è perfetto (scusa, il fascismo lo era);
    cosa centra l'istro-romeno?
    sputare sullan nostra storia? io la chiamo critica/autocritica cose che il fascimo o sa neanche dove stanno di casa
     
  16. Mimmmo

    Mimmmo Banned

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    Bè questo lo ritengo un pregiudizio.
     
  17. Solctis

    Solctis

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    Be io l'ho avvertita come una sottile presa per i fondelli di un problema che ha visto morire gente nei campi di rieducazione inglesi; ma evidentemente ripeto, se non avevano la stella rossa sul berretto erano dissidenti di serie B.
    Tu avrai pure copiato ed incollato un testo in lingua maltese, ma forse ti dimentichi che dietro a questa situazione di fatto si nasconda una vera e propria persecuzione dell'italofonia e della cultura italiana a Malta da parte degli inglesi.
    I maltesi sono indipendenti ma purtroppo hanno ancora nelle loro isole gente che glorifica chi di fatto ne ha arabizzato la cultura e imbastardito la lingua (scusa il termine).
    L'istro-romeno centra perchè similarmente a quanto fatto dagli inglesi a Malta con l'italiano (ops scusa erano tutti fascisti i maltesi, quindi non avevano diritto a difendere una lingua "fascista" che conservavano da una paio di secoli altrettanto "fascisti"; è sicuramente un complotto "fascista" questo!), stessa sorte ebbero le minoranze istro-romene in jugoslavia, assorbite nel giro di poco tempo dal mare slavo (pardon anche loro erano fascisti, lo meritavano in fondo!).
    Tu non fai autocritica, fai solo critica, ma verso tutto ciò che percepisci come italiano-nazionalista e confusamente fascista.
    1° errore, insinui (più o meno velatamente) che io sia un filo/neo-fascista, cosa che non sono.
    2° errore, parli di autocritica e di riempi la bocca con il fascismo dimenticando che i compagni fino al 1990 non sapevano nemmeno cercarla sta parola sul dizionario. Le medaglie hanno sempre due facce.
    3°errore, condanni a priori come fasciste, cose che non lo sono, esci dagli schemini fasci vs zecche, i primi ad essertene grati saranno le stesse persone che ti stanno attorno.
    Errore mio; personalmente non volevo far degenerare la discussione, ma solo cercare di dare una stoccata per una discussione intelligente, cosa che evidentemente non si può fare con questo clima da guerra civile. CHIUDO qui l'off topic ed eviterò di rispondere ancora; se si vuole continuare apri un'altra discussione in merito a Malta.
     
  18. ange2222

    ange2222

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    chiudo l'OT e mi scuso con gli utenti,

    riguardo al contenuto dell'OT ne discutiamo da un'altra parte.
     
  19. patton87

    patton87

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    Mi intrometto anche io in questa discussione. E si i partigiani provocano molte perplessità anche a me. In africa han creato non pochi problemi, ma nella zona araba, nell'africa nera invece eran molto più docili.

    L'italianità di Malta si potrebbe definire pari a quella della Sardegna. Ho usato il condizionale perchè bisogna tenr conto di alcuni fattori, la Sardegna non solo ha fatto parte per oltre 150 anni dello Stato Italiano ma da qui è partita la riunificazione, mentre Malta è stata sottoposta ad un benevolo conquistatore che gli ha riservato varie concessioni.

    Ma le perplessità più grandi me le provocano el province che risultano nazionali a più nazioni. Prendete esempio della Bulgaria che si estendera su vari territori Jugoslavi e greci, e lì il dissenso si annulla.. vi pare possibile? Poi il Giappone è possibile che vede come province nazionali quelle della Corea? Gli Usa Panama, gli inglesi coem avete detto l'India, Malta e Gibilterra... Invece per le province dalmate è stat fatta una piccola semplificazione necessaria. Infatti l'italia riconosce come nazionali solo i centri urbani sulla costa, mentre il circondario era a nazionalità slava ed assolutamente non nazionale italiano. Questa la si può concedere, anche se diventa un pò problematica una cosa. Fiume (nel gioco Rijeka) era città sotto sovranità italiana, ma qui la trovate jugoslava, come realmente era solo la zona circostante
     
  20. ange2222

    ange2222

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    HOI2 non può essere una ricostruzione storica precisa, però ci sono in effetti aree in cui ci furono fenomeni resistenziali molto importanti che vengono trascurati:
    - Etiopia
    - India
    - Sud Est Asiatico (colonie francesi, inglesi e olandesi)
    - Filippine

    giocando una partita con gli inglesi mi sono potuto permettere di sguarnire l'India per concentrare le truppe prima in Africa e poi contro il giappone, nella realtà mi sarei trovato l'India indipendente in poco tempo.
     

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