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Crimini Italiani : Africa e Balcani

Discussione in 'Età Contemporanea' iniziata da PanzerAlex, 3 Settembre 2009.

  1. ange2222

    ange2222

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    Uno dei motivi per cui i crimini italiani furono "coperti" è ovviamente il salto della quaglia di una parte della classe dirigente che diventò poi, in funzione antisovietica, strettamente filoamericana. Badoglio è l'emblema di quella classe dirigente.

    Paragone facile: la Spagna che passa dall'amicizia con l'Asse a quella con gli USA senza grossi problema e senza versare lacrime.
     
  2. uriel1987

    uriel1987

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    Sono d'accordo al 100%, non vedo come si possa giustificare questa o quella ideologia/nazione.
    Cosa è per voi un crimine? Per me è fare del male ad altri esseri umani, e TUTTE le nazioni dell'epoca lo hanno fatto, e molte ideologie promuovevano l'oppressione verso altri,
    Se volete cercare "la meno peggio" non guardate gli Italiani o gli Inglesi, guardate le nazioni che sono intelligentemente rimaste fuori da ogni conflitto armato per secoli.

    La guerra è pura violenza e sopraffazione che genera inevitabilmente altra violenza e tira fuori il peggio da chi la fa e chi la subisce!

    Dovremmo evolverci, cercare di superare modi di vedere primitivi e vecchie ideologie che si sono rivelate inadatte alla prova dei fatti. Superare in genere la violenza, che fa male non solo a chi la subisce ma anche a chi la fa

    Anche cercando di vederla da un punto di vista pragmatico, fregandosene di tutto il dolore che causa una guerra, non solo tra gli occupati ma anche tra le forze di occupazione, si è visto che la guerra e l'occupazione militare non "pagano" più, e in genere si preferiscono forme di sfruttamento economico. Basti vedere i costi allucinanti delle nostre avventure coloniali comparate ai guadagni (miseri a dir poco) o gli Usa di adesso, che stanno affogando nei debiti a causa delle loro guerre, nonostante i posti che hanno conquistato abbiano un'alto valore economico/strategico.

    Tornando sui nostri crimini di guerra, bè ci sono stati, tanti e anche particolarmente sadici, e giustificarsi dicendo che gli altri fanno peggio o gli slavi cattivi ci cavavano gli occhi mi pare infantile.
    E se è vero che il colonialismo Italiano è cominciato prima del fascismo, nel ventennio fascista c'è una notevole accellerazione sia delle conquiste che delle atrocità.

    Del resto Mussolini voleva fondare un nuovo impero Romano, e questo già la dice lunga sul grado di avanzamento civile e umano del Regime.
     
  3. tinto

    tinto

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    SECONDO ME STATE PERDENDO DI VISTA LA COSA PIU IPORTANTE!!!!

    Il problema non è stabiire chi fosse più o meno crudele in guerra, tutti gli eserciti del mondo commettono atrocità quando li si lascia a briglia sciolta, l'adrenalina in azione sale alle stelle e le persone più sadiche danno sfogo alle loro più orrende pulsioni. Anche le civiltà progredit del XXI° secolocommettono barbarie vedi abugraib, vedi le torture fatte dai parà della folgore ai prigioniri somali nel 1992 (collegavano i testicoli alla dinamo del telefono da campo).

    LA COSA PIU GRAVE E CHE NON SE NE DEVE PARLARE

    non bisogna sfatare il mito del buon soldato italiano, allora interviene la DIGOS a impedire la proiezione del film IL LEONE DEL DESERTO impedendone ancora oggi la distribuzione in italia, io l'ho visto e non ci ho trovato nulla di vilipendioso... eppure sono 20 anni che porto le stellette, inoltre sfogliando un album della campagna di etiopia del mio vecchio reggimento posso dichiarare di ver visto le foto dei soldati italiani in posa con cadaveri di etiopi o con parti di cadavere usati come trofei di caccia, ciò dimostra che anche il soldato italiano fa parte del genere umano e si comporta come tutti i suoi simili.

    L'unica distinzione che si può fare a danno dei tedeschi e quello della loro organizzazione maniacale che applicata alle atrocità umane ha prodotto un sistema di epurazione di massa catena di montaggio capace di fare milioni di vittime...
     
  4. agent_45

    agent_45 Guest

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    LA GUERRA D’ETIOPIA E “I GAS DI MUSSOLINI”
    di Filippo Giannini


    Prima osservazione: il sistema perverso nato nel dopoguerra approfitta dell’ignoranza storica degli italiani per propinare loro una storia mai esistita, con lo scopo di salvaguardare il proprio tornaconto di casta, basato sulla truffa, sul ladrocinio e, soprattutto, sulla menzogna. A questo scopo – passo quindi alla seconda osservazione – dato che qualsiasi confronto SERIO fra l’attuale sistema e quello dell’infausto, deprecabile Ventennio risulterebbe deleterio per gli attuali vermetti-furbetti, i quali possedendo democraticamente tutta l’informazione, possono artatamente plasmare la storia a proprio uso e consumo. D’altra parte, avendo battezzato l’adorabile tiranno (da una espressione di Bernard Shaw) con l’espressione, di male assoluto, espressione mai sufficientemente indicata come cretinissima, ebbene che male assoluto sarebbe se la sua attività di governo non venisse accompagnata da una serie senza fine di malefatte, di trivialità, di oscenità e chi più ne ha più ne metta, sino al punto (non davvero ultimo) che su Focus di un paio di anni fa, una giornalista fece una scoperta sensazionale: Mussolini portava le mutande foderate di pelo di coniglio perché aveva il pene freddo.
    Torniamo al soggetto dell’articolo ricordando che questo argomento fu da me trattato già qualche tempo fa.

    Allora, gli italiani nella guerra etiopica usarono o no i gas asfissianti? Prima di entrare nel merito sarà bene ricordare che quando l’Italia affrontò quell’impresa, Francia e Inghilterra profetizzarono che, qualora il nostro Paese fosse riuscito a vincere quella guerra, questa sarebbe durata non meno di cinque anni e con perdite inimmaginabili. Grande fu lo scorno della “Perfida Albione” allorquando quel conflitto si risolse per noi vittoriosamente in una manciata di mesi. Ecco allora venir fuori il motivo: “Hanno vinto perché usarono i gas asfissianti”. E’ sempre difficile tentare di confutare certi argomenti, quelli cioé che riguardano “il feroce volto del fascismo”, il minimo che può capitare al malcapitato che si dovesse avventurare nell’impresa sarebbe quella di essere marchiato di “revisionismo”, il che equivale ad una infamia.
    In occasione del cinquantenario dell’impresa etiopica ed esattamente il 3 ottobre 1985, il primo canale televisivo della RAI, mandò in onda una trasmissione che doveva essere rievocativa e la direzione fu affidata ad Angelo Del Boca. Come è ormai uso in casi del genere, il programma “non prevedeva” alcuna controparte e, di conseguenza, lascio al lettore stabilire il livello di quello che doveva essere una tale ricostruzione storica.
    Angelo Del Boca, è l’autore del volume “I gas di Mussolini” e non centellina le accuse di “brutalità” e “la ferocia del tiranno” a danno di quell’infelice Paese: l’Etiopia.
    Per inquadrare il grado di attendibilità dell’Autore, trascrivo quanto ha riportato a pagina 45 del libro in questione: <Montanelli ad esempio ha finalmente (?) ammesso l’impiego dei gas in Etiopia (...)>. E’ oltremodo strano che uno “storico”, fornito di ampia documentazione, senta la necessità di ricevere approvazione alle sue tesi da parte di un giornalista anche se del prestigio di Indro Montanelli. Nella realtà il De Boca asserisce una grossa inesattezza; infatti Montanelli in data 12 gennaio 1996 su “Il Messaggero” ribadisce: <Se la guerra a cui ho partecipato corrisponde a questi connotati, vuol dire che io ne ho fatta un’altra. Che non c’ero. Ma quali gas?>. Alla domanda: <Lei continua a non credere nei gas?> Montanelli rispose: <Vorrebbe dire che ero cieco, sordo, imbecille. No, guardi di quelle cose non c’era traccia. Una cosa sono le carte, che possono anche essere scritte per la circostanza, un’altra le testimonianze vissute>.
    Prima di passare alle “testimonianze vissute”, per inquadrare nel suo insieme quanto si sta trattando, è interessante riportare:
    a) un altro passo del volume in questione, dove l’Autore attesta: <Il mio lavoro vuol essere una sorta di deterrente contro i fantasmi del passato (...)>. Non è certamente una garanzia di indipendenza di giudizio questa dichiarazione: un ricercatore non può scrivere “contro qualcosa o qualcuno”;
    b) una precisazione del De Boca che attesta che i bombardamenti chimici continuarono fino al ‘39, nella fase di ‘pacificazione’ delle colonie conquistate. Precisa lo ‘storico’: <Non ho dubbio alcuno e i documenti comprovano che sulla testa degli etiopici il regime (!) scaricò dalle 2000 alle 2500 bombe per complessive 500 tonnellate di aggressivi chimici. Questo è stato il nostro regalo. Sono cifre assodate>. I “documenti” a cui Del Boca fa riferimento sono noti da diversi anni, ma quel che non è noto è la conseguenzialitità con cui si giunse a quei “documenti”, non la loro reale autenticità, e attesto questo perché da troppi anni, per motivi che nulla hanno a che vedere con la Storia, troppi falsi hanno circondato gli avvenimenti di “quei” venti anni. E passiamo alle “testimonianze vissute”.
    Pietro Romano, “Il Giornale” del 18/2/96: <All’epoca ero un semplice gregario del gruppo Diamanti. Poiché il mio reparto, come è risaputo, operò sempre in avanguardia nel Tigrai e altrove, nessuno dei suoi gregari sarebbe sfuggito alle contaminazioni, se fossero stati usati i gas (...). Posso assicurare che i gas non furono mai usati>. Il Colonnello Giuseppe Spelorzo in data 18/3/96 mi ha, fra l’altro, scritto: <Ho la buona sensazione che il Sig.... e gli altri cretinissimi italiani ne sappiano molto meno di me. Già, io ho avuto la ventura di percorrere tutto l’Impero A.O.I. (...) mai sentito parlare di gas (...)>. Sempre il Colonnello Spelorzo, ma in data 12/6 ha ribadito: <I gas! Nessun militare del nostro esercito conquistatore era dotato di maschere antigas! Ne sono testimone vivente: sbarcato a Mogadiscio il 24 giugno 1935, rimbarcato a Massaua il 28 marzo 1938!>. Uno dei punti nodali è “la maschera antigas”. Nessuno, per quanto ne sappia, ha mai accennato che il nostro contingente avesse in dotazione quel tipo di protezione; infatti se il vento avesse cambiato improvvisamente direzione (e in quelle latitudini la cosa era più che probabile), l’iprite avrebbe investito coloro che l’avevano lanciata e disporre della “maschera” doveva essere il minimo della prevenzione. Segue l’interessante dichiarazione del Sig. Giovanni De Simone su “Il Giornale d’Italia” del 23 marzo 1996:<(...) In A.O.I. non vennero usati i gas. Se così non fosse io sarei stato il primo a saperlo prestando servizio al Sim ove giungevano decrittati tutti i messaggi della intera rete radio del nemico captati dal “Centro intercettazioni” di Forte Bracci; un vero libro aperto per noi in possesso di “decifratore”. Mai rilevata una parola sui gas>
    E ancora “Il Giornale d’Italia” del 29/4/96, il Sig. Giulio Del Rosso testimonia: <Posso tranquillamente affermare che nel settore del fronte etiopico, dal fiume Mareb, confine fra l’Eritrea e l’Etiopia, fino al Lago Tana (oltre 1000 Km. pedibus calcantibus) ove ha operato il VI° Corpo d’Armata, comandato dal generale Babbini e del quale faceva parte il mio reparto, non sono mai stati impiegati gas tossici. Avevo raggiunto, io, Addis Abeba dopo le ostilità ed avevo avuto l’occasione di contatti con commilitoni provenienti da altri fronti e da altre località ove si susseguirono battaglie cruente e sanguinose, non ho mai sentito la parola ‘gas’ (...). Altra perla, me la riferì una graziosa francesina incontrata a Firenze nel ‘37, secondo la quale giornali francesi ed inglesi riportavano che noi Cc.Nn. avremmo mangiato a colazione bambini abissini>.
    Lo stesso Winston Churchill nella sua “La Seconda Guerra Mondiale”, a pag. 210, esclude l’uso dei gas nei seguenti termini: <I gas asfissianti sebbene di sicuro effetto contro gli indigeni non avrebbero certo accresciuto prestigio al nome d’Italia nel mondo>.
    Vittorio Mussolini che all’epoca era al comando di una squadriglia di bombardieri mi disse: <Mai usati i gas. E noi dell’aeronautica che avremmo dovuto trasportarli e sganciarli, dovevamo pur esserne a conoscenza>. Non so se il Del Boca, nel suo libro, ha ricordato che ai prigionieri caduti in mano abissina venivano riservati trattamenti diabolici: l’evirazione era la norma comune.
    Non è male ricordare un fatto che traumatizzò l’opinione pubblica nazionale:
    il 13 febbraio 1936 a Mai Lahlà operava, ubicato imprudentemente oltre il Mareb, un cantiere Gondrand. Su questo opificio piombò una banda di 2000 guerriglieri abissini al comando del Ras Immirù, che dopo aver ucciso in modo atroce tutti gli operai, torturarono, come sapevano far loro, l’ingegnere milanese Cesare Rocca fino ad ucciderlo. Violentarono ripetutamente la moglie Lidia Maffioli e, prima di finirla, le misero in bocca i testicoli del marito. Nel caso del genere, contro gli autori di simili misfatti, l’uso dei gas sarebbe stato più che motivato. Le Convenzioni de l’Aja e di Ginevra tra l’altro stabilivano: <(...) La rappresaglia è, cioé, un atto di violenza isolata nel tempo e nello spazio, avente lo scopo di imporre il rispetto del diritto in relazione ad una violazione subita>. E ancor più chiaramente precisavano: <La scelta delle misure da infliggere spetta allo Stato offeso. Questo, però, prima di passare all’azione, deve assicurarsi che l’offensore non voglia o non possa riparare il danno>. Questi episodi (che poi non erano tali, ma la norma), non erano “propaganda fascista”, ciò è dimostrato dal fatto che vennero denunciati anche dai Governi pre-fascisti, in occasione delle disastrose spedizioni effettuate in quel periodo e in quelle località. In merito a quegli avvenimenti accaduti alla fine del XIX secolo, il Del Boca attesta: <E Se la prima guerra d’Africa fu condotta in maniera cavalleresca, quella intrapresa dal fascismo fu invece di sterminio (!) e di sopraffazione>. Non so se queste dichiarazioni possono essere tacciate di impudenza o di cos’altro; infatti evirare i prigionieri e sotterrarli vivi (notizie di fonte inglese) era una “maniera cavalleresca” di condurre la guerra. Altra testimonianza interessante è quella dello storico scozzese Denis M. Smith, non certo sospetto di nutrire simpatie per il regime mussoliniano, esprime uguali perplessità; nella sua biografia su “Mussolini” riconosce che: <L’impiego dei gas è forse un fatto meno rilevante dei grandi sforzi prodigati per celarlo (...) contrastava con la missione civilizzatrice (...) e la vittoria con atrocità illegali avrebbe danneggiato il prestigio fascista>.
    Ugualmente interessante è quanto ha scritto il signor Francesco Deosanti (“Giornale d’Italia” dell’1/4/96): <Da metà febbraio 1935 a metà giugno 1936, fui sottufficiale in servizio presso la Capitaneria di Porto di Massaua (...), non dimenticherò mai quella mattina, credo di febbraio 1936, quando registrai un piroscafo di 500/600 tonnellate con un carico di 25 tonnellate di ‘iprite’ (...)> Il Sig. Deosanti così continua: <Ho conosciuto recentemente un ex sottufficiale del Genio, che faceva parte della Colonna Graziani da Belet Ven (in Somalia) ad Addis Abeba, che mi ha detto: “Non ho mai sentito parlare di gas”>. Che una nave trasporti ‘iprite’ non prova che quel gas sia stato usato per scopi bellici. Infatti, durante la Seconda Guerra Mondiale e precisamente dopo l’8 settembre 1943, alcuni bombardieri tedeschi colpirono delle navi alleate alla fonda nel porto di Bari. Una di queste trasportava un gas venefico, probabilmente ‘iprite’. La nave, centrata da una bomba, si incendiò diffondendo il gas letale nel centro abitato che causò centinaia di morti. Ancor oggi il fatto è accuratamente celato, anche se tanti fusti di quel pericoloso gas giacciono, tutt’ora, nel fondale Adriatico. Una nave alleata trasportava ‘iprite’ e nessuno ha mai accusato gli alleati di averlo usato per fini contrari alle Convenzioni Internazionali. Per concludere. Nel compilare questo articolo contattai il generale Angelo Bastiani, presidente del gruppo Medaglie d’Oro, recentemente scomparso. Alla mia domanda, sdegnato mi rispose: <E’ una vigliaccata, rieccoci con le carognate. Io e i miei indigeni eravamo le avanguardie di ogni assalto, ci avrebbero almeno dato le maschere antigas. Alla battaglia conclusiva di Maiceo, al lago Ashraghi, quella a cui partecipò anche il Negus; perché lui che ne avrebbe avuto tutto l’interesse mai disse che lo combattemmo coi gas?>.
    Giro le domande: 1) perché nessun milite italiano fu mai fornito di maschere antigas? 2) Perché il Negus, benché fosse di casa alla Società delle Nazioni, mai denunciò l’uso di ‘armi illegali’ da parte degli italiani?
    Proverò a dare io stesso una risposta: qualora i gas fossero stati usati, in ogni caso per motivi di rappresaglia che, come ho scritto era un atto previsto dalle Convenzioni Internazionali, il Negus avrebbe dovuto riconoscere i casi del cantiere Gondrand, le torture al tenente pilota Minniti, l’uso delle pallottole dum-dum e tanti altri casi che in questa sede sono stati omessi.

    Mussolini peraltro volle regolare personalmente il ricorso ad aggressivi chimici autorizzandoli, ove ritenuto indispendsabile per risolvere una situazione contingente o per concludere rapidamente una determinata operazione, oppure vietandolsi se suggerito o imposto da motivi di politica internazionale.
    [...] In dfeinitiva, una volta ricevuta la copertura politica Badoglio e Graziani trovarono più che naturale adoperare anche i gas, laddove, secondo la loro valutazione, richiesto dalle circostanze.
    [...] Per Graziani , che adoperò insieme bombe all'iprite ed al fosfogene per incidere sulla resistenza nemica prima ancora di attaccare, e quindi esclusivamente in campo tattico.

    Mussolini peraltro volle regolare personalmente il ricorso ad aggressivi chimici autorizzandoli, ove ritenuto indispendsabile per risolvere una situazione contingente o per concludere rapidamente una determinata operazione, oppure vietandolsi se suggerito o imposto da motivi di politica internazionale.
    [...] In dfeinitiva, una volta ricevuta la copertura politica Badoglio e Graziani trovarono più che naturale adoperare anche i gas, laddove, secondo la loro valutazione, richiesto dalle circostanze.
    [...] Per Graziani , che adoperò insieme bombe all'iprite ed al fosfogene per incidere sulla resistenza nemica prima ancora di attaccare, e quindi esclusivamente in campo tattico.
     
  5. agent_45

    agent_45 Guest

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    Mussolini peraltro volle regolare personalmente il ricorso ad aggressivi chimici autorizzandoli, ove ritenuto indispendsabile per risolvere una situazione contingente o per concludere rapidamente una determinata operazione, oppure vietandolsi se suggerito o imposto da motivi di politica internazionale.
    [...] In dfeinitiva, una volta ricevuta la copertura politica Badoglio e Graziani trovarono più che naturale adoperare anche i gas, laddove, secondo la loro valutazione, richiesto dalle circostanze.
    [...] Per Graziani , che adoperò insieme bombe all'iprite ed al fosfogene per incidere sulla resistenza nemica prima ancora di attaccare, e quindi esclusivamente in campo tattico.

    L'utilizzo dei gas era stato preventivato da Mussolini e i generali, perchè l'Etiopia quando scoppiò la guerra aveva non aveva firmato la convenzione su questo tipo di armi del 1925, quindi gli italiani pensarono bene di approfittanre.

    Questo articolo è dedicato all’ex fascista (era iscritto ai GUF – Gruppi Universitari Fascisti), poi ex comunista di fede stalinista, oggi Presidente della Repubblica democratica degli itaglyoti; il suo nome? Giorgio Napolitano. Questo gioiello dell’itaglyota gens, ha sentenziato che il fascismo ha provocato molto dolore nel popolo sloveno e alla minoranza slovena in Italia durante l’occupazione militare nella Seconda Guerra Mondiale.
    Questa dichiarazione, ovviamente, tende a giustificare il massacro per foiba.
    Genti istriane, giuliane e dalmate, che tanto dolore avete procurato agli sloveni, NON DIMENTICATE!
    ******
    Ritengo opportuno iniziare questa contestazione riportando una dichiarazione di Francesco Saverio Nitti, costituzionalista, dichiarazione pronunciata il 27 luglio 1947, all’Assemblea Costituente (quindi in piena febbre antifascista): <Ho letto troppo spesso anche nei nostri giornali, e leggo ancora giudizi, che mi sembrano non solo falsi, ma anche inabili, che fanno cadere sull'Italia la respon¬sabilità della guerra mondiale, dicendo che è dovuta al fascismo. Non sono convinto che noi abbiamo seguito la buona via e nem¬meno la vera, quando nella lotta contro il fascismo abbiamo detto e diciamo, come ora, che la guerra è una conseguenza del fasci¬smo, e che il fascismo è stato soltanto fenomeno italiano. Vi sono state cause ben più profonde. Per nuocere al fascismo, noi abbia¬mo fatto cosa pessima a danno dell'Italia. La cosa più semplice per tutti coloro che odiarono il fascismo e per i pochissimi che ne avevano subito le persecuzioni era di insultare il fascismo e di attribuirgli colpe che non aveva>.

    Ciò premesso, passo all’articolo.

    VERITA’ DI COMODO DEI SOLITI NOTI
    di Filippo Giannini

    Da tempo questo giornale ricorda la tragedia vissuta da tanti italiani dell’Istria e della Dalmazia. Ne approfitto per portare la “mia piccola pietra” che valga ad alimentare un ricordo e a denunciare una delle tante contraffazioni storiche.
    Qualche tempo fa un lettore scrisse al giornale col quale collaboravo affermando che nel 1942, per ordine di Mussolini <su un’isola prospiciente Fiume, furono fatti morire di fame 30 mila donne e bambini>. Questa notizia, a detta del lettore, fu riportata da una delle tante riviste che illuminano di verità storiche il nostro Paese.
    Risposi che se fosse stato in grado di documentare l’asserto, avrei rivisto completamente la mia opinione su Mussolini. Lo stesso lettore fino ad ora non ha fornito quanto richiesto, né mai sarà in grado di farlo, tanto grossolana è la menzogna.
    Dato, però, che Eraclito ammonisce <Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti> e dato che la fantasia e le favole possono anche poggiare su una base di verità, la curiosità di modesto ricercatore, mi spinse ad indagare.
    Dopo una breve visita all’Archivio dello Stato Maggiore Esercito, chiesi un incontro ad uno dei più validi studiosi del vicende dalmate, l’avvocato Oddone Talpo (purtroppo da tempo scomparso), autore della monumentale opera “Dalmazia – Una cronaca per la storia”. Le notizie da me raccolte dalle due fonti confermano quel che mi attendevo: quanto scritto dal lettore in questione, non solo è completamente falso, ma rappresenta addirittura un capovolgimento della realtà.
    Inizio precisando che “l’isola prospiciente Fiume”, della quale si è accennato, era Arbe, oggi Rab.
    Per la precisione storica, non è male rammentare che la Jugoslavia, concepita come Nazione, a tavolino, durante la conferenza della Pace del 1919 a Versailles, con chiaro intento anti-italiano, era composta da 14 etnie diverse e numerose minoranze, nonché da quattro antitetiche religioni. Ogni etnia e minoranza viveva (e vive) cementata dall’odio contro tutte le altre: cosicché da secoli quelle terre conobbero stragi di inusitata barbarie che portarono alla decimazione dell’etnia soccombente per opera di quella vincente, stragi oggi meglio conosciute come “pulizia etnica”.
    Non è il caso, in questa sede di riportare i motivi per i quali l’Asse il 6 aprile 1941 invase la Jugoslavia, il cui esercito fu annientato in sole due settimane. Immediatamente si palesò l’impossibilità di portare la pace fra quei popoli così diversi gli uni dagli altri.
    Sin dai primi giorni dell’occupazione varie bande slave locali erano più impegnate a sterminarsi fra loro che ad affrontare le forze occupanti. Cosicché la nostra 2° Armata – accolta con favore dalla popolazione civile – fu impiegata a frapporsi fra le varie bande onde evitare il compiersi di stragi. Poi vennero a formarsi le bande comuniste di Tito, foraggiate dall’Unione Sovietica obbedienti (in quel momento) agli ordini di Stalin.
    Per cercare di pacificare quelle terre, il 7 giugno 1941 Mussolini nominò Giuseppe Bastianini (che si era già dimostrato valente diplomatico) Governatore della Dalmazia. Egli constatò immediatamente che la situazione era molto complessa: anche perché si trattava di governare un territorio che aveva per confinante l’”alleato” Ante Pavelic, capo degli Ustascia i quali, oltre tutto, non avevano accettato di buon grado l’occupazione italiana della Dalmazia.
    Intanto le bande partigiane di Tito, dopo aver sterminato i cetnici del monarchico Mihajlovic, iniziarono una serie di azioni terroristiche contro le forze dell’Asse, ma anche contro i contadini colpevoli di non rispondere al reclutamento partigiano. <Le bande appiccano il fuoco alle case dei renitenti> annota Bastianini <Si uccidono o si prendono in ostaggio i genitori di coloro che non si presentano o lasciano il domicilio per nascondersi (…)>.
    E’ poco conosciuta una direttiva del Primo Corpo Partigiano bosniaco, emessa nel 1943: <Spesso la confisca dei beni non è una punizione sufficiente per le regioni fedeli ai cetnici. Vi sono casi in cui è necessario incendiare interi villaggi e distruggere la popolazione>. A queste azioni terroristiche rispondevano, con pari ferocia, gli Ustascia di Pavelic. Cosicché, facilitate dalla disposizione a pelle di leopardo delle varie etnie nel territorio, le stragi raramente potevano assumere una chiara connotazione di responsabilità. Serbi, croati, bosniaci, sloveni, ognuno massacrava gli altri: a Livno furono uccisi 12 cittadini, a Glivna 650, a Knin vennero impiccati tutti i quarantasette rabbini e gli ebrei superstiti della zona vennero posti in salvo dagli italiani (leggi: fascisti) con un trasferimento in Calabria. E’ inutile aggiungere che nel dopoguerra questi massacri perpetrati dagli slavi vennero addebitati alle forze dell’Asse (vedi dichiarazione di Giorgio Napolitano). La verità è completamente diversa: gli abitanti dei villaggi chiedevano la protezione delle nostre truppe. A Knin e dintorni i cittadini presentarono una petizione, con centomila firme, per chiedere l’annessione all’Italia e la cittadinanza italiana. Molti giovani del luogo si arruolarono nel Regio Esercito e molti di loro, circa un migliaio, dopo l’8 settembre 1943 continuarono la lotta antipartigiana nelle file della R.S.I..
    Verso la metà del 1941 iniziarono gli attentati contro le nostre truppe, causando decine di morti e feriti. A novembre 1942 fu effettuato un attentato che, per la sua efferatezza fu peggiore dei precedenti. Nei pressi di Capocesto (Spalato) vennero massacrati in una imboscata 21 soldati italiani (17 marinai e 4 genieri). Si può immaginare il disgusto e la rabbia che provarono i soccorritori quando, giunti sul luogo, videro i corpi dei propri camerati orrendamente straziati. Seguendo una “tecnica” prettamente slava ai morti erano stati strappati i testicoli e gli occhi e i primi erano stati inseriti nelle orbite vuote. Come reazione, che oggi possiamo definire inumana e irrazionale – ma allora comprensibile e legittimata dalle vigenti leggi di guerra – il generale Cigala Fulgosi, comandante della Piazza di Spalato, dette ordine di attaccare dal cielo e da terra Capocesto. Per il vile attentato pagò la popolazione civile che lasciò sul terreno 150 morti.
    Quando Bastianini venne a conoscenza del fatto, impartì l’ordine di soccorrere e, per quanto possibile, riparare il danno subito dalla popolazione.
    Durante la lunga lotta antipartigiana le nostre truppe catturarono migliaia di individui passibili, per le citate leggi di guerra, di essere passati all’istante per le armi. Il Tribunale Straordinario, appositamente istituito per la lotta contro i ribelli, emise solo 58 sentenze capitali, e di queste 47 eseguite. Gli altri partigiani furono inviati in appositi campi di internamento e, fra questi troviamo appunto, l’isola di Arbe alla quale il lettore aveva fatto riferimento.
    Allo scopo di evitare nuove situazioni di pericolo per i nostri soldati, per ordine di Bastianini furono internate anche le famiglie dei ribelli.
    Questi nuclei familiari vennero sistemati in baracche. Forse a causa dello scarso riscaldamento, oppure per il cibo insufficiente e non appropriato al clima, inasprito dall’imperversare della gelida bora, si verificò la perdita di 350-400 internati.
    Sulle vicende dell’isola di Arbe ha scritto Rosa Paini, ebrea, nel libro “I sentieri della speranza”. A pag. 130: <Quando nel maggio ’43 durante la visita di Himmler a Zagabria, furono deportati ad Auschwitz gli ultimi ebrei che si trovavano in mano ai tedeschi e agli ustascia. Gli italiani si rifiutarono, ancora una volta, di consegnare i loro. Anzi, per proteggerli meglio decisero di raccoglierli, quelli della Dalmazia e delle isole vicine, in una sola zona: l’isola di Arbe facente parte della provincia di Fiume>.
    Quindi nessun “massacro di donne e bambini” ordito da Mussolini, bensì un lodevole intento di salvare migliaia di vite umane.
    Gli internati ad Arbe – e in molte altre località - slavi ed ebrei, dopo l’8 settembre ’43 caddero in mano dei tedeschi e degli Ustascia e la loro sorte fu tragica.
    Ma questo è un altro discorso.
    La storia di Arbe – divenuta in serbo-croato – Rab si arricchisce di un’appendice resa nota da un documentario trasmesso dalla RAI/TV l’8 luglio 1997: a Rab, nell’immediato dopoguerra, il “lager” era diventato uno dei più famigerati campi di sterminio di Tito. Il documentario ha attestato che nell’isola transitarono 30 mila persone: di queste 4.000 vennero bruciate o massacrate, molte si suicidarono, molte altre impazzirono.
    Quella che abbiamo sinteticamente ricordato è una delle tante storie delle quali – per bassi motivi di politica – la verità è stata completamente capovolta.
    Mi riprometto di tornare sull’argomento perché su questo, c’è molto, molto, ma molto altro da aggiungere. Altro che “il fascismo ha provocato molto dolore ali sloveni”.
     
  6. andy

    andy

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    In realtà non fu a causa dell'uso del dum-dum che gli italiani usarono il gas.
    Bensì perchè oramai la guerra cominciava a costare parecchio e ,soprattutto secondo me, a causa del contrattacco sul fianco italiano (settore eritreo) del Ras Immirù.
    Poi il dum-dum in sè mi pare possa essere considerato tale anche quando si incide la pallottola per dare maggior penetrazione ,incidendo una "x"(o comunque un solco di due diagonali sul vertice appuntito della pallottola) questo riduce la velocità ma aumenta la penetrazione di lato della pallottola che è molto più instabile e che quindi "sbanda" danneggiando enormemente di più i tessutti(in quanto allarga la ferita e aumenta le probabilità di infezione,emorraggia,setticemia etc).
    Correggetemi se sbaglio :)
     
  7. ange2222

    ange2222

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  8. Caronte

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    no alla prima e alla terza; si alla seconda.
    L'uso fu fatto soprattutto in campo strategico: usare l'iprite in vicinanza dei propri soldati o con la prospettiva di un attacco a breve si traduce in mezzo esercito avvelenato. Tanto che questa fu usata su passaggi obbligati e in forma preventiva.
    non caisco quindi il senso del discorso.

    così come gli etiopi quella sul trattamento dei prigionieri di guerra, quindi pensarono bene di approfittarne. Noi pure ne approfittammo,ma questo si tende a dimentacarlo.

    prendo spunto da questo,ma è una critica un po' a diverse cose lette:
    - tragedia della charles henderson: nota e trattata in diversi articoli e su diversi giornali. Asserire che la si è voluta "nascondere" è quantomeno pretestuoso o rileva ignoranza profonda: è ovvio che su Topolino non lo trovi,ma era anche sulle pagine di Repubblica, quindi non tanto nascosta.
    - il discorso sulle dumdum è già stato fatto ed è quantomeno pretestuoso. idem con patate per le torture, su cui sarebbe meglio stare zitti visto il nostro comportamento non certo esemplare.
     
  9. ange2222

    ange2222

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    riguardo alla vicenda del porto di Bari è tutto facilmente spiegabile senza dietrologie: gli alleati portarono con se dell'iprite di cui era proibito normalmente l'uso, ma non il possesso poiché poteva essere impiegata come rappreseglia nel caso le FFAA avversarie ne avessero fatto uso. (Cosa che non fu fatta ne dagli alleati ne dall'asse).

    Quindi la detenzione era legittima.
    Itedeschi bombardarono il porto: obiettivo militare legittimo.
    La nave fu colpita e l'iprite si sparse in città uccidendo civili.

    Fu tenuto il segreto? beh mi sembra ovvio.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Bari
     
  10. Wolf

    Wolf Guest

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    ma non bisognava limare leggermente la punta dell'ogiva?:humm:
     
  11. andy

    andy

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    credo mi pare bisognasse limarla incidendo leggermente due solchi, ma ripeto ,non ne sono sicuro:)
     
  12. GyJeX

    GyJeX

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    Basta l'incisione sul piombo, oppure un buco nel centro del proiettile con un chiodo da0,3 - 0,5 profondo 0,5
     
  13. andy

    andy

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    grazie per la precisazione :)
     
  14. GyJeX

    GyJeX

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    oppure girare le palle, metterle al contrario, però bisogna avere un minimo di strumenti e di conoscenze.
     
  15. ange2222

    ange2222

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    ma un effetto simile lo produce anche un'arma che spara un proiettile di calibro inferiore a quello della bocca da fuoco (se non erro)
     

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