Lussu vs Duca d'Aosta

Discussione in 'Età Contemporanea' iniziata da ALombardi, 15 Ottobre 2007.

  1. ALombardi

    ALombardi

    Registrato:
    4 Settembre 2007
    Messaggi:
    329
    Ratings:
    +7
    Dopo la guerra il Duca fu assai esaltato dai panegiristi ufficiali, ma con l'avvento della repubblica il giudizio venne ribaltato in senso ostile ai Savoia, riprendendo le righe acide del Lussu (colui che scrisse un libro di duecento pagine di memorie di guerra senza mai citare la brigata Sassari cui apparteneva, come notò il generale Nicolò Manca[1]):

    Il Principe aveva scarse capacità militari, ma grande passione letteraria. Egli e il suo capo di stato maggiore si completavano. Uno scriveva i discorsi e l'altro li parlava. Il duca li imparava a memoria e li recitava, in forma oratoria da romano antico, con dizione impeccabile. Le grandi cerimonie, piuttosto frequenti, erano espressamente preparate per queste dimostrazioni oratorie. Disgraziatamente il capo di stato maggiore non era uno scrittore. Sicché, malgrado tutto, nella stima dell'armata, guadagnava più la memoria del generale nel recitare i discorsi che il talento del suo capo di stato maggiore nello scriverli. Il generale aveva anche una bella voce. A parte questo, egli era abbastanza impopolare[2].

    La realtà era esattamente all'opposto, poiché il Duca era popolarissimo tra i suoi soldati, tanto da venir accusato di eccessiva bontà nei confronti delle truppe.
    Del resto, con la coscienza di classe dell'alta nobiltà, egli aveva una visione delle cose assai più aperta dei generali borghesi, dimostrando una maggior considerazione dei disagi della truppa di quanta non ne avessero gli altri comandanti; scrive il Duca:

    Se vedesse che cosa è la vita in trincea: i disagi, il freddo, il fango e più di tutto terribile, la convivenza con i morti! ...Tante volte, quando la morte minaccia e io son lì con i miei ufficiali mi dico: è naturale che io e costoro, che abbiamo tradizioni e cultura, si sia preparati a morire. Passano le palle e le granate; portiamo la mano al casco e diciamo: eccomi, son qui. Ma i nostri soldati, per quale meravigliosa virtù innata, son capaci di morire così?[3].

    [1] Nicolò Manca, Da Calamosca a Calamosca. Alla ricerca di un esercito, Torino 2000 p.265.


    [2] Emilio Lussu, Un anno sull'Altipiano, Torino 1945 (nuova ed. 2000, p.13).
    Per inquadrare il personaggio Lussu, (che quando scrisse il suo libro era fuoriuscito in Francia ed aveva la penna avvelenata verso il Duca, notoriamente favorevole al Fascismo) basti ricordarne l'ego smisurato, che lo spinse a scrivere nella nota di presentazione queste incredibili parole:
    Non esistono, in Italia, come in Francia, in Germania o in Inghilterra, libri sulla guerra. E anche questo non sarebbe stato mai scritto, senza un periodo di riposo forzato.
    Clavadel- Davos, Aprile 1937.
    Tralasciando la produzione letteraria italiana (che pura aveva Monelli, Salsa, Frescura, Malaparte, Gadda, Papini, Soffici...), Lussu evidentemente si considerava su un altro livello rispetto a Ernst Jünger, Erich Maria Remarque, Ernest Hemingway, Robert Graves... i quali non fecero la Resistenza come il Lussu, pertanto nessuno si sognò mai di sottolineare la sciocchezza dell'autore sardo, intoccabile per motivi di opportunità politica. Lussu è colui che scrisse un libro di duecento pagine sulle proprie esperienze di guerra senza mai citare la brigata Sassari cui apparteneva, come detto: dunque non è un'opera storica ma un romanzo, qualsiasi cosa ne dicano gli apologeti del politico sardo, che d'altro canto inizia scrivendo che alla sua brigata appartenevano i reggimenti 399° e 400°, che ovviamente non esistevano: la Sassari era formata dal 151° - nel cui III battaglione Lussu prestò servizio- e dal 152° fanteria. Se Emilio Lussu avesse avuto intenti memorialistici non avrebbe utilizzato numeri fittizi e avrebbe citato il nome della brigata, di cui l'interventista Lussu fu ufficiale di complemento.


    [3] Cit. in Silvestri, Isonzo 1917, cit., p. 105. Che non fossero solo parole lo dimostra come seppe educare il figlio Amedeo, che, pur mortalmente malato, volle condividere la prigionia dei propri soldati in Kenia, dove morì nel campo di concentramento di Nyeri, malgrado la sua carica di Vicerè, il suo grado militare e la sua parentela con la Casa reale britannica gli dessero la possibilità di ottenere un ben diverso trattamento.
     
  2. ange2222

    ange2222

    Registrato:
    27 Dicembre 2006
    Messaggi:
    6.791
    Località:
    Brescia
    Ratings:
    +1

    Puoi pensare quello che vuoi di Lussu o del duca d'Aosta, però l'ultima nota mi sembra una sciocchezza.
    Usare il comportamento del figlio per difendere le virtù militari del padre è parecchoi fuori luogo.

    PS: c'è una figura storica che abbia fatto la Resistenza che non ti stia sui maroni? :D
     
  3. Solctis

    Solctis

    Registrato:
    24 Giugno 2007
    Messaggi:
    1.245
    Località:
    Regio IX Liguria. Dal Varo al Magra
    Ratings:
    +0
    La Osoppo.:approved:
     
  4. ALombardi

    ALombardi

    Registrato:
    4 Settembre 2007
    Messaggi:
    329
    Ratings:
    +7
    Il testo riportato non è mio (vedi altro topic, quello su italiani secondo inglesi)

    La nota dice quello che vi è scritto, non difende nulla.

    Le virtù militari del Duca d'Aosta sono difese dai suoi risultati (apro topic)

    A me sta sulle scatole molta gente (alla Céline, direi), ma a prescindere da quello che è il mio parere, le mie affermazioni tentano di essere documentate (più fonti). Almeno ci provo. Al contrario di Revelli vs Commissione Leopoli, per capirci. Dove valevano solo le testimonianze riportate e le veline della Pravda e Tass (vedi ultime pagine libro Commissione Leopoli, e introduzione del libro di Revelli citato).

    Mi sta sulle scatole meno gente della Resistenza di quella che pensi: le FFAA del Sud, e anche molti Cti partigiani e loro subordinati che hanno tentato di limitare le loro azioni per non causare rappresaglie, e che nel dopoguerra sono entrati quietamente nell'alveo democratico non straparlando di "rivoluzioni mancate" e di "assenza della democrazia nell'Italia post 1945". O come il Cte partigiano Piero Urati, (che ho sentito più volte per telefono quando scrivevo il libro sul Cte Bardelli, peraltro da lui ucciso), che, fuori dall'agone della guerra, parla con rispetto dei tedeschi, e di Bardelli mi disse "che era un uomo eccezionale" e che "lo riporterebbe in vita, se potesse".
     
  5. lorenzozanelli

    lorenzozanelli

    Registrato:
    18 Settembre 2007
    Messaggi:
    197
    Località:
    genova
    Ratings:
    +0
    Bisogna però rendersi conto che, "la verità", sta nel mezzo. Da Lussu a Revelli da Stern a Bedeschi non si può prescindere lo studio della storia senza testimonianza. A dir la verità per assurdo lo studio completo sulla seconda guerra mondiale potrà iniziare quando moriranno (perdonate il cinismo) tutti i reduci...
    Questo però non toglie che, anche nelle loro esagerazioni e prese di parte, le testimonianze siano materiale imprescindile in una ricerca storica.
     
  6. Panzer

    Panzer

    Registrato:
    26 Luglio 2007
    Messaggi:
    3.922
    Località:
    Bergamo
    Ratings:
    +9
    Le testimonianze sono certamente importanti per una ricerca storica, anche se per essere utilizzate devono subire una sorta di "scrematura", per eliminare errori ed esagerazioni.... Certo, non è facile togliere il proprio punto di vista in un argomento storico....
     
  7. ALombardi

    ALombardi

    Registrato:
    4 Settembre 2007
    Messaggi:
    329
    Ratings:
    +7
    Quoto ambedue:approved:
     

Condividi questa Pagina