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La storia

Discussione in 'Una storia tutta da raccontare' iniziata da Filippo I di S.G., 9 Febbraio 2012.

  1. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    PREMESSA
    La nostra storia, come tante, inizia in una terra lontana lontana, nel tempo e nello spazio. In un mondo dove, si stenterà a crederlo, c’è tuttora spazio per i sogni, e creature fantastiche e intelligenti coesistono con l’uomo, che non le ha -ancora- sottomesse. Ebbene sì, dove è ambientata la nostra storia l’uomo non ha avuto la meglio sulla natura.
    Al più sui suoi simili, e infatti vi era, come spesso capita, un grande impero che la faceva da padrone, affidandosi alla forza delle armi e al valore dei soldati per imporre il proprio dominio sulle popolazioni limitrofe, ma che, proprio a causa della sua potenza e prosperità, era spesso teatro di sanguinose guerre civili, che vedevano il trono cambiare proprietario a seconda del vincitore.
    A quel tempo, alla guida dell’Impero vi era Bodegoen III Treaponon, soprannominato il Giusto per la sua benevolenza nel trattare con i sudditi e i vassalli, ma che, a dispetto di questo titolo, era impegnato in un aspro conflitto contro Kaeser Aironbrand, un temibile signore della guerra che, intenzionato ad ottenere il potere supremo, guidava una ampia ribellione all’impero. La guerra durava già da quasi due anni, e, poco per volta, aveva visto il prevalere dello schieramento ribelle.
    Kaeser, divenuto celebre fin da giovanissimo come geniale comandante di cavalleria, nonostante la forte disparità di forze iniziali, sembrava ormai vicino alla vittoria: dopo aver sconfitto e sottomesso le armate imperiali che gli erano state mandate contro, marciava direttamente verso le province centrali dell’impero.
    Vista la minaccia incombente, Bodegoen era stato infine costretto a imporre tasse maggiori e una leva straordinaria, questo con l’intenzione di raccogliere tutte le energie residue del popolo e affrontare personalmente l’usurpatore, ponendo fine, in un modo o nell’altro, e in maniera definitiva, allo scontro. Tutto questo giusto un paio di giorni prima dell’inizio della nostra storia, i cui protagonisti, come spesso accade, faranno la loro comparsa a partire da una posizione marginale, rispetto ai grandi eventi che si stanno svolgendo: non tra le trincee di Rusajeelm comincerà questo racconto, ma ai margini orientali dell’Impero, nella piccola e montuosa provincia dello Xelenan.

     
  2. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    Giorno 1

    SAALA, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN
    Il vento soffiava debolmente, smuovendo appena gli azzurri stendardi disposti lungo le mura della cittadella. Non era ancora l’alba ma, mentre i più si appagavano ancora un poco tra le braccia di Morfeo, lei era già lì, figura solitaria sulla sommità della torre di guardia. Era una sentinella silenziosa, sempre intenta a scrutare l’orizzonte, a cercare di vedere oltre quel muro di nebbia che immancabilmente nascondeva allo sguardo umano tutto del paesaggio, eccetto le vette perennemente innevate delle alte montagne.
    Lo faceva quasi tutte le notti, ogni volta sperando, al mattutino diradarsi delle foschie, di essere la prima ad avvistare un segno dell’imminente ritorno dei fratelli partiti per la guerra. Di essere la prima a intravedere le sagome dei loro cavalli risalire lungo la strada per la spavalda Saala, la leggendaria roccaforte dei Donskaj, da oltre sette generazioni punto di riferimento delle verdi vallate dello Xelenan. O, almeno, a veder approssimarsi un messaggero imperiale con loro notizie.
    <<Astur, Darlon, Gustua, amati fratelli miei, non avete mai atteso così tanto prima di mandare un messaggero! Che vi succede? Siete ancora vivi? Vi siete dimenticati della vostra sorella? Oppure avete bisogno di me? È per questo che non parlate? Devo venire io lì dove ora siete voi? Lo vorrei tanto! Mandatemi un segno del vostro bisogno, soltanto un sussurro portato dalle ali del vento, e io vincerò ogni vincolo e sarò da voi!>>.
    Non parole, ma pensieri. Pensieri ricorrenti nella mente di Aeria, l’unica figlia femmina di Kargas Donskaj, signore di Saala, conte dello Xelenan e vicario imperiale, che anche quella notte la avevano guidata lungo le rampe che portavano a quel terrazzo, il più alto dell’intera fortezza.
    Fin da piccola, era cresciuta assieme ai fratelli maschi, finendo per copiarne molti atteggiamenti, nonostante i tentativi del padre di farne una gentildonna come si deve. Per dirne una, si era sempre rifiutata di farsi crescere i capelli, ritenendo una lunga chioma fastidiosa e inadatta ai suoi ideali di avventuriera (anche se, occorre dirlo, il veto paterno non le aveva mai permesso di uscire dai confini del territorio cittadino…)
    In compenso, dopo la morte della madre, non sopravvissuta alla messa al mondo del piccolo Castinton, suo quarto -e ultimo- figlio, Aeria aveva sviluppato anche delle caratteristiche più femminili, dovendo prendersi cura del fratellino come di una sorta di figlio. Ma la passione per il mondo esterno era ancora forte in lei, più che mai nell’assenza di chi quel sentimento aveva fatto nascere in lei.
    Ed ecco, giunse finalmente l’alba. Da dietro i monti fece la sua apparizione l’astro solare, i cui raggi disciolsero rapidamente il mare di grigio, rivelando l’altipiano di Xesaal in tutta la sua magnificenza naturale: i boschi rigogliosi, i ruscelli, le cascate, le splendide montagne con le loro rocce candide e i cocuzzoli ammantati di un velo bianco. Qua e là, nella lontana pianura, le foreste si aprivano per cedere il passo ai campi e agli insediamenti dei contadini. Al centro, si poteva distinguere la grande strada imperiale.
    Il suo occhio la percorreva, avanti e indietro, indietro e avanti. Chissà quante volte l’aveva fatto. E quante altre, ancora, finché, dopo un tempo che ad altrui sarebbe parso indefinito, una voce di bambino chiamò: <<Aeria! Aeria! Sei sulla torre? Sto arrivando!!>>

    TABI, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN
    L’eco dei rintocchi delle campane del monastero, colpite a intervalli regolari, si perdeva tra le alte cime dei Monti Bruni, avvolti nell’oscurità della notte. Chiamati a raccolta, i monaci uscivano in ordine dalle celle, procedendo con fare sicuro e tranquillo verso il grande atrio scoperto. Li attendeva la celebrazione del rituale della notte, presieduta dal sommo sacerdote Zareus Abura, il quale, statuario nelle sue vesti dorate, li aveva preceduti e già era in attesa, in piedi davanti all’altare.
    Un poco alla volta, tutti raggiunsero il proprio posto, rimanendo fermi, in piedi, mentre continuavano a riecheggiare, cadenzati, i sordi “gong” dell’adunata.
    Gong… gong… gong… … gong… … … gong… … … g.
    L’ultimo colpo venne infine attutito e zittito dall’addetto. Era stato così sancito l’inizio della celebrazione.
    Con voce un po’ roca ma molto solenne, scandendo accuratamente ogni parola, Zareus Abura, padre spirituale a capo del monastero, dedicato al Sole Invincibile, cominciò dunque a recitare il rituale, a partire dall’invocazione del grande Dio Sole:
    <<Padre del giorno! Figlio della notte! Ospite del Cielo, Signore del mondo! Generatore del Fuoco! Portatore di Vita! Campione della Luce! A te rendiamo onore, nostro potentissimo e santissimo Dio! A te salgano i nostri omaggi e le nostre suppliche! Che la tua Gloria si palesi a noi, come sempre fu nei Secoli dei Secoli!>>
    <<Così sia! Lode al Signore del Mondo! Lode a Dio, la sua Gloria innanzi a noi, nei Secoli dei Secoli!!>> gli rispose, all’unisono, l’assemblea, che subito dopo si inginocchiò davanti a lui, che riprese:
    <<In Principio, vi era la Tenebra! Oblio si cibava degli esseri viventi, e Tempo era schiavizzato dalla Notte. E non vi era luce nel mondo, e non vi era luce nel cielo. E non vi era suono, ma solo un silenzio fatto di urli soffocati dalla Morte. Ma dal Male nasce il Bene, come dal Bene può rinascere il Male. E Notte partorì un figlio senza averlo atteso. Egli brillava di luce propria, e sconfisse la Madre, e sconfisse l’Oblio. Liberò il Tempo, e decretò che Esso gli avrebbe dovuto obbedire. E così fu. Perché egli era il Dio Sole, Invincibile, Ingenerato se non dalle sue stesse fiamme! Egli mise incinta sua Madre, e la Notte partorì un altro figlio. Egli era radioso come il Padre Santissimo, ma gemeva di una malattia ereditata dalla infida madre. E così Sole Invincibile decretò che il Tempo sarebbe divenuto custode del neonato Giorno, e che Notte si sarebbe sostituita a lui nei momenti di debolezza del Figlio. E così fu, e così è, e così sarà, finché il Cielo sarà la patria del nostro Dio!>>
    <<Così è stato, così è, così sarà! Lode al Signore del Mondo! Lode a Dio, la sua Gloria innanzi a noi, nei Secoli dei Secoli!!>>.

    […]

    <<Entra pure, figliolo>>
    <<Avete chiesto di me>>
    <<Sì, ti osservavo, durante il rito. Eri poco spontaneo, ciò non sta bene ad un novizio. Non è stata forse una tua scelta venire in questo luogo di preghiera e adorazione devota? Parla>>. A dispetto delle parole, il tono di voce del sommo sacerdote, Zareus Abura, era incredibilmente paterno. A rivolgergli la parola non era più il granitico capo dell’elitaria comunità religiosa del monte Bati, ma una specie di padre, in grado di percepire immediatamente anche la minima esitazione in chi ha di fronte: un novizio, l’ultimo arrivato, poco più di un ragazzo, si direbbe non abbia più di vent’anni.
    <<Non sono turbato. Devo… solo abituarmi, non… ero pronto alla… tensione del rituale>>
    Nemmeno per un istante aveva osato guardarlo negli occhi, eppure sentiva su di sé una grandissima pressione. Lo sguardo del vecchio lo stava mettendo a profondo disagio. Era come se il suo occhio stesse penetrando nella sua testa come un chiodo nel legname, generando una sensazione fortissima.
    <<Non parli come una persona sicura di sé. La lentezza con cui le parole ti escono di bocca tradisce i tuoi pensieri! Tu affermi di voler dedicare la tua vita al Dio, ma non ne sei sicuro dentro di te!>> il tono si era fatto più acceso. Sembrò per un attimo innervosirsi, ma fu solo questione di un istante. Poi, con un gesto rapido e uno sguardo fulminante, rese chiaro che ogni tentativo di rispondere, da quel momento, sarebbe stato vietato.
    <<La mia vista supera le barriere del tempo, ma ciò che vedo non mi piace. In verità, penso che tu sia venuto qui per fuggire dal mondo. Ecco ciò che vedo in te: un fuggiasco da una vita troppo dura da affrontare. Noi non facciamo domande quando accogliamo qualcuno. Ma, sappilo, non esiterò a cacciare chiunque non sia davvero sinceramente desideroso di onorare il nostro Dio!>>
    Samus non si trattenne più <<Signore! Io desidero soltanto servire il Dio Sole! Non bramo altro dalla vita>>
    << Zitto, non interrompere!>> lo bloccò risoluto <<Dici che non brami? Forse, piuttosto, faresti meglio a dire… che non brami altro, perché ciò che hai avuto finora ti sembra troppo da sopportare, questo io credo. So che è un cammino arduo, ma so anche che è uno sforzo necessario.>>
    <<Mi metta alla prova. Mi lasci rimanere ancora qui!>>
    <<È ciò che farò. Metterò alla prova il tuo spirito. Ora va nella tua cella, ti manderò a chiamare quando sarà il momento. Ora devo prepararmi>>
    <<Va bene, signore, grazie signore>> rispose il giovane, retrocedendo senza voltarsi fino alla porta, dove indugiò ancora un attimo <<Mi perdoni, mio signore>> accennò.
    <<Parla>>
    <<Ma l’altro novizio? Mi risulta che la scorsa notte non fosse nemmeno presente al rito. Lui se n’è andato?>>
    <<L’altro novizio è molto promettente. La scorsa notte egli ha affrontato la sua prova, superandola brillantemente. Al calare della notte sarà il tuo turno. Ora, e non ripeterò, vai nella tua cella>>.
    <<Grazie mio signore, grazie>>.
    Ed uscì.

    FORT NUMERON, FRONTIERA ORIENTALE DELLO XELENAN
    Le ultime luci della sera illuminavano a malapena il cielo dietro le montagne ad occidente. Durante il giorno, nel silenzio della fortezza, tra una faccenda quotidiana e un’altra i soldati passavano il loro tempo a contare gli uccelli in volo, scommettendo sul loro numero, e a fare altre attività simili.
    Così era stato anche quel giorno e, per la guarnigione di Fort Numeron, non vi era nulla che non preannunciasse l’arrivo un’altra, ennesima notte tranquilla. Si scherzava e ci si rilassava.
    <<Ehi Gunde! Ehi!>>
    <<Eh?>>
    <<Ehi! Ehi Gunde!>>
    <<Cosa c’è?>>
    <<Ehi! Gunde, non è che ci stanno attaccando?! Ho visto un’ombra! Oddiooo!!!>>
    <<Ah ah, molto spiritoso, davvero>>
    <<No, non sto scherzando! Temo proprio che… Oh ma nooo! Era solo una tartaruga! Hehe… Oh eppure mi sembrava proprio l’elmo di un nemico che strisciava tra le fronde! Che diavoleria, eh? Hehe…>>
    <<Sì, sì, ridi ridi. Sono l’unico che prende le cose seriamente, qui!>>
    <<Solo perché sei l’ultimo arrivato. Io sono qui da sette mesi e, credimi, non è mai successo nulla di eclatante. Ma proprio niente! Nemmeno un gruppetto di banditi o qualche contrabbandiere! Niente! Me lo aveva detto mio padre che questo era il posto più tranquillo di tutto l’impero, che qui ci venivano soprattutto quelli che non avevano intenzione di rischiare ogni giorno la propria vita per una manciata di monete… Soprattutto in questo periodo, con questa dannata guerra civile, la scelta è assolutamente azzeccata! Nonostante ciò anche io all’inizio scrutavo sempre l’orizzonte, indagavo su ogni movimento nel bosco, guardavo i crinali delle colline alla ricerca di luci ma… alla fine ho realizzato che è tutto inutile>>
    <<Ma… siamo soldati! Siamo pagati per essere vigili!>>
    <<Beh, questo è vero nel resto dell’Impero. Qui invece siamo pagati per fare presenza. Nessuno attaccherà mai questa fortezza, ormai ne sono convinto. Oltre quei boschi, in fondo a quella valle da cui sorge il sole, non c’è un impero nemico. Solo un pacifico regno di orchi, dediti al commercio e alla manifattura del legname. Gente primitiva che non conosce nemmeno l’uso della polvere nera! Ed oltretutto, vassalli dell’Impero!>>
    <<Ma con questa storia della guerra civile… non ti è mai passato per la testa che potrebbero decidere di tentare il colpo grosso mentre lo Xelenan non può ricevere aiuti dal resto della nazione?>>
    <<Se anche decidessero di muovere verso di noi, non ci potrebbero mai cogliere di sorpresa! Abbiamo spie nei loro quartieri generali, e se giungesse voce anche solo di un aumento della loro produzione di lance e di archi vedresti arrivare qui in un battibaleno Kargas Donskaj con la milizia regionale, per andare ancora una volta, come un tempo, a dimostrare la nostra superiorità>>
    <<Ah spie nostre? Ma non dovrebbe essere un’informazione segreta?>>
    <<Qui al forte lo sanno tutti, ma non c’è assolutamente niente da preoccuparsi. Te l’ho detto: questi orchi sono gente pacifica, non imbracciano un’arma da almeno cent’anni!>>
    <<Mah>>
    Gunde, nonostante le derisioni degli altri soldati, decideva di continuare comunque la sorveglianza…
     
  3. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    CAPITOLO 1
    SAMUS: PROVA DI FEDE
    TABI, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN, GIORNO 1, SERA
    Toc toc… bussano. Vado ad aprire, è Kaberi: <<Samus, a breve sarà il momento>>. La sua voce è calma, come sempre, come quella di tutti qui. La sua espressione è mite, ma i suoi occhi tradiscono un accenno di commozione.
    <<Sono pronto>>
    <<Ascolta, fin da quando ti ho accolto qui, ho visto grandi potenzialità in te. Ma… forse questa non è la tua strada. Vedo in te qualcosa che ti trascina lontano da questo posto>>
    <<Padre Kaberi, che dite? Io non desidero altro che vivere qui, pregare con voi tutti, contemplare le meraviglie del cosmo e raggiungere la pace>>
    <<Tu cerchi la pace, in questo sei sincero. Però non tutte le strade che conducono ad essa sono fatte di preghiera e contemplazione. Tienine conto>> si fa più serio <<te lo dico perché non voglio che tu metta in pericolo te stesso, questa notte>>
    <<Perché dite questo, padre Kaberi? Il sommo Zareus non ha parlato di pericoli. E che minacce potrei incontrare in una prova di fede? La mia volontà è forte>>
    <<È una prova per la tua anima: una volta che sarà iniziata, non potrai più tornare indietro. E non lo dico perché avrai un solo tentativo, ma perché, in un modo o in un altro, ne uscirai cambiato. Se in te ci sono dei turbamenti, essi ti combatteranno. Tu sai di cosa parlo>>
    Anche il giorno in cui ero arrivato mi era parso che intuisse molto di me… mi domando fino a che punto abbia compreso il mio animo… <<La mia convinzione è forte. Non fallirò>> gli dico, anche se il dubbio mi assale.
    <<Ascolta, sono venuto ad avvisarti di fermarti ora, se non ti senti pronto. Zareus te ne darà una possibilità al momento del rito, ma rinunciando ora dimostreresti maggiore consapevolezza. Io non ho bisogno di leggere nella tua mente o di indagare il tuo passato per capire che c’è qualcosa che ti impedirà di vivere questa vita, a meno che tu non riesca a sconfiggerlo. Ma temo che la sua forza sia grande>>
    Che abbia davvero la capacità di leggere nella mente? Ma no, non è un mago… forse solo il sommo Zareus lo è qui. Anzi, lui lo è sicuramente. E se lo è e mi ha letto nella mente, e ha deciso di farmi affrontare la prova, vuol dire che ce la posso fare. Sì, ce la posso fare. <<Ce la farò>> dico. Tanto tu non sai nulla di me, tiri solo ad indovinare. O forse Zareus ti ha detto qualcosa… uhm… ma non posso rinunciare ora… non posso tornare lì fuori… devo… devo andare fino in fondo.
    <<Mi sei stato caro da quando sei arrivato qui. Pregherò il Dio Sole perché invii la sua luce a guidarti nell’oscurità>>
    L’oscurità?? <<Nell’oscurità?>>
    <<Sì, nell’oscurità. La tua prova sarà vincere l’oscurità>>
    <<E…>> inizio
    <<Non porre domande in merito a Gemerìa, non posso risponderti>>
    <<Il sommo Zareus ha detto che ha superato la prova brillantemente>>
    <<… Sì, così è stato>>
    Questa volta sono sicuro: ha esitato un attimo a rispondere. Perché?
    Parla di nuovo lui: <<Io vado, pensaci. Se deciderai di non presentarti, non sarai biasimato, gli altri sanno già>>
    Gli altri sanno già? <<Padre>> lo fermo <<che cosa sanno gli altri?>>
    <<Sanno quale sarà la tua prova. Ora, perdonami, ma in base alla regola non avrei dovuto nemmeno venire qui a parlare a te. Prendi la decisione giusta>>
    <<Grazie>>.
    Accenna un inchino con il capo, si gira e se ne va in silenzio, chiudendosi la porta dietro.
    E adesso? Non posso andarmene!
    No, non posso. Andrò fino in fondo.

    […]

    Lo sento. Rumore di passi. Ci siamo. Ho preso la mia decisione.
    Aprono la porta. Sono in due, il volto serio e concentrato. Uno dei due regge una lanterna, l’altro ha le mani, congiunte, completamente coperte dalle maniche della veste. Faccio un cenno con il capo e mi alzo dalla sedia. Non serve parlare, lo so io e lo sanno loro; mi incammino alle loro spalle, in silenzio.
    Percorriamo senza dire una parola i corridoi del monastero. La luce è poca, ma la strada è nota e diritta, verso la sala centrale, probabilmente.

    […]

    No, mi sbagliavo, questa non è la direzione della sala delle cerimonie, nessuno mi aveva mai condotto per queste stanze. Inutile cercare di distinguerne il contenuto, la poca luce della lanterna illumina a malapena i nostri piedi. Passiamo per tre porte, percorriamo ancora un corridoio. Scendiamo una lunga rampa di scale. Ci fermiamo un poco innanzi ad una porta, mentre il monaco che aveva le mani conserte estrae un corposo mazzo di chiavi. Trova rapidamente quella giusta, che inserisce nella serratura, che con un leggero click si apre. La stanza all’interno è pura oscurità.
    Rimane qualche istante a guardare il buio, poi si gira verso di me: <<Devi andare, noi dovevamo condurti sino a qui>>
    Ho un attimo di spaesamento: <<Ma… dov’è il sommo Zareus? E il consiglio? Credevo che li avrei visti prima della prova>> gli dico.
    <<Il sommo Zareus ha deciso per te di fare una eccezione alla regola. D’altronde, padre Kaberi non avrebbe dovuto venire a parlartene prima. La tua possibilità di rinunciare la hai già avuta>> mi risponde quello che ha aperto la porta <<Ora non puoi più esitare. Che l’Invitto guidi i tuoi passi e consigli la tua mente>>.
    Un bel respiro allora. Un brivido mi corre lungo la schiena mentre mi congedo dai due con un piccolo inchino. Guardo dentro la stanza, mi sforzo per vedere qualcosa, ma nulla. Muovo i primi passi. Dietro di me, la porta viene di nuovo chiusa a chiave…
    Istintivamente mi giro e torno sui miei passi, allungo la mano e… sì, c’è ancora, la porta è ancora qui. Bene, vuol dire che è solo una stanza buia. Solo una stanza buia, nient’altro. Non possono di certo mettermi in una gabbia di serpenti, e poi, il saggio Kaberi mi ha detto che la mia sarebbe stata una prova spirituale, non è per nulla spirituale affrontare un serpente… al buio per di più…
    No, sì, ho capito: si tratta di una prova di coraggio: devo dimostrare di non aver timore dell’ignoto. Ora mi giro di nuovo e cammino risoluto in avanti. Senza nemmeno mettere le mani avanti a me. Se mi stanno osservando in qualche strano modo, non potranno che notare la mia audacia. Oh non dev’essere difficile!
    Ma… che cos’è quella? Vedo… un piccolo lume? Ma sembra lontanissimo… eppure non può esserci una stanza così grande in questo posto, no, non può esserci. Che stranezza è questa? Dove mi trovo?
    No. Calmo. Devo rimanere calmo e pensare. Non può essere una stanza infinita. La luce. Bisogna sempre andare verso la luce. Ok, andiamo. Ci siamo, sto arrivando, un passo dopo l’altro. Però… perché questa sensazione… come di sospensione? Mi sembra di non avere peso…
    Ho come un presentimento. Mi fermo e, quanto più lentamente possibile, mi abbasso sulle ginocchia, in modo da abbassare le mani fino a toccare il pavimento. Mi abbasso, sempre di più… ma le mie mani non trovano nulla. Niente. Sento di cominciare a sudare freddo, il mio aumenta di attività. So benissimo che chiudere gli occhi non serve a nulla, tanto più che con questa oscurità non riesco a distinguere nulla, a parte quel lume, sul quale però comincio a nutrire qualche dubbio… mmm… li chiudo, e allungo le mani verso i miei piedi.
    Li tocco, prendo un bel respiro e ci faccio scorrere la mano sopra…
    Oddio! Non c’è davvero niente! La mia mano affonda nel vuoto? Ma… allora, su che cosa sto camminando?? Oh no! Adesso sento che sto cadendo! La luce, si sta spostando verso l’alto… no, sono io! Sono che precipito! Lancio un urlo, ma non sento la mia voce, mentre anche quel flebile brillio svanisce…

    ***

    Zareus si gira verso Kaberi, che lo guarda attento. <<È svenuto>>
    <<E così è iniziata. Speriamo bene>>

    ***

    Riapro gli occhi. Concetto piuttosto curioso, visto che comunque non vedo niente. Almeno ora sento qualcosa di concreto sotto i miei piedi. Chissà dove sono. Beh tiriamoci su. Ah ecco, di nuovo quella luce, andiamo, che ho da perdere?
    Mi incammino. Non scappa più, stavolta -ma dove mi trovo??- no, non scappa più, è qui. È una candela. Su un tavolo. Una candela… su un tavolo. Aspetta… c’è qualcosa intorno a me… mi è sembrato… un sussurro…
    Mi fermo, e mi volto di scatto, rimanendo immobile, con tutti i muscoli in tensione. Osservo il nulla, come se sforzandomi di vedere potessi rischiarare il vuoto che mi circonda. Niente. Me lo sarò immaginato. Riprendiamo -ma che razza di prova è questa? Che magia è questa? Magia? Mi trovo in un posto magico? Zareus! Zareus è un mago, di certo! Un mago… a capo del monastero del Sole! E lo sanno tutti, tutti sono passati di qui… almeno così dicono… e se invece fossero tutti d’accordo? E se è un mago, allora sa leggere nella mente…. Brrr, ma fino a dove sarà arrivato? E se ha visto tutto… che cosa mi attende? Oddio, oddio… Ma cosa dico, non devo esitare, è una prova per la mente, è una prova per la mente. Devo ripetermelo allo sfinimento. È una prova per la mente, tutto questo non è reale, non può esserlo! - ormai sono quasi arrivato, la candela è sempre lì, fissa su un tavolo -Non esitare, è una prova per la mente…-
    Ecco, il tavolo. Lo tocco con mano, esiste, lo vedo distintamente, per dio! Bene. Proprio bene, una cosa positiva. Ora cerchiamo di capire cosa vogliono da me. Shhh. Di nuovo. Quel sibilo come se qualcosa si stesse muovendo là, intorno a me. Ma non posso rimanere qui, tutto ciò che ho è una candela e… aspetta, sul tavolo c’è scritto qualcosa. È scritto con la cera, prima non si notava:

    “Il buio, la più antica e la più grande delle paure. La Notte, signora tenebrosa, oscura e insanguinata, che ancora oggi ci torna a tormentare nella debolezza del Giorno, nell’assenza del Sole! La prova più importante! Affronta il terrore del tuo passato nell’oscurità che lo ha partorito. Prendi la tua decisione con saggezza e con fede nella Luce ciò che ti servirà per sconfiggere la bestia!”

    Ho appena finito di leggere che la fiamma della candela aumenta di intensità. Per poco non la lascio cadere. Ora vedo intorno a me: vi sono diversi tavoli con molti oggetti. Vogliono che scelga con saggezza, con fede, ma devo bene sconfiggere una… una bestia e… se è quello che penso io… una spada è ciò che mi serve! Eccola: una spada, di splendida forgiatura, con inciso sopra lo stemma del Sole Invitto... e c'è anche uno scudo analogamente decorato, con fini intagliature, un elmo… c’è poi un arco, a fianco una faretra con delle frecce. Però… vediamo cos’altro c’è: uhm… qui ci sono diverse ampolle, ma non c’è molto da fidarsi… qui c’è scritto che questi filtri possono donarmi varie capacità… questo la forza, questo la… l’invisibilità -oh beh, con questo buio…- questo… gli occhi della notte! Significa forse che devo berlo? Oh forse… aspetta, cerchiamo di non avere fretta, vediamo qui invece cosa… uhm un libro. Anonimo, le pagine sono bianche. A fianco vi è un carboncino, chissà a che cosa può servire… direi che questo assolutamente non fa al caso mio. Poi c’è un paio di occhiali, come quelli che usano quegli anziani copisti che ancora non si rassegnano ai nuovi progressi della tecnica… ah ecco, questo… questo mi ricorda… sì, la polvere nera…

    […]

    <<Tu… nasconditi! Ci penso io>> grugnisce tra i denti, cercando di non farsi sentire da fuori. Istintivamente mi getto sotto al letto. Sbircio comunque fuori. Hanno sfondato la porta, lui combatte, ha una forza incredibile. Ne ha uccisi già tre, squartati con la sua lama. Si ritirano fuori.
    Lui si accuccia vicino al letto e bisbiglia: <<Stai zitto. Rimani lì, io vado a cercare Gramma>>
    Esce, chiudendosi la porta alle spalle.
    Io non resisto, però, sbuco fuori dalle coperte. Ci sono questi tre, morti, reprimo un conato di vomito, ma mi sforzo di guardarli: è gente dalla pelle chiara e delicata, molto meno alti di Grumag. Sono… più simili a me. Strano, non avevo mai visto nessuno simile a me…

    […]

    No, non voglio ricordare, mi rifiuto di usare questa! Cos’altro c’è… un bastone. Bello e intagliato. E… è tutto credo.
    La fiamma ha un sussulto, e diminuisce. Il tempo è poco… devo prendere una decisione… Shhh… e quella cosa si muove lì intorno… non può non essere nulla…
    Rifletti, rifletti: le armi. Le armi… non devo prenderle. Nemmeno per difendermi. Un uomo di fede non ha bisogno di simili strumenti, adatti a dispensare morte, non certo a convertire e guidare gli animi. Non prenderò nessuna di esse, e nemmeno l’elmo e lo scudo: le mie convinzioni devono essere la mia armatura. Sono certo che è questa la prova.
    Shhhh
    Si avvicina? Mi è sembrato più vicino questa volta. È… il suo respiro?
    Le pozioni. Promettono molto, a poco prezzo. Basta prenderle in mano e berne. Troppo facile, non è questa la via dell’uomo saggio. Non cerco la via più breve, ma quella più virtuosa. Senza contare che potrebbero essere scritte menzognere: qui dentro potrebbe esserci acqua come veleno. Non le prenderò.
    SHHHHhhhh
    <<Cosa sei?!>> dico a bassa voce, cercando di assumere un tono sicuro. Mi rendo conto di non riuscirci però <<Non mi fai paura…>> nemmeno io so se sto facendo sul serio. I miei occhi si spostano un poco di qui, un poco di lì, mentre arretro verso il libro.
    Già il libro… me n’ero quasi dimenticato. Solo tu sei rimasto, di tanti possibili strumenti. Sei forse tu la chiave che mi serve per uscire da questa oscurità?
    Le mie mani indugiano un istante sulla copertina in pelle. Sfoglio qualche pagina. Sono tutte assolutamente bianche. Eppure non ha senso… deve esserci un messaggio… passo con il dito sulla carta. È ruvida, leggermente raggrinzita sui bordi. E se… se ci fosse una scritta in rilievo? Sfregando il carbone sulla pergamena potrebbe comparire qualcosa!
    Shhhh
    Si è allontanato. Forse mi sta dando tempo, forse è segno che sono vicino alla soluzione giusta. Porto il libro alla metà e comincio a grattare il carboncino contro le pagine. Niente. Riprovo su un’altra facciata. Ancora nulla. Allora non è questo il tuo segreto, eh? Uhm… proviamo con il calore: ho sentito che ci sono inchiostri in grado di svanire a contatto con l’aria, ma che riprendono colore vicino al fuoco. E questa candela, che mi ha guidato fino a qui, mi sarà due volte utile!
    Giro qualche pagina e accosto la candela al tomo. Due gocce di cera cadono lasciando altrettante impronte sulla superficie del libro, ma questo è quanto… strano, però, nemmeno in questo modo si ottiene una risposta.
    Molto strano…
    In compenso però non si sente più nulla. Forse senza accorgermene ho già superato la prova, e devo solo trovare l’uscita, che non può essere lontana. Chiudo il libro scuotendo la testa. Mi guardo ancora una volta intorno. Il mio occhio si posa sul bastone. <<Di fianco alla spada e allo scudo, tu passi inosservato, eppure sei il terzo piede dei vecchi e il compagno dei pellegrini. Tu mi puoi essere utile, legno innocente!>> Lo prendo e, con attenzione, mi incammino nel buio.
     
  4. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    CAPITOLO 2
    AERIA: ASSENZA
    SAALA, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN, GIORNO 10, MATTINA PRESTO
    Ancora niente, purtroppo. Fratelli miei, dove siete? Sono più di venti giorni che scruto l’orizzonte, che spingo il mio sguardo oltre i confini di questa lussuosa prigione. Ho visto infiniti uccelli solcare il cielo, ho osservato il quotidiano peregrinare dei minatori, che ogni mattino partono da casa, dopo aver baciato la moglie e promesso di tornare ancora vivi, e che ogni sera ritornano, stanchi, con le mani e il viso anneriti dalla fuliggine, ma felici di poter riabbracciare i propri cari. Perché io non posso fare altrettanto con voi?
    Sento un principio di lacrima negli occhi, ma come posso evitarla? Vorrei tanto partire, raggiungervi, fratelli miei, e lottare al vostro fianco. Ne sarei capace, voi me lo avete insegnato, lo ricordate? Astur, ricordi quando mi insegnasti a cavalcare? Mi issavi sul tuo bellissimo cavallo nero e bianco, e poi camminavi a lungo a fianco a me, con il tuo braccio a sostenere la mia schiena, perché essendo ancora piccola non arrivavo alla staffa con i miei piedi, e dunque rischiavo di cadere. Ora sei un comandante di cavalleria, quanti cavalli e quanti cavalieri seguono il tuo vessillo? Potrei unirmi a loro e proteggere il tuo stendardo!
    E tu, Darlon, buono e gentile. Dicevano che avresti superato perfino il fratellone, se solo ti fossi dedicato con una cura pari alla sua all’addestramento. Ma a te piaceva anche la musica… come dimenticare le serate passate ad ascoltarti, mentre suonavi il tuo flauto… da quando sei partito ho fatto grandi progressi sai? Le mie dita sono molto più agili adesso, quando soffio in quel pregiato legno pare che perfino gli uccelli smettano di cinguettare per non disturbare. Verrei a farti compagnia, se solo nostro padre mi lasciasse partire. Però una volta che fossi arrivata, dovresti giustificare come si deve il tuo silenzio. Tu non sei al fronte, ma al grande centro di addestramento di Demester, quindi cosa ti impedisce di scrivermi ancora? Non ci sono forse più corrieri disposti a portare le tue lettere alla sorella rimasta a casa? O invece sei stato inviato anche tu a combattere? Ma in tal caso perché non me lo hai scritto nell’ultimo tuo messaggio? Non volevi accrescere la mia sensazione di essere inutile, rinchiusa in questo palazzo?
    Infine tu, Gustua. Chi ci guardava quasi ci scambiava per gemelli, da quanto eravamo in sintonia. Io, poi, volevo sempre indossare vestiti simili ai tuoi, anche se ero una femmina. Che ridere quando nostro padre si arrabbiava vedendomi con i tuoi completi. Alla fine, dopo aver protestato a viva voce, ci prendeva tutti e due sulle ginocchia e ci raccontava le leggendarie gesta dei primi Donodelcielo. Quanta virtù in quegli eroi d’altri tempi! Oh, perché non sono nata maschio anche io? Ora io e te saremmo fianco a fianco sul campo di battaglia come lo eravamo qui. Quando te ne sei andato, per un poco non ho voluto crederci. Mi dicevo che non poteva essere vero, che non mi avresti mai lasciato per davvero… anche se un po’ ti capisco, so che è stata dura anche per te, e quando il dovere chiama solo il vigliacco si tira indietro. Però è così ingiusto che solo agli uomini venga data la possibilità di compiere imprese degne di un poema! Cosa mai c’è di glorioso nel mestiere di allevare i figli?

    <<Aeria! Un cavaliere! Un cavaliere, Aeria!>>
    <<Cosa?!>> finalmente, sapevo che non poteva tardare all’infinito!

    ***

    Il cavallo al galoppo, l’insegna imperiale che sventola turbinosamente dall’asta agganciata all’armatura… la gente per strada si fa da parte e osserva curiosa, commentando animosamente il passaggio del messaggero. Già qualcuno dice in giro che la guerra è finita, che i ribelli sono stati infine vinti nella battaglia campale davanti alle mura della grande città fortezza di Rusajeelm, che la testa di quel dannato rinnegato che li guidava finirà per decorare le mura della capitale. D’altronde, come potrebbe non essere così: il reggimento dello Xelenan, guidato in persona dal prode Astur, figlio del nobile Kargas Donodelcielo, ha preso parte allo scontro, era stato annunciato, e quegli uomini non sono mai stati sconfitti da nessuno. <<Ma certo, il ritorno dei prodi figli dello Xelenan dev’essere ormai imminente!>> è il commento più diffuso.
    Il messaggero, tuttavia, si dirige senza rallentare verso l’ingresso della rocca.

    […]

    Kargas lo attende nel salone principale, in piedi vicino allo scranno in pietra bianca su cui siede normalmente durante le riunioni importanti. Lo sguardo impaziente tradisce anche in lui la preoccupazione e l’ansia dovute al lungo silenzio. Attende tuttavia in silenzio, fermo al suo posto.
    Il messaggero entra dunque nella sala <<Porto notizie dal fronte, e ordini imperiali personali per il conte di Xelenan, Kargas Donodelcielo!>> annuncia, scandendo bene le parole, a tutta voce. Poi si incammina con fare sicuro verso il conte, facilmente riconoscibile dalla splendida pelliccia di orso che gli fa da mantello.
    Arrivatogli di fronte, il messaggero estrae dalla sacca a tracolla un contenitore metallico, di forma cilindrica <<Alla unica attenzione di Kargas Donodelcielo, conte di Xelenan, e di nessun altro, da parte dell’imperatore in persona!>> recita ritualmente.
    <<Eccomi, ed ecco il mio sigillo. Lunga vita all’Impero e al nostro imperatore>> risponde Kargas, sfilandosi il pregiato anello d’oro dalla mano destra, e mostrandolo al messo.
    <<Ecco a lei, conte!>> replica l’altro, allungando con entrambe le mani il pacco, e inclinandosi leggermente in un inchino.
    Kargas prende il cilindretto e, con attenzione, inserisce la pietra dell’anello nel piccolo foro posto al centro dello stesso, proprio in corrispondenza dello stemma imperiale. Quindi, con mano leggera, ruota l’anello.
    Con un click il cilindro si apre, rivelando una pergamena di fine fattura, arrotolata e chiusa da un nastro di seta. Il messaggero, che ha osservato ogni azione con attenzione, riprende la parola, mentre Kargas, ripone il messaggio ancora chiuso in una piega della veste.
    <<Il nostro sommo imperatore, Bodegoen III il giusto, ha sconfitto gli odiati ribelli. Tuttavia essi sono ancora lontani dall’essere ricondotti a ragione. Per questo motivo, l’ottimo sovrano ha decretato che in tutte le province dell’Impero si avvii una leva generale e si paghi un tributo straordinario. Questo per facilitare una più rapida conclusione del conflitto e un conseguente celere ritorno alla normalità. L’imperatore vi richiede di mandare la milizia regionale e di arruolare ogni uomo adatto alle armi per sostituirla durante la certo non lunga assenza richiesta dalle circostanze, onde evitare che i barbari oltre il confine ci muovano guerra approfittando della situazione.
    Il sommo imperatore, infine, vi manda un messaggio per il cui contenuto vi si chiede la massima discrezione. Nessuno dovrà conoscerne il contenuto>>
    Kargas ascolta, annuisce <<Lo Xelenan e il suo conte faranno ciò che l’imperatore chiede. Ora va a riposarti un poco, buon uomo, perché presto dovrai ripartire per un viaggio lungo quanto quello che ti ha portato qui. Tra poco ti darò la mia risposta a proposito di questo>> dice, indicando la pergamena.
    <<Grazie, mio signore>>.

    [...]

    <<Il messaggero non recava alcun messaggio da parte dei nostri fratelli. Sono accorsa da nostro padre non appena lo ha congedato, ma non mi ha permesso di leggere la pergamena. Si è messo in disparte, la ha srotolata con cura ed è rimasto per diversi minuti con lo sguardo fisso su di essa. Giurerei che nel farlo è divenuto perfino più serio del solito. Alla fine la ha riarrotolata e la ha di nuovo infilata in una piega della veste, dopodiché ha chiamato Deren, il suo segretario, e insieme si sono recati con passo frettoloso alla caserma>>
    <<Forse aveva anche una lettera di Darlon, ma gli è caduta>>
    <<Oh, piccolo Castinton, dev’essere andata proprio così!>>
    <<Devi dire a nostro padre che punisca quell’uomo, è un incapace!>>
    <<Glielo dirò!>> sorrido <<Ora però vai, sei in ritardo con le tue lezioni, ci vediamo dopo, adesso vado a parlare con il messaggero, così gli chiedo come intende scusarsi, va bene?>>
    <<Uff… va bene>> sbuffa.
     
  5. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    CAPITOLO 3
    IL CONFINE IN FUMO
    ROWOTOMI, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN, GIORNO 7, L’ALBA
    <<Siamo stati invasi! La minaccia è reale mio signore, la fortezza di Numeron deve essere in mani nemiche già da qualche giorno ormai! Occorre disporre immediatamente le difese e chiedere aiuto a Kargas, prima che sia troppo tardi per farlo!>>
    Ador Cuorebianco non crede alle parole che sente. Era dai tempi del padre del padre di suo nonno che lo Xelenan non si trovava ad essere invaso da eserciti stranieri. Non c’è davvero limite alle disgrazie: prima la guerra civile, poi gli incidenti alle miniere, ora questo…
    Ma non perde la calma. Un duca non può perdere la calma di fronte ad un messaggero. <<Le tue fonti sono sicure?>> chiede all’uomo, sforzandosi di immaginare scenari quanto meno tetri possibile.
    <<Ho visto con i miei occhi il fumo salire al cielo. E alcuni pastori, accorsi dai pascoli in tutta fretta, hanno raccontato di aver sentito delle forti esplosioni provenire dal forte. Non hanno visto la battaglia, hanno preferito fuggire il prima possibile per avvisare. Ho lasciato Witabui non appena Ardol, il borgomastro, ha ordinato l’evacuazione della popolazione. In questo momento egli starà sicuramente contenendo le avanguardie nemiche per permettere alla gente di raggiungere la sicurezza entro queste mura! Ma non possiamo escludere che gli invasori siano già molto vicini>>
    <<Il fumo può dipendere da qualsiasi cosa. E anche le esplosioni di cui parli potrebbero avere un’origine diversa da quella prospettata. Potrebbe ad esempio darsi che ci sia stato un incidente con le polveri esplosive. Questo spiegherebbe anche il fumo, visto che quelle diavolerie sollevano sempre grandi polveroni. Quanto ad Ardol, quell’uomo non mi è mai piaciuto. Ho sempre sospettato che fosse un debole, la fretta con cui ha agito pur senza avere informazioni certe mi sembra più un segno di codardia che di premura. Secondo me in questo momento lui è alla guida dei profughi, altro che dei soldati!>>
    <<Mio duca, non potete sottovalutare questa minaccia! Kargas non glielo perdonerebbe>>
    <<Non intendo sottovalutarla. Invero, mi recherò personalmente a verificare. Ulfred!>> chiama.



    Sta per entrare in azione un nuovo personaggio: Ulfred Cuorebianco, figlio del duca di Rowotomi. Questi potrà avere tre reazioni alla notizia di invasione: partire subito per Saala, aspettare nuove conferme, partire subito per Witabui e accertarsi della situazione. Cosa farà?

    NB. Risposte nella discussione "La trama", dove adesso aggiungo la domanda.
     
  6. Filippo I di S.G.

    Filippo I di S.G.

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    CAPITOLO 4
    PARTENZE
    DEMESTER, PROVINCIA IMPERIALE DI VIXIA, GIORNO 2, SERA
    Cara sorella,
    ti scrivo per l’ultima volta da Demester: ci hanno comunicato che il nostro reggimento sarà inviato al fronte a due giorni da oggi. Da una parte sono preoccupato perché, come tu ben sai, non sono mai stato un sostenitore della guerra, e l’idea di dover uccidere qualcuno mi spaventa molto. Temo proprio che non sia come uccidere un orso nei boschi o come colpire un manichino di legno imbottito di paglia.
    D’altro canto, forse riuscirò a vedere Astur. Si dice in giro che i nostri si stiano coprendo di gloria davanti alle mura di Rusajeelm, di sicuro lui è in prima linea! È sempre stato il migliore di noi, di me di sicuro.
    Nella tua ultima lettera mi chiedevi di Gustua. Purtroppo non ti so dire nulla, eccetto che lui non è mai stato qui a Demester. Probabilmente lo hanno spedito a nord. A differenza mia, lui non aveva bisogno di addestramento. Come non ne avresti avuto bisogno tu, sorellina, ma lasciamo stare questo discorso.
    Tu non dovresti pensare alla guerra, ma alla pace. Presto anche questi brutti momenti passeranno. La guerra, lo dicono tutti qui, è ad un passo dall’essere vinta, basta crederci e avere fiducia nell’imperatore. Non importa se finora abbiamo perso terreno, con i recentissimi trionfi e le prossime vittorie saremo in men che non si dica in grado di riconquistare tutto il terreno perso e di porre fine alla ribellione.
    Di nuovo, non ti crucciare per essere rimasta a casa. Bada a Castinton. Io ti voglio sempre un gran bene, e ti ricordo in ogni momento. E altrettanto fanno anche Astur e Gustua.
    Non rispondermi subito, ti scriverò di nuovo io una volta arrivato a destinazione, dovunque sia.
    Il tuo caro fratello,
    Darlon


    SAALA, PROVINCIA IMPERIALE DELLO XELENAN, GIORNO 11, MATTINA
    <<I preparativi sono ultimati?>>
    <<La milizia regionale è pronta a partire, mio conte. Abbiamo dato disposizione ai vari distaccamenti provinciali di convergere a Borlenood, e di lì a Todeke. Se anche i vari duchi e borgomastri saranno puntuali, l’esercito dello Xelenan sarà completamente radunato entro una settimana. Otto giorni al massimo, dipende da quanto in fretta Ador riuscirà a raggiungere Borlenood>>
    <<E le riserve?>>
    <<Abbiamo provveduto alla distribuzione delle armi ai quattro reggimenti della riserva di Saala. Entro domani saranno già operativi. I duchi e i borgomastri faranno altrettanto nei rispettivi territori di competenza>>
    <<Molto bene, su quanti uomini possiamo contare per il momento?>>
    <<Qui a Saala disponiamo di sette reggimenti, da Berai e Rowotomi ne attendiamo rispettivamente dieci e quattro, da Tabi tre. Circa settemila e duecento uomini una volta riunito il tutto>>
    <<Hai fatto un eccellente lavoro, Deren, sapevo che potevo contare su di te. Ora, mi scuserai, ma devo parlare a mia figlia>>
    <<Certamente signore>> risponde Deren, con un inchino devoto. Poi si gira ed esce dalla sala.
     

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