Capitolo IV: Il decennio dei focolai Ferrante I "Il Grande" Senni, Rex Utriusque Siciliae Dopo gli anni dell'espansionismo napoletano, il giovane regno dei Senni entrava in un quinquennio fondamentalmente pacifico, segnato dai soliti complotti di corte e dalla cattolicizzazione forzata dei popoli serbi sotto la corona partenopea. Al termine di questo teso periodo di guerre, Ferrante giungeva trentaseienne, alle porte della mezza età, ancora vigoroso ma impossibilitato, per fattori diplomatici, a espandersi velocemente quanto in passato. Le isole di Malta e di Sardegna, che Ferrante bramava ardentemente, anche per cacciare gli aragonesi da quella che doveva diventare la sfera d'influenza di Napoli, erano imprendibili, a causa dell'alleanza aragonese con la Francia, più potente fra i regni occidentali. Al contempo, ulteriori espansioni nei balcani erano rese complesse dalla coalizione veneto-bosniaca, che tuttavia divideva i territori napoletani dall'infedele sultano ottomano. Pareva chiaro che la cosa migliore fosse, per il momento, pensare a consolidare e strutturare i territori conquistati di recente. Fu in quegli anni che il Generale Giovanni Botta-Adorno, che pure aveva servito bene nell'esercito, cadde vittima di una spiacevole... coincidenza. Il tutto iniziò un giorno di ottobre, nel 1488, quando l'Inquisitore di stato, Bartolomeo degli Albizzi, si recò a corte da Ferrante con notizie urgenti. Bartolomeo degli Albizzi e l'Inquisizione Napoletana "Mio Signore, i miei omaggi" "Don Bartolomeo! Non mi aspettavo una vostra visita." "Nessuno si aspetta l'Inquisizione Napoletana, Vostra Altezza. La nostra arma principale è la paura, la paura e la sorpresa, la sorpresa e la paura… le nostre due armi principali sono la paura, la sorpresa e una spietata efficienza… le nostre tre armi sono la paura, la sorpresa, una spietata efficienza e una quasi fanatica devozione al Papa… le nostre quattro armi principali sono... Tra il nostro vario armamentario abbiamo… Rifaccio l'entrata, andiamo!" "Non è necessario, Don Bartolomeo. Credo di aver afferrato il concetto." "Vostra Altezza mi libera da un peso. Ad ogni modo, i nostri uomini, dislocati per tutta la capitale, hanno inviato dei rapporti... preoccupanti, Mio Signore. Pare che il popolino veneri il Generale Botta-Adorno come un eroe, e alcuni, per non dire molti, piccoli nobili pare stiano complottando per collocarlo... sul vostro trono, Vostra Altezza." "Sicché, il Generale è ambizioso quanto credevo..." "Vedete, Vostra Altezza, e perdonate l'ardire, ma i baroni credono che potranno sostituirvi tanto facilmente quanto l'aragonese che sedeva sul vostro trono prima del beneamato vostro padre. Pensano di avere potere a sufficienza, anche dopo la ribellione sedata da vostro padre." "Don Bartolomeo?" "Sì, Vostra Altezza?" "Siete fedele alla Corona, nevvero?" "Sempre, Vostra Altezza." "Me ne compiaccio. Andate, inventatevi qualcosa circa qualche eresia del Botta-Adorno, e mandatelo al rogo. Ne avete facoltà." "Vostra Grazia, i Baroni reagiranno certamente." "Ritengo di no. Capiranno che dietro quest'azione v'è la Corona, ma non avranno prove di quanto giungeranno a pensare. E capiranno che siamo a conoscenza dei loro nomi. Perché noi ne siamo a conoscenza, voglio presumere?" "Invero, Vostra Grazia." "Eccellente. Potete andare." Come pronosticato dal Re, i Baroni preferirono non esporsi per evitare la fine del Botta-Adorno ed egli, accusato pubblicamente di eresia, fu scomunicato dal Papa, pedina nelle mani di Ferrante, e condannato al rogo. Il popolino, come sempre, seguì la Santa Chiesa. La morte di Giovanni Botta-Adorno Al termine del periodo di pace, che durò fino al 1493, per Ferrante, ormai giunto all'età di quarantacinque anni, si rinverdirono le speranze di conquista: difatti, nell'agosto di quell'anno l'Imperatore Arciduca d'Austria chiamava alle armi il regno di napoli contro gli Aragonesi, che avevano invaso la repubblica genovese, in esilio in Corsica. Ferrante, ancora vigoroso, si risolse di guidare l'esercito, non essendogli pervenuto alcun Generale degno di lui, affidando la marina, ormai più potente di quella ispanica, all'Ammiraglio Carlo Orsini. La guerra, in realtà, durò soltanto due anni, sufficienti perché Ferrante ponesse sotto assedio Malta e le Baleari, oltre che la Sardegna, e le prendesse, finché l'Austria non siglò la guerra con l'Aragona. Ferrante vide frustrati i propri disegni circa l'isola di Sardegna, finché non gli giunsero i termini della pace siglata dall'Imperatore: L'Aragona avrebbe rotto i propri rapporti con la Francia, rilasciato il Regno di Navarra ed il Regno di Sardegna. Inoltre, un messaggio personale inviatogli dall'Imperatore gli rivelava che lo stesso non avrebbe in alcun modo protetto la Sardegna, né vi si sarebbe alleato, ma che non intendeva scendere in ulteriori guerre. Era l'occasione perfetta: il 21 febbraio del 1495 Ferrante partiva alle volte della Sardegna, protetta da un contingente di soli mille uomini radunati in fretta e furia, prendendola in poco più di un anno: nell'aprile del 1496, difatti, siglava la Pace di Cagliari, che decretava l'annessione della Sardegna nella corona Napoletana. Numerose opere furono scritte a corte dai tanti letterati sotto la protezione di Re Ferrante, e numerose ballate dai bardi che allietavano i fastosi banchetti per i festeggiamenti. L'anno successivo fu forse il più prolifico per quanto concerne l'arte di quanti ne avrebbe vissuti in seguito il regno, e Napoli divenne il maggiore centro culturale della penisola italiana, dacché ne era diventato stato egemone in tutto e per tutto. il 13 Maggio 1498 scoppiava la seconda grande guerra d'Europa: L'Imperatore, sceso in campo in difesa del Ducato di Mantova, al quale aveva dichiarato guerra la Serenissima Repubblica di Venezia, si ritrovò a fronteggiare il temibile alleato dei veneti. Il Re di Francia. Immediata la chiamata alle armi dei Napoletani e dei Polacchi, che avrebbero permesso di superare di circa diecimila uomini l'armata Franco-Veneta. Eppure, le operazioni militari furono gestite davvero male: la prima grande battaglia, difatti, combattuta a Brescia, vide la disfatta, per un soffio, delle truppe Austro-Napoletane, che pure si trovavano in posizione di vantaggio geografico, essendo asserragliate sui monti, a causa del mancato supporto delle truppe polacche, rimaste ad assediare Treviso. In seguito, i ventimila napoletani in arme si asserragliarono a Treviso stessa, quando si furono ripresi, mentre l'Imperatore si lanciava a Trento, occupata da trentamila francesi, alla guida di venticinquemila dei suoi, rimediando una sonora disfatta. Avvedutosi dell'impossibilità di continuare la guerra in maniera organizzata, causa l'incapacità tattica e strategica dei suoi alleati, Re Ferrante si ritirò tornando nei territori pontifici in attesa di migliori scenari di guerra, forte del fatto che l'amico Ducato di Ferrara non aveva concesso l'ingresso ai franchi. Tuttavia, l'esercito austriaco fu annientato, proprio mentre un altro esercito polacco apriva un secondo fronte nelle Fiandre (!!!). Ciò costrinse l'Imperatore a siglare una pace che decretava la fine, per cinque anni, dell'alleanza Austro-Napoletana e poco più (visto che Mantova, nel frattempo, era stata annessa in una guerra separata dal Duca di Milano). Pochi mesi dopo, il cinquantaduenne Ferrante, segnato dalla delusione (l'occasione poteva essere propizia per lo smantellamento ulteriore di Venezia e per la presa di Corfù, isola da lui bramata) e dalla malattia, periva. Il cinque Dicembre 1500, dunque, gli succedeva il fratello, il quarantacinquenne Gabriele, privo di un erede legittimo, mentre l'unico papabile pretendente al trono pareva essere il Duca di Ferrare, l'Estense, che godeva di un matrimonio reale con il Re di Napoli. Si prospettavano anni d'incertezza.