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SPWW2 AAR Naia in tempo di guerra; c'ero anch'io

Discussione in 'Le vostre esperienze: AAR' iniziata da Luigi Varriale, 31 Ottobre 2019.

  1. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Alle ore 1630 la battaglia stava raggiungendo il suo punto critico.

    Nella posizione più precaria di tutti stava l’8a compagnia bersaglieri, la quale doveva preoccuparsi di un caposaldo nemico su due plotoni ed una sezione mitraglieri pesanti che la teneva inchiodata al terreno. Il fuoco deciso sprigionato da questa sorgente nemica, era sufficiente per tenere inchiodati sia i bersaglieri che le loro armi di supporto. Il Maggiore Vicari chiese fumo via radio dall’artiglieria del raggruppamento, ma il suo comandante gli fece sapere che tutti i pezzi erano al momento impegnati a preparare missioni di fuoco, inclusa una sui suoi obiettivi.

    L’Ariete era provata ma vittoriosa: avendo assunto la responsabilità del fianco sinistro dell’8a era riuscita a cacciare la fanteria della seconda e terza compagnia del battaglione indiano nord. Il Postuma aggregava il suo carro comando al plotone del s.ten Moreno ed ordinava al plotone del s.ten Bernardi di cooperare con gli esploratori per finire la fanteria nemica sul ciglione nordovest.

    Di fronte agli obiettivi di primo tempo, la Pavia era ancora bloccata, con il suo attacco se non respinto, almeno arrestato da una solida compagnia nemica che semplicemente gli bloccava la strada, sfruttando caparbietà difensiva e posizioni difensive preparate.

    La Bologna, il cui compito iniziale era quello di appoggiare sulla destra il movimento offensivo della Pavia aveva fatto buoni progressi, ma rischiava ora di essere presa di petto da una compagnia di mitralieri indiani, anche loro in posizioni preparate. La compagnia era giunta agevolmente su una cresta. Giunta sulla cima si era trovata, asserragliata su una cima opposta l’intera compaagnia di mitragliatrici nemiche ad ad attenderla. Il Comandante della Bologna, capitano Marchetti, aveva chiesto ed ottenuto il permesso di ripiegare dietro la prima cresta per sottrarsi al fuoco macellante. LA compagnia era pure riuscita a piazzare in cresta i suoi quattro cannoni anticarro, la batteria del s.ten Fontana; il dubbio era se ritirare anche questi o aprire il fuoco rischiando una devastante ritorsione. Si decise per la seconda ipotesi e di lasciare la linea di mitraglieri nemici ai mortai di battaglione.

    A sud di queste posizioni stava il CTA, che aveva iniziato il movimento di aggiramento per il sud, manovra tipica in ASI. Se non che le cose non erano andate troppo lisce nemmeno per i germanici, il cui 33° battaglione esplorante (la compagnia autoblindo) scopriva una batteria AA da 40 millimetri, probabilmente servita da personale inglese nella depressione tra il ciglione a sudovest di Derna e le posizioni indiane all’estremo sud. La 10a compagnia panzer, che si era messa in caccia di alcuni cuisers inglesi, che facevano probabilmente parte della riserva centrale nemica, si accorse troppo tardi della presenza di questi cannoni postati alla sua sinistra. Uno dei carri del comando di compagnia ne aveva fatto le spese, così come un panzer del 3° plotone. Queste perdite le prime in mezzi corazzati del CTA. La cosa venne comunicata immediatamente al magg. Shurz che viaggiava con la compagnia shultzen dietro ai panzer, ed a quello non rimase che decidere con quale tipo di arma volesse ingaggiare la minaccia, durante il suo tragitto verso nord. Il CTA infatti era stato suddiviso in due aliquote: grosso, formato dalla compagnia panzer, la shultzen, la compagnia autoblindo e la 200a Donner, che aveva il compito di spazzare le immediate retrovie indiane da sud a nord agevolando l’avanzata delle forze italiane e la completa distruzione del nemico, e la compagnia motociclisti, con il compito di convergere più in profondità alla ricerca dei cannoni da 88 inglesi nelle retrovie. Se condo i primi rapporti del ten. Wagner, avanguardia della compagnia motociclisti, gli Inglesi avevano almeno un reggimento di artiglieria tra Derna e la sua periferia nord e sud. MA non poteva essere preciso fino a quando non si fosse avvicinato maggiormente. Compito della comagnia motociclisti era ovviamene neutralizzare tali cannoni. Il ten. Wagner si chiedeva se sarebbero bastata le munizioni.

    In definitiva la situazione non poteva dirsi risolta a favore dell’Asse, ma non era nemmeno più critica come lo era stata qualche turno prima. C’erano è vero ancora dei punti forti di resistenza nemica, ma vi erano buone possibilità di vincerli con il supporto di tutte le armi combinate. Un altro aspetto positivo per gli Italo Tedeschi in questa battaglia e che non si era ancora vista l’aviazione nemica.
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    Ultima modifica: 22 Dicembre 2019
  2. StarUGO

    StarUGO

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    Ma che cannoni sono gli 88 inglesi ? o_O
     
  3. Iscandar

    Iscandar

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  4. StarUGO

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  5. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Il fumo della battaglia impediva quasi ogni visuale. Oramai sul fronte della compagnia la disorganizzazione regnava sovrana. Il Capitano Star strillava alla radio la conferma delle coordinate per i pezzi divisionali. Difficile farsi sentire al di sopra del frastuono della battaglia. Continuavamo ad essere inchiodati al terreno, e solamente adesso il maggiore ed il Tenente Sforza stavano riuscendo a mettere un po’ d’ordine tra le squadre fucilieri del comando della compagnia. Comunque vi erano molti morti e feriti, circa una decina, ai quali si stava cercando ancora di dare un minimo di soccorso. La posizione della fanteria nemica di fronte a noi a destra era là, ferma ed inespugnabile. Il problema più grosso era un nido di mitragliatrici nemiche nascosta alla vista dei nostri pezzi a tiro diretto da 65, che ci stava lentamente massacrando. Al minimo movimento, quelli aprivano il fuoco e ammazzavano qualcuno. E se non muovevamo, sparavano lo stesso e provocavano prima o poi qualche movimento che avrebbe ammazzato qualcuno. Questo era il principale motivo per cui Star strillava alla radio. Voleva quella postazione di mitragliatrici tolta di mezzo.

    All’inizio avevamo contato sull’appoggio di Postuma per venire fuori dalla situazione in cui la compagnia si era venuta a trovare, ma l’Ariete alla nostra sinistra era pesantemente impegnata contro una maledetta batteria di cannoni inglesi. Il latrato secco delle armi inglesi, che non si vedevano nel turbinio di sabbia faceva accapponare la pelle. Mentre speravo ancora che i nostri carri potessero districarsi e venirci in aiuto, ne vidi uno saltare in aria e gli altri ritirarsi verso il ciglione venendo fuori dalla zona battuta dal fumo e dal fuoco. Non venivano nella nostra direzione, ma indietreggiavano dalla parte opposta. Pregai che il carro del capitano fosse sopravvissuto. La fanteria indiana che l’Ariete stava attaccando era visibile un due chilometri alla nostra sinistra. Aveva preso una bella lezione dai carri del Postuma, ma adesso che egli aveva dovuto interrompere l’azione, c’era rischio che si riorganizzasse e ci venisse contro.

    Per quanto riguarda lo schieramento della compagnia vero e proprio,avevamo i plotoni fucilieri di fronte ed i mitraglieri a destra. Era ancora la posizione che avevano assunto quando avevano cominciato l’attacco con asse ovest-est sulla compagnia indiana che difendeva il ciglione. Ma all’apparizione sul loro fianco destro della seconda aliquota di fanteria nemica, avevano fatto fronte a sud ed erano rimasti inchiodati al terreno esattamente come noi. I mitraglieri, più vicini al nemico, avevano sofferto molto. Il plotone del s.ten Ricci aveva avuto 9 morti, quello del s.ten Rossetti 3. Un infelice esordio per Rossetti, che si era trovato fin dall’inizio nel peggio del peggio.

    All’estrema sinistra, avevamo schierato, o dovrei dire “si vennero a trovare” le armi di accompagnamento, vale a dire la batteria da 47 e quella da 65. Dalla posizione nella quale erano state costrette a fermarsi dal fuoco d’infilata della fanteria indiana, non vedevano i mitraglieri nemici; ed avevano quindi iniziato un duello contro i fucilieri indiani che tenevano la collinetta sulla quale il nemico era appostato. Ma il nemico era in posizioni preparate, mentre loro avevano dovuto improvvisare uno schieramento dei cannoni in terreno aperto ed il fuoco della fanteria nemica, aumentato dai mitragliatori Bren, aveva già ammazzato quattro serventi della batteria del ten Giuntoli.

    Insomma la situazione era grigia e solo l’artiglieria avrebbe potuto risolverla. Da parte nostra, il maggiore Vicari cercò di riprendere alla mano il più possibile dei nostri plotoni sottoposti, per poter un minimo coordinare l’azione della compagnia, che data la situazione per il momento agiva come un insieme non omogeneo di plotoni. La distanza, il fumo ed il rumore, non consentivano un’azione di comando efficace. Il maggiore avrebbe voluto ordinare ai plotoni avanzati allo scoperto di ripiegare. Ma vigevano ancora gli ordini di avanzata verso est, e non vedendo i subalterni il plotone comando avanzare oltre verso est, si erano fermati sul posto.

    Comechessia, il maggiore riuscì a farci muovere quel tanto che bastò per riprendere contatto almeno con i fucilieri del s.ten Lapina e Marinello, i quali quando ci videro arrivare chiesero cosa stava succedendo. Il plotone di Lapina aveva trovato riparo a ridosso di alcune carcasse di cannoni anticarro da 2 libbre precedentemente distrutti, mentre le squadre di Marinello si trovavano totalmente allo scoperto, ma grazie al cielo non vicine a nessuna sorgente di fuoco nemica. Strisciai insieme al maggiore fino alle postazioni avanzate. Egli informò i subordinati che intendeva aspettare l’esito del fuoco indiretto che era in procinto di arrivare sulle posizioni tenute dal nemico prima di decidere come proseguire l’azione. Probabilmente avrebbe ordinato la continuazione dell’avanzata verso est, verso gli obiettivi assegnati all’inizio. La missione della compagnia era ancora quella di fiancheggiare l’azione della fanteria a sud.

    “I mitraglieri sono incastrati laggù” rispose Marinello. Se tentano di ricongiungersi a noi verranno bersagliati allo scoperto.

    “Devono provarci comunque” sentenziò categorico il maggiore. “Dobbiamo riunire questa maledetta compagnia. Quando l’artiglieria nostra avrà scompaginato il nemico, recupereremo gli automezzi e riprenderemo l’avanzata. Per quanto ne so le compagnie di fanteria sono state tutte arrestate ed hanno bisogno del nostro supporto da nord.

    Marinello spedì immantinente una staffetta in direzione dei mitraglieri, e qualche minuto dopo, si vide che questi incominciavano a muovere verso di noi, dopo aver preparato lo sganciamento con qualche candelotto fumogeno. Però ad ogni movimento, le Vickers nemiche aprivano il fuoco. Un altro uomo del plotone del s.ten. Marinello cadeva. Nelle retrovie della compagnia, un grosso movimento di autocarri stava a significare che ci preparavamo ad essere da questi recuperati per proseguire il movimento verso est, non appena si fosse riusciti a raggruppare la compagnia di nuovo in un reparto coerente.

    I maledetti Inglesi erano però di diverso avviso, e ci mandarono gli 88 dritti sulla testa. Panico, confusione e rimanemmo bloccati nelle nostre posizioni sotto la grandine di proietti, oltre a perdere un caporale del plotone del s.ten Marinello. Almeno in questa occasione però riuscimmo a rendere la pariglia al nemico. Il ciglione alla nostra destra occupato dagli Indiani scomparve in un turbine di fiamme e fumo, quando l’artiglieria nostra li colpì. Alcuni sopravvissuti vedemmo emergere dal fumo, ma non avevamo la forza di incalzarli visto che anche noi eravamo al malpartito.

    La situazione statica della compagnia di Vicari: né avanti, né indietro
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  6. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    La battaglia scese di intensità quando uno sforzo combinato della nostra artiglieria, guidata da Ciccoletti in persona riuscì a mettere fuori causa i cannoni da 40 millimetri serviti dagli Inglesi, o almeno inglese era lo sbandato che venne trovato a vagare tra la sua batteria e le nostre linee. Negli ultimi due turni quei cannoni ci avevano macellato, e vederli scomparire tra fuoco e fiamme fu un vero sollievo. La scomparsa dei cannoni antiaerei fu determinante anche per permettere all’Ariete di rifarsi sotto ed attaccare la fanteria che ci stava sulla sinistra. I carri di Postuma mossero da est verso ovest, spazzando via un paio di plotoni nemici che improvvisamente avevano perso l’appoggio delle armi pesanti. Riuscimmo a riunire la compagnia e contammo 122 superstiti, le armi d’appoggio sparse per mezza Cirenaica e la batteria del ten. Giuntoli annientata. Rimaneva sulla nostra sinistra la compagnia indiana con le vickers, ma oramai il suo posizionamento era del tutto irrilevante, a meno che non si fosse ritirata verso sud est verso gli obiettivi di primo tempo.

    Mentre contavamo ancora morti e feriti, giunse il fonogramma dal colonnello con la situazione e gli ordini per noi:

    “At Comando bersaglieri stop riorganizzare compagnie e metterla in sicurezza per prosecuzione sforzo offensivo direzione sud. Resistenza nemica spezzata lungo rotabile per Mechili stop corazzati tedeschi sono su obiettivo di secondo tempo stop Avanzare su obiettivi di primo tempo asse nord sud facendo ben attenzione a possibile incontro con compagnia shultzen proveniente da sud stop muoversi celermente e dare conferma stop aggiungo tra voi e obiettivi di primo tempo non ci sono altri nemici se non la compagnia indiana alla vostra sinistra stop”.

    Ci volle un certo tempo per riorganizzare la compagnia, ma alla fine riuscimmo con un misto di automezzi e truppe a metterci in marcia verso sud. L’Ariete scoprì un’altra batteria da 40mm e perse un’altro carro, mi pare uno leggero. Poi il Postuma disperato ordinò la carica a testa bassa, a costo di lasciarci l’intera compagnia. Ebbe ragione dei cannoni nemici e dimostrò ancora una volta chi era il Postuma. Interrogato sull’azione nel dopo battaglia, dichiarò che l’idea non era sua, l’aveva copiata dal maggiore Shurz che aveva fatto lo stesso, ma con un solo plotone meccanizzato invece che con una compagnia corazzata. Sempre modesto il Postù, ma ovviamente un gran soldato.

    Intorno al turno 21 riuscimmo a metterci in coda all’Ariete per la traversata fino agli obiettivi di primo tempo. Per radio correva sull’onda la notizia che le truppe germaniche avessero occupato Derna e distrutto tutti i cannoni inglesi nelle retrovie, che la 10a panzer avesse distrutto il battaglione corazzato inglese di riserva, e che il nemico desse segni di cedimento. Il tono però non era trionfale, ed attribuimmo ciò al fatto che forse il livello di perdite nostre per eseguire questa operazione fosse stato elevato non solo per noi, ma anche per le altre unità dell’armata italo tedesca coinvolte.

    L’ultima posizione nemica Ciccoletti la smantellò nella maniera a lui più congeniale: a colpi di mortaio. Fece piazzare entrambe le batterie del reggimento in profonde depressioni, e da una cresta diresse il tiro, sino ad aprire la strada all’Ariete che occupò gli obiettivi di primo tempo. All’accadere di ciò i rimanenti Indiani ripiegarono definitivamente oltre Derna; non tutti ce la fecero, perché i Tedeschi erano là ad attenderli. Quelli che non riuscirono ad esfiltrarsi con il buio caddero prigionieri. Alla fine della fiera, vittoria minore per l’asse. Il nemico ci causò dolorose perdite prima di gettare la spugna e ritirarsi al confine con l’Egitto. Inoltre non mollarono Tobruk. Tempi duri, anche se vittoriosi si approssimavano per l’armata italo tedesca.
     
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  7. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Dopo la battaglia di Derna, il reparto di Vicari venne restituito, come le altre unità minori che erano state provvisoriamente assegnate altrove, alla sua dipendenza organica originale. In particolare, la compagnia divenne 8a compagnia autonoma bersaglieri alle dipendenze del corpo d’armata di manovra (CAM) del Generale Gastone Gambara. Esaurito il ciclo controffensivo per riguadagnare la linea di confine, anche gli altri raggruppamenti ad hoc vennero sciolti e le loro truppe riassegnate alle loro rispettive G.U. di appartenenza.

    Era in costituzione uno speciale reparto esplorante per il Corpo d’Armata di Manovra chiamato RECAM; ma fino a quando questa unità di livello reggimentale non fosse stata pronta, la compagnia ne avrebbe assunte le funzioni, naturalmente in tono minore.

    Ci furono di conseguenza alcuni cambiamenti nella fisionomia del reparto, alcuni dettati dall’alto ed altri decisi dal Maggiore Vicari.

    Tanto per cominciare, la compagnia ricevette un vero e proprio autoreparto composto da conducenti militari per i propri autocarri, che poneva fine ad una situazione precaria che aveva visto fino a quel momento gli autocarri condotti da un misto di personale civile e militarizzato. Ora tutti i conducenti sarebbero stati sottufficiali in servizio permanente effettivo addestrati alla guida militare del veicolo. La cosa aveva pro e contro. Se da una parte il provvedimento assicurava una certa uniformità nell’addestramento alla conduzione di tali veicoli, dall’altro si trattava di personale totalmente nuovo al teatro africano, con tutte le complicazioni e gli inconvenienti del caso.
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    Altra modifica che arrivò dall’alto, fu la riunione dei cannoni anticarro e di quelli per fanteria in un’unica batteria cannoni, servita anch’essa da un autonomo autoreparto. La batteria direttamente alle dipendenze del comando di compagnia, era composta da un plotone anticarro su cannoni da 47mm e 24 serventi, ed una di accompagnamento, anche utilizzabile in funzione anticarro, questa su 4 pezzi da 65mm, pure con un totale di 24 serventi. Era in proposito giunto un rapporto dalla divisione Sabratha circa il fatto che uno di questi pezzi da 65 aveva distrutto un nuovo tipo di carro armato inglese che si era visto apparire nel mese di giugno. Il carro, un vero e proprio mostro, pesante e ben corazzato, aveva due cannoni, uno da 37mm ed uno da 75mm. Il mezzo distrutto era stato esaminato dal corpo dei reali ingegneri e nessuno riusciva a capacitarsi di come il modesto cannone per fanteria da 65mm fosse riuscito a penetrarne la spessa corazzatura valutata intorno ai 50mm nella parte frontale. Nonostante questa buona notizia, l’apparire di un tale mezzo nell’arsenale del nemico non mancò di provocare la più viva preoccupazione nei comandi italiani a tutti i livelli. Se il nemico avesse potuto mettere in linea un numero considerevole di questi mezzi, il bilanciamento qualitativo, già sensibilmente a favore del nemico, sarebbe stato ancora più svantaggioso per le forze italiane. Secondo alcune fonti infine, questo nuovo mezzo non era di produzione inglese, ma americana e fornito agli Inglesi con il programma Lend Lease.
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    A proposito del plotone di cannoni da 65mm, era giunto alla compagnia il suo nuovo comandante in sostituzione del Ten. Giuntoli, caduto durante la battaglia di Derna. Questi, un giovane tenente che rispondeva al nome illustre di Menotti, si presentò prontamente a rapporto dal Maggiore Vicari, che Ahimè del nuovo arrivato non ricavò un’ottima impressione. Poteva darsi che l’aria di insicurezza del ragazzo fosse data dalla sua nuova destinazione e dal fatto di essere appena uscito dalla scuola di artiglieria, ma comunque la cosa non era di buon augurio. Qui tempo per fare tirocinio non ce n’era. Il Tenente avrebbe potuto trovarsi in operazione il giorno dopo e avrebbe dovuto comandare i suoi cannoni in condizioni anche estreme e da subito.

    “Lei sostituisce un magnifico ufficiale caduto in combattimento” concluse Vicari alla fine del rapporto, “La prego di fare di tutto per esserne all’altezza”. Il ragazzo aveva rigidamente risposto che lo avrebbe fatto, ed il colloquio si era concluso senza lasciare a Vicari un’impressione migliore di quando era iniziato.

    Mentre interloquiva col subordinato, il Maggiore, incrociò più di una volta lo sguardo con il suo comandante in Seconda Capitano Star per ricevere conferma o smentita delle sue impressioni. Non gli parve di leggere un’espressione di smentita sul volto del suo subalterno. Alla fine del colloquio, i due si cambiarono le impressioni.

    “Non c’è scelta Signor Maggiore; dobbiamo prendere quello che ci mandano. E’un ufficiale di artiglieria abilitato, vedrà che alla fine andrà bene” fu il commento ufficiale di Star all’indirizzo del suo comandante.

    L’ultima novità introdotta nell’8a dalla battaglia di Derna, era invece stata decisa internamente dal comandante stesso: aveva deciso di aggregare al comando la sezione di fuciloni anticarro da 20mm ed il relativo autoreparto, in maniera da sfruttare sia la potenza di fuoco di tali armi a difesa diretta della squadra comando e sia per dare più mobilità a tutto il complesso ora che gli autoreparti come detto sopra, erano in proprio e forniti dall’esercito. Il Sgt. Manca, comandante della sezione AT fu particolarmente contento dell’assegnazione quando questa gli venne comunicata. Questi era un solido, anzi solidissimo sottufficiale in servizio permanente, la cui unica colpa era quella di non essere particolarmente fiducioso della validità delle armi che comandava. La sezione contava due fuciloni Solothurn 18-S1000 da 20mm serviti da due uomini ciascuno, incluso lui che era tiratore del primo pezzo. Fino adesso, le armi si erano rivelate abbastanza inutili contro i corazzati e non si era per di più mai riusciti a portarle a distanza di tiro utile, visto che non era affatto facile controbattere la manovrabilità di mezzi a motore sul tipo di terreno nel quale la compagnia operava. I pezzi erano ingombranti, pesanti (100 kg) e adatti secondo Manca più ad una difesa statica con sganciamento dopo il tiro che ad operazioni manovrate, in special modo se in mancanza di qualunque ausilio meccanico per il trasporto. Comunque il Sergente fu lietissimo del fatto che avrebbe diviso l’autocarro con lo stato maggiore della compagnia.
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    Dopo la battaglia di Derna, il grande quadro strategico prevedeva, in ossequio alla volontà del Generale von Lush, comandante del CTA, di incalzare gli Inglesi cautamente ma incessantemente allo scopo di non dargli respiro e di causare la massima disorganizzazione possibile durante il loro ripiegamento oltre confine. L’avanzata doveva essere condotta su due direttrici principali. Alle truppe mobili italiane era stata assegnata la direttrice nord. La divisione motorizzata Fiume, che era in avanguardia del Corpo d’Armata di Manovra, aveva richiesto che la compagnia autonoma bersaglieri avesse svolto il ruolo di avanguardia, cosa sulla quale il Generale Gambara era stato daccordo, distaccando con piacere il reparto alla Fiume.

    Quindi la successiva missione della compagnia, prevedeva che essa precedesse la grande unità motorizzata oltre il confine libico egiziano, attraverso la scarpata di Sollum per arrivare come obiettivo finale al controllo del passo dell’Halfaya, già come ricorderemo teatro di scontri precedenti. L’operazione fu battezzata operazione “Manta” e sarebbe cominciata, nonostante i grandi caldi e vista l’intransigenza tedesca, all’inizio del luglio del 1941, con gli obiettivi indicati sopra. Le truppe del CTA avrebbero agito concomitantemente sull’altopiano a sud della litoranea e si sarebbero possibilmente ricongiunti agli Italiani proprio all’Halfaya, o se le condizioni lo avessero permesso, ancor più a oriente, tra Sidi el Barrani e Marsa Matruh. L’obiettivo era naturalmente il disfacimento delle rimanenti unità britanniche in territorio egiziano e la presa del delta del Nilo e di Alessandria.
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    Secondo il servizio di informazioni militari (SIM) la zona di competenza dell’8a compagnia era presidiata da elementi della 2a divisione Neozelandese, ma sulle sue posizioni ed intenzioni, nessuna idea.

    Il Maggiore Vicari ed il Capitano Star non persero tempo e si ritirarono in uno dei veicoli del plotone comando per cercare di mettere insieme un piano per l’esecuzione della missione. Non vi era dubbio che la prima cosa da fare era occupare velocemente Sollum Alta subito al di là del confine. L’8a compagnia sarebbe stata la prima unità italiana a varcare per la seconda volta la frontiera libico egiziana, questa volta si sperava in maniera definitiva. Il piano prevedeva che la compagnia occupasse e difendesse degli obiettivi intermedi per cautelarsi da eventuali contromosse del nemico sul confine. Dio sapeva quanto fossero noiosi ed intraprendenti i reparti di autoblindo britannici in quella zona ed occorreva evitare ogni pericolosa infiltrazione. Una volta assolta questa prima parte della missione occorreva preoccuparsi di come assolvere alla seconda parte, avanzando lungo la via Balbia in direzione di Sollum Bassa. Qui la direttrice di avanzata era obbligata sulla rotabile essendo essa circondata da terreno impraticabile ai veicoli; un punto estremamente pericoloso della traversata. Una volta sbucati al di là della scarpata di Sollum occorreva decidere come approcciare l’ultima parte dell’azione, cioè la messa in sicurezza del passo dell’Halfaya e l'attesa di notizie da parte delle truppe germaniche. Qui vi erano due direttrici di accesso: Sollum Bassa ed il passaggio a sud del ciglione del passo. Il corso dell’azione a quel punto sarebbe stato dettato dalla disposizione e dall'atteggiamento degli eventuali nemici scoperti fino a quel momento.

    Nell’immediato occorreva invece decidere come disporre le forze per assolvere alla prima parte della Missione.

    Alla compagnia era stato aggregato un plotone di carri leggeri per l’esplorazione comandati da un tale Tenente Agostini, del battaglione da ricognizione della divisione Fiume. Vicari doveva decidere anche come impiegare questa forza. Questi mezzi si erano rivelati praticamente inutili come veicoli da combattimento nelle fasi precedenti della fase della campagna, ma il comando superiore pensava che potessero ancora trovare utile impiego come veicoli esploranti lungo il fronte delle unità dalle quali dipendevano, ed il CAM ne impiegava ancora in gran numero.

    Mentre in nostri eroi stavano cercando di elaborare un piano di battaglia, il Ten. Sforza arrivò tutto eccitato correndo con un foglio di carta in mano, perdendo tutto il contegno con cui ci si doveva rivolgere ad un superiore: “Signor Maggiore...Signor Maggiore...E’ arrivato un camion pieno di apparati radio tutti per noi. Il Signor Generale Landoni dice con i suoi complimenti Signore...e dice di sbrigarsi ad organizzarsi. La divisione sta ricevendo pressioni dall’Ecc. Gambara per fare in fretta.”

    Vicari e Star si guardarono l’un l’altro con non celata aria di soddisfazione. Il maggiore esaminò il messaggio che il Tenente Sforza gli portava e fece un rapido calcolo nella sua mente.

    “Potremo equipaggiare con radio tutti i plotoni ed anche quasi tutti gli automezzi! Esclamò rivolto con aria di viva contentezza all’indirizzo del vicecomandante.”

    “Sta bene” sentenziò lesto Vicari. “Fate montare gli apparati sui veicoli più importanti e distribuite il resto ai comandi di plotone. comunicate agli ufficiali in comando che hanno due ore per rinfrescarsi sulle procedure di utilizzo degli apparecchi. Assicuratevi tenente che siano impostati sulle frequenze della rete interna del plotone.”

    “Sissignore” rispose quello e decollò per andare ad assolvere ai suoi compiti.

    “Questa è un’eccellente notizia Ugo; con questi apparati avremo finalmente quella flessibilità operativa che questo teatro di guerra richiede. Forse al comando si sono resi conto che qui non siamo nelle trincee sul Carso”. Il Capitano Star sorrise con soddisfazione, senza rispondere nulla.
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    Proprio sulla linea di confine esistevano tre piccoli villaggi satelliti dell’abitato principale di Sollum Alta. Si trattava di non più di qualche catapecchia abitata da popolazioni musulmane locali che avevano di buon grado deciso di evacuare la zona con capre e cammelli per consentire al comando della compagnia di installarvici. Il resto era accampato ai due lati della Balbia in posizione tale da poter riprendere con breve preavviso il movimento. Per il primo movimento su Sollum Alta, Vicari dispose che la compagnia si sarebbe mossa in linea per l’occupazione di Sollum Alta e dell’altura sulla quale la città era situata. I carri leggeri del Ten. Agostini sarebbero inizialmente posti dietro alla fanteria, in quando la prima fase della missione richiedeva un’azione rapida e fulminea condotta con la fanteria smontata. Al di là della frontiera si poteva trovare di tutto, e nulla meglio della fanteria smontata poteva affrontare questa prima incognita a breve raggio. Se la collina fosse stata trovata sgombra, allora il piano prevedeva che i carri leggeri sarebbero passati in testa per l'esplorazione a lrgo raggio.

    Per questo primo compito dunque la fanterie dell’8a si sarebbe proiettata in avanti con uno schieramento standard di assalto, con i due plotoni assaltatori in linea al centro ed il plotone comando agli ordini diretti di Star in rincalzo. Alle ali estreme sarebbero stati posti i plotoni di mitraglieri per l’eventuale appoggio di fuoco. Gli automezzi sarebbero venuti in secondo scaglione, ma non troppo lontani. La compagnia avrebbe dovuto consolidarsi nel più breve tempo possibile sulla collina di Sollum Alta, allo scopo di riprendere al più presto l’avanzata.
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    Per quanto riguarda le armi di accompagnamento, visto che la prima fase sarebbe stata un attacco speditivo, solamente le mitragliatrici pesanti sarebbero state schierate, mentre le altre armi sarebbero state mantenute montate sugli autocarri, a meno di circostanze imprevedibili. Insieme al comando di compagnia, queste armi pesanti sarebbero state tenute montate sulla Balbia, pronte comunque ad intervenire a ragion veduta o a consolidare il possesso di Sollum Alta.
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    Campo di tiro delle mitragliatrici pesanti da 8mm del Ten. Lunardi

    “Una volta presa Sollum Alta dovremmo lasciare un aliquota di truppe a guardia degli obiettivi posti tra la scarpata e la città” affermò il Capitano Star alzando lo sguardo dalla carta topografica.

    “Questo si vedrà capitano. Lo faremo solo se ne ravviseremo la necessità; avremo bisogno di tutte le truppe disponibili per assolvere al resto della missione.”

    “E se il nemico dovesse venire da nord, lungo la costa per aggirarci?”

    “Vedremo” fu il commento lapidario del comandante, in un tono che ammetteva poche repliche. Aveva il suo concetto di azione e lo avrebbe seguito.

    Prima del calar della sera, il Maggiore Vicari si recò a piedi nelle prime linee per controllare lo stato delle truppe e la loro preparazione all’eventuale combattimento. Inoltre utilizzò la passeggiata per scaricare la tensione dell’imminente azione e forse dell’imminente scontro a fuoco con il nemico. Fece il giro di tutti e quattro i plotoni avanzati, dopo aver controllato l’appostamento delle mitragliatrici di Lunardi. La colonna dei mezzi della compagnia si snodava per un chilometro lungo la Balbia. Essi erano piuttosto diradati per minimizzare l’effetto di un eventuale sbarramento di artiglieria, arma che gli Inglesi avevano dimostrato di saper utilizzare in maniera magistrale nelle precedenti battaglie. Oltrepassò il reparto dei carri leggeri, dove ricevette un’accoglienza corretta ma fredda. Era sempre così con i reparti assegnati. Il comandante e gli uomini del reparto non sapevano nulla di lui, se non che da lì a poco avrebbero dovuto forse obbedire ai suoi ordini in combattimento. Non avevano idea se lui fosse un ufficiale valido e se i suoi ordini avessero o no avuto senso. Inoltre non era un ufficiale di cavalleria, ed al Tenente Agostini, comandante del plotone dei CV-33, prendere ordini da un ufficiale della fanteria non andava particolarmente a genio. Comunque comunicò che i suoi carristi ed i suoi mezzi erano pronti all’azione.
    008.jpg
    Il Tenente Agostini si prepara all’azione prima dell’avanzata su Sollum Alta.

    Poi in successione Vicari si recò al plotone mitraglieri del S.Ten. Che era quello più a sinistra sulla Balbia. Si intrattenne per qualche minuto con il comandante e si assicurò che tutti fossero pronti.

    “Allora tenente, sono pronte le sue trappole da migliaia di lire?” chiese per stemperare la tensione dell’imminenza dell’azione.

    “Ci conti pure Signor Maggiore. Se qualche elmetto piatto fa vedere la sua faccia sul limitare dell’abitato, glie la modifico a dovere” fu la risposta sicura di Rossetti. A dir la verità, era estremamente improbabile che il nemico si presentasse in città prima che gli Italiani riuscissero ad occuparla. I pattugliamenti dei giorni precedenti non avevano rivelato la presenza di nessuno fino alle alture della scarpata di Sollum, cioè fino all’orizzonte osservabile. Tuttavia…

    Terminato il “giro delle visite” e dopo aver raccomandato ai plotoni di assaltatori la velocità e la continuità del movimento, Vicari se ne tornò al suo posto di comando sul suo veicolo, con dietro di lui l’automezzo che portava la sezione AT del Sergente Manca. L’ultimo plotone che aveva visitato era quello del Capitano Star; il plotone comando, che fungeva da rincalzo della compagnia, nel caso in cui i plotoni di assaltatori avessero incontrato guai. Era la prima volta che al Capitano “Ugo” come gli uomini amavano chiamarlo era affidato il comando indipendente e diretto di una delle unità da combattimento della compagnia. A partire da quella battaglia, il Maggiore Vicari sarebbe stato distaccato ad una squadra comando indipendente, che avrebbe anche avuto il controllo tattico sul plotone comando. Questa modifica interna decisa da Vicari era stata apportata in maniera da consentire al comando di compagnia un più stretto controllo delle rmi pesanti per meglio dirigere la gravitazione dello sforzo del reparto. Era un esperimento, e si sarebbe visto se avrebbe avuto successo oppure no.

    Alle 18 in punto, il Maggiore, all’interno del suo automezzo, mise mano alla radio e pronunciò la parola d’ordine per l’inizio dell’operazione.

    “A tutti i reparti...ripeto a tutti i reparti, qui è il comandante...VERONA...procedete secondo i piani”

    Per la seconda volta, l’armata italiana d’Africa tentava la penetrazione in territorio egiziano, questa volta con le lezioni apprese dalle batoste precedenti, e con l’appoggio a sud del CTA.
    009.jpg
    Sezione mitraglieri del plotone Rossetti nella tensione antecedente all’inizio dell’operazione MANTA
     
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  8. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Circa alle 1815 il Maggiore Vicari ricevette i primi rapporti dai plotoni avanzati che comunicavano di avere occupato Sollum Alta senza incontrare nessuna resistenza. Decise quindi, visti i primi sviluppi favorevoli di apportare qualche modifica al piano iniziale.

    “Leone, qui Aquila. La fanteria ha occupato la città senza noie. Portatevi lungo la rotabile sulla cresta est della collina di Sollum. Procedete con cautela passo”

    “Aquila qui Leone ricevuto, eseguiamo”

    I carri leggeri del Tenente Agostini si misero in movimento lungo la Balbia, attraversarono l’abitato di Sollum Alta sotto la protezione delle armi dei plotoni d’assalto dell’8a, e poi convergettero a sinistra per portarsi in cresta in un posto d’osservazione che gli avrebbe consentito l’esplorazione della scarpata sottostante fronte a nord est. Dopo pochi minuti, il plotone ragguagliò sulla situazione.

    “Aquila qui Leone. Non vediamo nulla, ma il nemico è qui da qualche parte. Abbiamo scorto luccichio di binocoli in direzione est. Sono sicuro che siamo sotto osservazione passo”

    “Leone. Rimanete posizione ed occhi aperti”

    Il Maggiore fece muovere tutto il dispositivo in avanti e prese la sua prima decisione importante: la sua squadra comando, la sezione fuciloni ed un plotone mitraglieri sarebbero rimasti per il momento a guardia della posizione della collina e degli obiettivi posti al di sotto della scarpata, visto che il plotone esploratori aveva rilevato una qualche presenza nemica.
    001.jpg
    Prese queste disposizioni si procedette con l’organizzazione della compagnia per riprendere il movimento autocarrato sulla Balbia, con il fianco a nord est coperto dalle truppe che il Maggiore Vicari aveva deciso di sottrarre all’avanzata. Venne mantenuto in testa il plotone del S.Ten. Lapina e si imbarcò il resto del personale sugli autocarri per proseguire il movimento celere verso est, mentre il 4° plotone mitraglieri del S.Ten. Rossetti si attestava su un ottimo terreno difensivo sulla pendice nord est della collina di Sollum Alta. La squadra comando e la sezione AT da 20 serravano sotto.
    002.jpg
    Era appena ricominciato il regolare movimento della compagnia lungo la via Balbia, che il fuoco dei soliti 88 inglesi, oramai riconosciuti dalle truppe dal rumore caratteristico delle granate in traiettoria discendente, cominciò a prendere di mira la collina di Sollum Alta. Il plotone dei carri leggeri ne fece le spese. Si confermò così in maniera ineluttabile che la collina e le truppe che la occupavano si trovavano sotto l’osservazione nemica.

    “Aquila qui Puma. Fuoco di artiglieria nemica sulle posizioni del plotone carri leggeri davanti a noi. Ripeto abbondanti salve di artiglieria nemica tre quattrocento metri davanti a noi su tutto l’arco del fronte passo” Era il plotone mitraglieri di Rossetti, che aveva osservato i punti di caduta delle salve pur non essendo stato oggetto di fuoco.

    “Puma qui Aquila. Potete vedere da dove il nemico osserva passo”

    “Assolutamente no non si vedeva nulla prima e adesso con tutto il fumo è ancora peggio passo”

    “Puma rimanete in posizione. Cerco di contattare Leone”

    Non ci fu verso di mettersi in contatto con il Ten. Agostini ed i suoi carri. Forse la sua radio era stata danneggiata sotto il fuoco. Al Maggiore vicari non rimase che sperare che il Tenente cambiasse posizione di iniziativa. Era inutile e pericoloso rimanere sotto quella pioggia di bombe, anche per dei carri armati, specialmente diquel tipo.

    Nel frattempo, sotto la guida del Capitano Star, la compagnia proseguiva il suo movimento. Il plotone di testa era giunto ad una curva di elevazione e si preparava a smontare per osservare oltre appiedato.
    003.jpg
    Il plotone carri leggeri ebbe la presenza di spirito di togliersi da solo dalla zona pericolosa. Miracolosamente non aveva registrato perdite sotto il bombardamento dell’artiglieria inglese o neozelandese che fosse. Visto che doveva muovere, procedette all’occupazione parziale degli obiettivi posti nella scarpata di Sollum, mentre la sezione anticarro prendeva posizione in appoggio al plotone mitraglieri, il quale cominciava a preparare posizioni difensive sulla sommità della collina. La squadra comando di Vicari serrava sotto, ed i veicoli si posizionavano occultati in città ed in un palmeto circostante.

    Nel frattempo la compagnia aveva rallentato il movimento per consentire al plotone fucilieri di Lapina una rapida ricognizione del terreno che stava di fronte. Si trattava di un punto delicato di cambio di elevazione del terreno, che impediva una chiara visuale frontale. Il Capitano Star diede ordine di far avanzare verso l’avanguardia il plotone delle mitragliatrici pesanti ed era sul punto di dare l’ordine di diradare i reparti. Se il nemico li avesse osservati e avesse diretto loro contro gli 88, sarebbe stato il disastro. Dal canto loro, gli Italiani non avevano ancora scoperto nulla e nessuno.
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    Come il plotone di Lapina fece per riprendere il movimento appiedato, in attesa di superare il tratto critico della Balbia tra le due Sollum, cadde sotto un fuoco micidiale di una batteria di cannoni antiaerei nemici (i famigerati Bofors 40mm) che tante gatte da pelare avevano dato anche ai tedeschi durante la battaglia di Derna. Il panico si impadronì presto del plotone, nonostante fosse probabilmente quello più veterano dell’intera compagnia. Il S.Ten. Lapina riuscì comunque a mettersi in contatto con il comando.

    “Airone qui Tgre. Siamo finiti sotto il fuoco di una batteria di 40mm nemica. Tutti i veicoli sono distrutti, ripeto tutti i veicoli sono in fiamme. Ho diversi feriti e quattro morti accertati. Non fate avvicinare nessuno all’avvallamento passo”

    Airone era il comando del Capitano Ugo Star.

    “Tigre qui Airone. Fai fumo e cerca di ritirarti. Mi metto in contatto con Aquila e valutiamo se sia il caso di riorientare l’intera compagnia per il nord passo”

    “Airone provo ad eseguire. Confermo che da qui non si passa. Fatelo presente ad Aquila passo”

    “Tigre qui Airone confermo. Tienimi informato su esito ripiegamento chiudo”

    I neozelandesi maledetti, avevano piazzato una sezione di due dei micidiali cannoni inglesi antiaerei da 40mm. Queste armi dalla gittata spettacolare (quasi 4000 metri) si erano rivelate in grado di perforare le corazze dei panzer tedeschi ed erano letali contro fanteria e veicoli non protetti, come l’esito del tiro contro il plotone di Lapina confermava ampiamente. Fu solamente per buona sorte che il plotone che seguiva quello di Lapina, vale a dire il 3° plotone mitraglieri del S.Ten. Ricci non fosse ancora in visuale della sezione nemica. C’era anche da chiedersi se ci fosse solo quella sezione di cannoni in zona o fosse un’intera batteria di sei cannoni, come quelle schierate dal nemico durante la battaglia id Derna. Ora il problema, che i cannoni nemici fossero sei o due, rimaneva il fatto che armi per controbattere quei cannoni gli Italiani non ne avevano. Con la scusa della puntata offensiva “leggera” alla compagnia non era stata assegnata alcuna unità a fuoco indiretto, che in una situazione come quella era l’unica maniera di venirne fuori. Le altre due soluzioni erano una meno allettante dell’altra: la prima era quella di attaccare a massa la posizione nemica, il che avrebbe probabilmente comportato perdite proibitive, mentre la seconda era quella di rinunciare a passare lungo la Balbia, e ritirare la compagnia su Sollum
    Alta per riproporre lo sforzo in direzione della costa, sperando che da quella parte la resistenza fosse minore. Informato il comando di Vicari della situazione, dopo una certa riluttanza questi autorizzò la seconda soluzione. Rimaneva il fatto che il plotone di Lapina sarebbe rimasto isolato e sotto il fuoco nemico, nella momentanea impossibilità anche di fare fumo, visto che era troppo soppresso. La decisione venne presa quindi a malincuore e Lapina avrebbe dovuto districarsi da solo. Infine si decise di mandare i carri di Agostini in ricognizione avanzata per scoprire l’eventuale presenza di forze nemiche lungo al nuova direzione di avanzata.
    005.jpg
    Alle 1945 la situazione si presentava come segue: i Neozelandesi ripresero uno sporadico e non osservato tiro di artiglieria sulle posizioni della collina di Sollum. Nonostante il tiro non fosse molto efficace, questo non impedì che un colpo vagante cadde in pieno tra le posizioni della squadra comando a valle della suddetta collina dal versante ovest, provocando due morti, tra cui proprio il Maggiore Vicari, che terminava così la sua epopea in questa guerra. Il Capitano Ugo Star prendeva dunque il comando della compagnia in questa azione di guerra. Il plotone di Lapina riuscì per qualche miracolo a sganciarsi dalla posizione scabrosa nella quale si trovava ripiegando con un certo ordine lungo la Balbia fuori dal campo di tiro dei 40mm AA del nemico. Il Capitano Star si trovò così con una bella gatta da pelare, in un momento veramente critico per il reparto. Erano passate quasi quattro ore dall’inizio della “puntata offensiva” della divisione Fiume e non si era ancora fatto nessun progresso. Cosa si sarebbe raccontato ai Tedeschi?

    Considerazioni.

    La puntata offensiva comincia male per le forze italiane. L’AI ha trovato i punti da spendere per comprarsi una maledetta batteria da 40, o almeno una singola sezione, che piazzata dove l’ha piazzata, un giocatore umano non avrebbe potuto scegliere posto migliore. Inoltre il nemico impiega una considerevole massa di artiglieria, il che mi fa sospettare che l’AI non dovrebbe disporre di un grande quantitivo di forze mobili in questa battaglia. Se così fosse basterebbe trovare il punto giusto nel quale passare per conquistare l’imboccatura dell’Halfaya e la missione sarebbe ancora raddrizzabile. Avevo anche pensato di postare il plotone dei 65mm a controbattere gli antiaerei nemici, ma poi ho pensato che il gioco non valesse la candela in termini di probabili perdite. Quindi ho fatto prendere a Vicari la decisione di reindirizzare la direttrice di attacco. Purtroppo per Vicari è stata anche la sua ultima decisione. Un colpo assolutamente a c*ulo dell’artiglieria nemica lo ha stroncato (due morti nella sua squadra che mai è stata individuata dal nemico, ma che io ho commesso l’imperdonabile errore di non interrare, come invece ho fatto per quelle forze che sapevo sotto l’osservazione di qualcuno). Gli errori in guerra si pagano ed in Steel Panthers pure, e quindi ho dovuto tirare il dadone per vedere la sorte del comandante. Due al primo tiro e gli è andata bene, ma due anche al secondo e gli è andata male. Speriamo che vada meglio al prode Capitano Ugo Star. Per quanto riguarda il plotone del S.Ten. Lapina, ha avuto fortuna ed è riuscito a sganciarsi senza subire ulteriori perdite. Sarà ancora utilizzabile come plotone appiedato a meno che qualche generoso non gli presti i suoi automezzi.

    Dal punto di vista strategico, gli Italiani hanno conquistato un set di obiettivi e potrebbero anche limitarsi a difendere quelli e magari strappare un pari od un’altra vittoria marginale. Comunque i carri di Agostini in ricognizione ce li ho mandati. Se si scopre che i Neozelandesi sono pochi, si può anche tentare di andare da nord a prendere il passo di Halfaya. Adesso con due terzi di obiettivi in mano italiana (quelli intermedi e quelli che già partivano italiani) sarà interessante vedere quali truppe i Neozelandesi avevano acquistato oltre alla costosa (9 punti per cannone) sezione da 40 e la copiosa artiglieria da 25 libbre (25 punti per cannone)
     
  9. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Tutta l’attenzione e la sagacia tattica del mondo non poterono salvare l’8a dall’artiglieria neozelandese che batteva con un fuoco impreciso ma di elevatissimo volume la valletta tra le due scarpate di Solluma Alta, dove la compagnia stava transitando. Le ricognizione, giustamente in testa alle truppe avanzanti scoprì che i Britannici avevano sulla scarpata un0intera compagnia di fanteria appoggiata da un nido di mitragliatrici Vickers, che ufficialmente poneva le forze italiane in inferiorità numerica e qualitativa. Eì vero che gli Italiani riuscirono ad attaccare il fianco destro dello schieramento neozelandese e ad ottenere la resa del plotone che difendeva quel lato, ma il prezzo pagato fu molto alto: la batteria da 65 distrutta dall’azione combinata delle mitragliatrici nemiche. Il Capitano Star fece l’unica cosa che ancora poteva fare: incaricò il plotone di cavalleggeri di Agostini di smettere di esplorare e di cominciare ad assaltare, per sloggiare la compagnia nemica dalla cresta. La cosa era molto semplice: se l’operazione fosse riuscita, il capitano avrebbe trovato le forze per andare a prendere l’Halfaya, se no...ennesima figura di mer*da con i Germanici.
    001.jpg
     
  10. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    All’alba del 10 il Capitano Star prese una decisione che poteva cambiare l’intero corso della battaglia, e che senza dubbio cambiò la natura della stessa. Ordinò alla cavalleria del Ten. Agostini di abbandonare la lotta e di lanciarsi sul passo dell’Halfaya, che il capitano aveva il forte sospetto che fosse incustodito. Lo scopo di questa mossa era quello di attirare forze neozelandesi che stavano montando una pressione insostenibile sulla compagnia semi disorganizzata dall’artiglieria nemica e sulla quale lui non riusciva a riprendere il controllo. Il suo stesso plotone comando era sotto forte pressione dal fuoco proveniente dalla cresta della scarpata che non pareva che i Neozelandesi volessero abbandonare e che la compagnia non pareva avessero la forza residua per togliere loro con la forza. Per cui si sarebbe visto l’esito della mossa alla Guderian, come la definì il capo di stato maggiore della compagnia Tenente Sforza, del nostro capitano.

    Fu così che al turno 20 di 25, con azione ardita, i carri leggeri si affermarono sull’Halfaya, ed il plotone motraglieri del S.Ten. Ricci, sotto la copertura della batteria cannoni da 47, tentò un assalto diretto alla cresta della scarpata di Sollum Alta, tenuto da un plotone di fanteria neozelandese. L’attacco riuscì a far ritirare il plotone nemico, ma rimaneva da superare l’ostacolo del nido di mitragliatrici.

    Quando la cavalleria comunicò di aver occupato il passo dell’Halfaya senza avervi trovato nessuno, il Capitano Star diede ordine di cessare qualunque altra offensiva. Occorreva vedere in questi ultimi turno come avrebbe reagito il nemico a questo evento.

    Andò a finire che il nemico non reagì affatto. Le poche truppe che aveva non disponevano della necessaria mobilità per andare a riprendersi gli obiettivi. I neozelandesi avevano contato su una difesa statica ed alla fine ne avevano ricavato una sconfitta marginale, riuscendo a raggiungere gli obiettivi che si erano prefissi: logorare il nemico il più possibile durante la sua avanzata. La compagnia perse in azione tra morti e feriti 94 uomini e sei veicoli, più tutti i cannoni da 65. Ma gli Italiani raggiunsero i loro obiettivi. Le forze dell’asse rimasero padrone dell’intera zona di confine. Sarebbe stato da vedere se avessero avuto adesso la forza e gli effettivi per una offensiva decisa in Egitto.
     
  11. StarUGO

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    Non ho ancora letto quello che viene dopo ma intanto mi tocco e mi gratto. :wideyed:
     
  12. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Non si sa mai, comunque per la prosecuzione della campagna, dovresti essere assegnato ad un nuovo comando di compagnia. Sotto trovi un prospetto delle forze dell'asse per la fase finale della campagna. Il Colonnello Ciccoletti, in base all'ottima prova che hai dato di te stesso nella battaglia di Sollum ti conferma nel ruolo di comandante di compagnia e ti concede di sceglierti il reparto che vorresti comandare. Fammi sapere.

    Per il mese di novembre 1941, le forze dell'Asse riordinate e preparate per la parte decisiva della campagna d'Africa venivano così organizzate.
    Comando superiore Africa Settentrionale: colonnello Lucio Sempronio Ciccoletti
    Supporti di gruppo su:
    1 batteria antiaerea da 20
    1 batteria artiglieria da 75
    2 batterie artiglieria da 100
    35° plotone guastatori d'Africa

    X Corpo di fanteria su:
    Compagnia di fanteria AS-42 "Pavia" su:
    3 plotoni fucilieri
    2 plotoni mitraglieri
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65
    Compagnia di fanteria AS-42 "Bologna" su:
    3 plotoni fucilieri
    2 plotoni mitraglieri
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65
    Compagnia di fanteria AS-42 "Sabratha" su:
    3 plotoni fucilieri
    2 plotoni mitraglieri
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65
    Compagnia di fanteria AS-42 "Savona" su:
    3 plotoni fucilieri
    2 plotoni mitraglieri
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65

    XX Corpo di manovra su:
    Compagnia motorizzata "Trento" su:
    3 plotoni bersaglieri autoportati
    2 plotoni mitraglieri autoportati
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65
    Compagnia motorizzata "Trieste" su:
    3 plotoni bersaglieri autoportati
    2 plotoni mitraglieri autoportati
    1 batteria mortai da 81
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria cannoni mista 47/65
    Compagnia corazzata "Ariete" su:
    3 plotoni carri medi M13/40
    1 plotone autoblindo AB-41

    Corpo Tedesco d'Africa: Tenente Colonnello Karl Heinz Rumenigge
    Supporti di gruppo su:
    1 batteria antiaerea semovente da 20
    1 batteria antiaerea/anticarro da 88
    1 batteria di artiglieria da 105
    Pioneer Zug Afrika

    15a Compagnia panzer su:
    4 plotoni carri medi Pz-IIIh
    21a Compagnia panzer su:
    4 plotoni carri medi Pz-IIIh
    90a Leichte shutzen companie su:
    3 plotoni fucilieri meccanizzati
    1 plotone mitraglieri pesanti
    1 batteria mortai da 81
    1 batteria panzer jager con cannoni da 50

    Panzeraufklärungs-Abteilung 3 su:
    Compagnia autoblindo su:
    3 plotoni Sdkfz-222
    Compagnia Kradschützen su:
    3 plotoni motociclisti

    Con questa articolazione l'armata italo tedesca del deserto si accingeva a vincere (arrivando al Nilo) o a morire, facendo la stessa magra figura rimediata storicamente.
     
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  13. StarUGO

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    Un grande onore!!!
    A questo punto direi Compagnia Trieste, in onore della mia città natale.
     
  14. StarUGO

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    :lol::ROFLMAO::lol::ROFLMAO:
    Citazione superba
     
  15. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Il Grande il grandissimo, l'inarrivabile. Altro che le checche di oggi.
     
  16. StarUGO

    StarUGO

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    Tzk tzk tzk
    Si dice LGTBI, non checche.
    :D
     
  17. StarUGO

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    Vecchietto anche tu eh ? :unsure:
     
  18. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    no; DG
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  19. Prostetnico

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    Var e Star ritratti in una delle loro espressioni migliori:

    StarVar.jpg
     
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  20. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Novembre 1941 decollo su allarme.

    Stiamo giocando a scacchi io e Zaferio, la nostra attività ludica preferita durante i turni d’allarme. I Macchi sono pronti al decollo in cinque minuti, con i motori tenuti caldi dai nostri fidati meccanici, pieno di munizioni e tutto. Finalmente la settimana scorsa abbiamo ricevuto i tanto attesi Macchi 202. Ci ho già fatto sopra una ventina di ore di volo e godo come un grillo texano, ammesso che i grilli texani siano diversi dagli altri. Con questo aeroplano non ho più timore di affrontare nessuno. 600 chilometri orari, gran accelerazione e rateo di salita terrifficante; il tutto mercé del nuovo motore Daimler Benz che i Tedeschi ci hanno passato per installarlo anche sui nostri caccia. Finalmente abbiamo anche noi il tettuccio chiuso, che se limita la visibilità rispetto ai vecchi 200, rende anche il volo molto più confortevole, specialmente ad alta quota. Poi abbiamo anche nuove radio; si spera che queste siano più affidabili di quelle vecchie che avevamo sui Macchi 200; se ne gioverebbe molto la flessibilità tattica dei reparti. Unica pecca che rimane a questo apparecchio è l’armamento, costituito ancora da sole due mitragliatrici da 12,7, con in progetto, ci è stato riferito, di aggiungerne in futuro altre due da 7,7. Non importa; basta sparare bene e gli aerei nemici vanno giù lo stesso.

    Il maledetto Zaferio sta sviluppando un attacco sull’ala di re; una cosiddetta “tempesta di pedoni” che minacciano da vicino il mio arrocco. Non sono stato lesto abbastanza da coprirmi su quel lato e adesso il mio avversario ne sta approfittando. Sta per prendere in mano un cavallo per disporlo in una casella pericolosa per me in quanto indifendibile dai miei pedoni centrali troppo avanzati, quando dalla baracca del comando viene fuori a tutta velocità il comandante Tenaglia con entrambe le mani alzate e roteanti al di sopra del capo. Sappiamo benissimo cosa vuol dire. Abbiamo un decollo su allarme.

    “Bombardieri!” strilla Tenaglia mentre corre verso di noi. “Sono stati captati dalla stazione radar tedesca sulle pendici dell’Etna che ha trasmesso l’informazione a noi. Credo siano diretti proprio qui”.

    Da quando l’aeroporto di Castelvatrano ospita anche unità tedesche, l’attività del nemico per debellare l’aeroporto è di molto aumentata. Finora non hanno avuto molto successo, ma si sa che gli Inglesi sono stupidi e cocciuti, e pertanto continuano nei loro tentativi di mandare i loro bombardieri medi di base a Malta a venire a bombardare casa nostra.

    Qui a Castelvetrano si sono installati lo StG 1 con i suoi Stuka tuffatori, e lo LG 1 con i suoi bombardieri Junkers 88. E’ compito nostro assicurare che rimangano ben protetti dalle incursioni nemiche. I Tedeschi hanno sull’aeroporto anche un gruppo di caccia distruttori Ma-110C-4, macchine potentissime ed armatissime per la scorta a lungo raggio dei loro bombardieri. Ma per le missioni di intercettazione vicina, l’accordo con il comando di squadra tedesco e che ce ne occupiamo noi con i nostri agili Macchi. Da quando abbiamo ricevuto i 202, i camerati tedeschi hanno finalmente smesso di guardarci il loro tipico sguardo compassionevole. Un ragazzone dello ZG 26 dei Me-110 una volta mi disse che lui su quelle carrette di Macchi 200 si sarebbe rifiutato di volare, ma d’altra parte mai e poi mai il suo governo lo avrebbe mandato a combattere con un simile catorcio. Nessun pelo sulla lingua il camerata, ma come dargli torto. Il Macchi 200 era ed è un buon aereo, ma le macchine straniere a lui contempranee si sono rivelate molto meglio di quello che si credeva, facendo del 200 un caccia sostanzialmente superato. Non più con il 202 !!

    In men che non si dica io e Zaferio siamo legati ai seggiolini e rulliamo sulla pista. La torre di controllo ha già dato luce verde, vista la priorità assoluta della missione e diamo tutto motore per effettuare il decollo. Chiudo il tettuccio subito prima di arrivare in testa pista e poi via a tutta manetta. L’accelerazione dell’aeroplano è prodigiosa e non credo che ci farò mai l’abitudine.

    Il controllo a terra ci ordina di salire fino a 5000 metri, che è la quota indicata a cui il nemico starebbe volando. Ci mettiamo pochissimo a raggiungere la quota desiderata, ma poi il controllo caccia di Agrigento tace. Noi non siamo autorizzati ad interpellare il centro di controllo per evitare che il nemico possa triangolare la nostra posizione, quindi dobbiamo affidarci completamente alle informazioni che ci danno, quando ce le danno. Secondo me, il sistema è fallato, perché il personale italiano del centro radar deve raccogliere i dati dai Tedeschi, tramite un ufficiale di collegamento, trasmetterli ad Agrigento, che a sua volta avrebbe il compito di guidarci sul nemico su una rotta che ci permetta di coglierlo di sorpresa ed evitare che accada il contrario. Ma come si può ben capire la procedura è macchinosa e spesso non riesce.

    La missione di oggi è uno di quei casi in cui la procedura infatti non riesce, e dopo aver vagato per un buon dieci minuti senza meta, il controllo ci dà una rotta generica per 105 gradi. Seguiamo gli ordini alla lettera, ma il nemico non si vede.

    Volo come capo pattuglia, con Zaferio leggermente arretrato sulla mia sinistra. Ad un certo punto è lui a dare l’allarme, che se aspettavamo Agrigento, potevamo volare fino a Bengasi.

    Il problema è che il nemico ci sta leggermente sopra ad ore otto e viene viene verso di noi. Probabilmente ci ha già avvistato da mo’ con il nostro volare in linea retta con rotta quasi perpendicolare alla loro. Grazie tante Agrigento.

    Allungo il collo a sinistra più che posso per identificare gli apparecchi nemici. Sono Blenheims, probabilmente i nostri vecchi amici del 121° gruppo bombardieri di Malta. Si stanno liberando del carico bellico. Evidentemente hanno l’ordine di interrompere la missione se intercettati. Il solito coraggio “inglese imperiale”. Speriamo solo che le bombe di questi pederasti non ammazzino nessuno laggiù e che atterrino su zone disabitate.

    Abbiamo comunque il problema della posizione svantaggiosa. Teoricamente i bombardieri leggeri nemici (che una volta svuotate le stive sono quasi dei caccia), potrebbero mettersi sulle nostre code.

    “Angelo, tutto motore; seminiamoli e poi andiamo via a forbice”

    “Ricevuto Vulcano, tutto motore e virata larga a sinistra”.

    Il nominativo di Zaferio nel 9° gruppo corrisponde al suo nome di battesimo, visto che suona spiccatamente aviatorio. Il mio me lo sono scelto invece con particolare meticolosità.

    Prima cosa dobbiamo toglierci dalla posizione scabrosa nella quale ci troviamo; accelero dunque a tutto motore per seminare i Blenheims e mettere distanza tra noi e loro.

    Quando giudico di aver allungato abbastanza do ordine a Zaferio di eseguire una manovra a forbice, classica tattica per confondere il nemico. Io viro a destra, Zaferio a sinistra. Ci incrociamo ad una buona distanza di sicurezza dai Blenheim. Occorre fare attenzione, il loro armamento anti aereo non è da sottovalutare.

    Quelli, da bravi soldatini quali sono, si dividono equamente per tenerci tutti e due sotto controllo. Il loro obiettivo è naturalmente quello di mettersi per sud e tornarsene a casa, ma che io sia dannato se ci riusciranno. Del resto i loro caccia da Malta fino a qui non ci arrivano e se vogliono davvero rischiare una missione senza scorta, devono anche sapere che lasciarci la pelle è un attimo. I due che vengono dietro a me li semino facilmente. Zaferio schizza come un proiettile verso sud est con un Blenheim al sedere. Il quarto, maledetto, lo perdo di vista. Comunque fido nella mia velocità a cannone per evitare guai. Mi accodo al Blenheim che si è messo all’inseguimento di Zaferio. Sono ancora piuttosto lontano e quello ancora non può vedermi. Due nemici li ho in coda ma perdono terreno. A spararmi contro non ci arriveranno mai. Ordino a Zaferio di ridurre la velocità in maniera da non guadagnare sull’Inglese; magari quello si illude di poterlo prendere. Ora il primo Blenheim l’abbiamo tra due fuochi. Mi avvicino rapidamente; da sotto dove non ha la torretta del mitragliere. Quando giudico di essere alla sua portata visiva, do tutta la potenza militare ed il turbocompressore. Devo piombargli addosso prima che possa reagire.

    Quando arrivo a tiro sparo una prima raffica. L’Inglese si accorge che gli sono addosso dai proiettili che gli trapassano l’aeroplano, ed è troppo tardi. Dopo la prima ripassata da sotto, vado di aerofreno e contemporaneamente cabro per non sorpassarlo. Gli balzo al di sopra della deriva e lo spettacolo che mi si para davanti è da godimento assoluto: il mitragliere dorsale è riverso fuori dalla torretta sfracellata. I miei traccianti da 12,7 devono aver trapassato la fusoliera da sotto a sopra, ammazzando la checca inglese. Disperatamente cerca di andare in picchiata, ma oramai è mio. Tolgo tutto il motore e mi ci piazzo dietro incollato. Col mitragliere deceduto, posso fare quello che voglio. La carlinga vetrata del posto di pilotaggio mi si para davanti, grossa come una serra. Apro il fuoco a bruciapelo. Pezzi di vetro, rottami, e mi par di vedere anche sangue, schizzano in tutte le direzioni. L’aereo fa un mezzo tonneau e cade. Evidentemente ho spacciato il pilota. Eppure vedo due paracadute aprirsi dopo qualche secondo. Zaferio ha cominciato la virata per tornare indietro e certamente ho ancora tre nemici dietro di me. Di mitragliare i bas*tardi non se ne parla. Troppo in vista, e poi ho di meglio da fare. Tanto questi sono sicuramente prigionieri. Li prenderà qualche contadino siciliano inca*zzato col forcone.

    Mi rovescio e vado in picchiata per portarmi 180 gradi dietro. Velocità per un immelmann non ne ho, quindi tanto vale togliere le tende. Come riporto l’orizzonte al parabrezza, vedo gli altri tre. Cristo sono troppo vicini! Tutto motore e ci passo in mezzo, leggermente sopra. Uno dei tre mi prende di mira con la mitraglia dorsale. Il Macchi ha uno scossone e derapa. Devo avere incassato qualcosa. Mi rovescio per tenerli d’occhio. Sono lento, ma se loro vogliono inseguirmi diventeranno ancora più lenti. Provo i comandi; mi pare che tutto funzioni, devo avere rimediato solo qualche buco non grave. Solo adesso la strizza si fa sentire, con qualche secondo di ritardo. Ma una scarica di adrenalina mi fa tornare in me, quando i traccianti di un secondo Blenheim che era in ritardo rispetto agli altri mi passano sopra al tettuccio. Pezzi di Me*rda, adesso vi concio io.

    Zaferio arriva come un fulmine dietro uno di quelli che stava virando per me, con il muso dall'ogiva verde fiammeggiante. Il Blenheim esplode come un cocomero e scomapre in mille rottami. Deve aver avuto colpito qualcosa di infiammabile. Uno a uno. Uno Zaferio, uno io; solo che il suo non ha sopravvissuti. La solita fortuna di Zaferio.

    Attacco un viratone a sinistra, a tutto motore. E’ stupefacente come questo fenomeno di di Macchi perda pochissima velocità in virata, tirato dalla belva tedesca da 1200 cavalli.

    Adesso la situazione si fa confusa. Zaferio mi passa davanti come un dardo, in leggera picchiata. La parte posteriore destra della sua fusoliera è tutta sforacchiata. E’chiaro che deve aver incassato duro anche lui mentre passava tra i Blenheims.

    Adesso gli Inglesi li ho tutti dietro, rotta verso Trapani con Zaferio in virata a destra per tagliare la ritirata ai codardi e figli di madre con i capelli rossi. Anzi a dire il vero che siano codardi non posso proprio affermarlo, visto che combattono con i loro bestioni contro le nostre folgori. E comunque sempre inglesi rimangono, e gli unici inglesi buoni, sono quelli morti. Decido di rimanere in rotta e tolgo motore, così magari qualcuno mi insegue e Zaferio li abbatte. Devo dire che non mi piace per nulla fare da bersaglio per favorire un collega, ma è comunque una tattica standard ed il servizio viene prima di qualunque altra cosa.

    Mi guardo dietro. Ne ho uno a buona distanza ed ho un buon vantaggio di quota. Uso il vecchio trucco di mettermi in cabrata e battere le ali; magari quello crede che sto per stallare e si eccita sessualmente nell'illusione di impallinarmi, così si distrae da Zaferio che sta arrivando.

    E’ esattamente quello che succede. I due Blenheims sono troppo distanziati per collaborare, hanno Zaferio che gli sta mettendo dietro, e se virano adesso per mettersi sulla rotta di casa lo favoriscono solo. Il primo, isolato a sinistra, il buon Angelo se lo ingroppa senza particolari problemi, lo vedo cadere ed i paracadute aprirsi. Il secondo che ad un certo punto comincia ad emettere fumo bianco da un'ala, evidentemente qualcosa è successo con i serbatoi del carburante, decide di virare a sinistra per mettersi in rotta verso Malta. Ma come ho detto è la manovra che Zaferio aspettava. Viro a mia volta e lo vedo anche lui in virata secca. Magnifico il suo 202 con la parte inferiore azzurro cielo e l’ogiva verde del 9° gruppo glorioso.

    Adesso è una gara tra me e lui. Ha già abbattuto due fru fru; magari questo me lo lascia. E’ben più avanti di me, avendo cominciato la virata sulla posizione interna. Nulla da fare né per me, né per l’Inglese, il cui equipaggio si lancia non appena l’aeroplano comincia a fumare da entrambi i motori sotto i colpi precisi di Zaferio l’arraffone.

    Bene così; li abbiamo abbattuti tutti e quattro, anche se ci hanno ricamati entrambi con più di un foro. Questo dovrebbe dissuaderli da provare a venire ancora a bombardare casa nostra. Per radio, Angelo mi prende per il c*ulo dicendomi che quando i tizi dell’ultimo Blenheim si sono lanciati, aveva finito le munizioni. Con questi tre abbattimenti il Signor Tenente Pilota Angelo Zaferio è il secondo asso della squadriglia. Io invece sono un poveraccio inutile e parassita. Comunque un aereo l’ho tirato giù anch'io, il che mi impedisce di essere totalmente annientato dai ragazzi quando torniamo alla base. Comunque i festeggiamenti sono tutti per Angelo, nuovo e provetto asso della Regia Aeronautica.
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    Ultima modifica: 28 Dicembre 2019

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