La Battaglia di Stalingrado

Il 26 Novembre Manstein assunse il comando del gruppo armate “Don” :la Sesta Armata, della Terza Armata Romena, dell’Armata Holldit e dell’armata Hoth). Escludendo quest’ultima e la Sesta Armata, immobilizzata di fatto da Hitler a Stalingrado, le altre erano unità raccogliticce e malconce, che avevano già subito l’impeto sovietico nello sfondamento. L’attacco principale per spezzare l’assedio fu tentato da Hoth il 12 Dicembre: le forze però non erano sufficienti per il compito, quello di sfondare per 100 Km in territorio nemico organizzato a difesa. Il generale aveva a disposizione la 23 Panzerdivision e la 6 Panzerdivision, unità trasferite in fretta e furia (la 6°arrivava addirittura dalla Francia). In tutto queste forze avevano a disposizione 232 carri.
Inizialmente si registrano progressi, e il generale sovietico Jeremenko deve impiegare forze sottratte all’assedio di Stalingrado più le sue ultime riserve per contrastare l’azione. Nel frattempo però i tedeschi ricevono in rinforzo la 17 Panzerdivision: le punte corazzate si spinsero fino a una cinquantina di Km dagli avamposti tedeschi a Stalingrado.
Per quanto riguarda la Sesta Armata, il piano generale prevedeva due operazioni: Tempesta Invernale (il ricongiungimento con le forze di Hoth e il mantenimento di un corridoio con la sacca) e Colpo di tuono (l’evacuazione della sacca). Hitler approvò solamente il primo piano. Manstein e Paulus cercarono di predisporre le cose affinché si potesse rapidamente eseguire l’evacuazione, ma l’ordine “Colpo di Tuono” non arrivò mai.
Ben presto la situazione peggiorò: il 16 Dicembre toccò agli italiani dell’ARMIR trovarsi in mezzo alla bufera. L’Operazione Piccolo Saturno infatti investì le loro linee e determino un nuovo vuoto nel fronte sul Don, centinaia di Km alle spalle di Stalingrado. A questo punto Manstein fu costretto ad utilizzare una delle sue divisioni Panzer per contenere questo nuovo sfondamento ed evitare un nuovo aggiramento. Hoth fu costretto a utilizzare la sua unità migliore, la 6 Pz, così che venne a mancare la spinta maggiore verso Stalingrado. Del resto, se i sovietici fossero riusciti a dilagare e a raggiungere Rostov, la sacca non avrebbe più contenuto la sola Sesta Armata, ma l’intero gruppo armate “Don” e le truppe tedesche nel Caucaso. Un milione di uomini circa.

In questo contesto si fece l’ultimo vero tentativo per far desistere Hitler dai suoi propositi ed autorizzare la Sesta Armata ad abbandonare la città combattendo e cercando di aprirsi un varco verso le forze di Hoth, ma fu tutto vano.
In quest’ottica, la resistenza disperata dei tedeschi a Stalingrado forse impedì ai tedeschi guai ben peggiori. Per 76 giorni infatti, gli uomini di Paulus dovettero combattere contro il gelo, i russi e la penuria di rifornimenti (dal cibo ai generi di conforto e alle munizioni). Mentre il cerchio si stringeva e i rifornimenti aerei si dimostravano insufficienti, cominciarono a dilagare fame, malattie e diserzione. L’8 Gennaio i sovietici chiesero la resa ma Paulus la respinse, sotto ordine diretto di Hitler. La resistenza ostinata dei tedeschi permise di guadagnare tempo e tenne inchiodate alla città ben sette armate russe, che avrebbero potuto altrimenti dilagare nelle breccie aperte in altri settori del fronte. Ad uno ad uno gli aeroporti vennero occupati dai sovietici. Il 20 Gennaio Paulus ordinò la macellazione di tutti i cavalli (utilizzati perlopiù nei trasporti).Il 31 Gennaio Paulus (promosso Feldmaresciallo da Hitler in persona il giorno precedente), il suo Stato Maggiore e altri 50 generali si arrendono alle truppe sovietiche, mentre il Il 2 Febbraio è la volta delle residue truppe comandate da Strecker e dislocate nella parte nord della sacca: fu la resa.
Dei 250.000 soldati, solo 90.000 sopravvissero alla battaglia e furono imprigionati. In patria (dopo la fine della guerra) ne tornarono circa 5.000. I russi, tra civili e militari, persero più di 600.000 uomini.
Dopo la guerra, nelle sue memorie, il generale tedesco Siegfried Westphal scrisse:
« La sconfitta di Stalingrado si tramutò in un profondo shock sia per la nazione tedesca che per le sue forze armate. Prima di allora, in tutta la storia tedesca, mai ci fu una perdita così tragica di un così grande raggruppamento di forze»
Il generale Dietmar così si espresse:
«Per la prima volta, un’intera armata germanica ha cessato di esistere. Quello che eravamo abituati a infliggere agli altri è capitato a noi»
Per maggiori informazioni:

Sul Web

Libri

  • Antony Beevor – Stalingrado
  • Paul Carell – Operazione Barbarossa / Terra Bruciata

Film

  • , di Joseph Vilsmaier (1993)
  • , Jean-Jacques Annaud (2001)

Il presente articolo è tratto dal blog Vortexmind (articolo originale).

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