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Vipereos Mores Non Violabo

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da alberto90, 1 Novembre 2013.

  1. alberto90

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    VIPEREOS MORES NON VIOLABO

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    PROLOGO: La fine dei Torriani
    La nobile famiglia dei Torriani, padrona incontrastata della città di Milano e di buona parte della pianura lombarda dal 1241, nel 1277 cominciò una pesante guerriglia contro l' arcivescovo di Milano, Ottone Visconti in seguito alla sconfitta patita presso Desio il 21 gennaio di quell' anno.
    L' arcivescovo divenne signore laico ed ecclesiastico di Milano e la sua famiglia ebbe potere fino al 1302, quando Guido Torriani rientrò a Milano cacciandone i Visconti.
    Ma nel 1211 il potere della famiglia venne definitivamente meno in seguito a lotte intestine tra il potestà Guido e l' arcivescovo di Milano, suo cugino Gastone, e la guerra civile tra i due membri della famiglia permise ai Visconti di rientrare in città e di assumerne nuovamente il potere. Con la morte di Guido Torriani avvenuta a Cremona nel 1312 le possibilità dei Della Torre di recuperare il possesso dei loro antichi domini svanì definitivamente. Con la fine del potere dei Torriani iniziò per Milano e il suo territorio l' età d'oro, nota ai posteri come " l' Età Viscontea ".

     
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  2. alberto90

    alberto90

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    CAPITOLO I: L' esordio

    MATTEO I: 1311 - 1314

    Figlio primogenito del conte di Pavia Teobaldo Visconti e nipote dell' arcivescovo di Milano Ottone Visconti, Matteo nacque a Invorio il 15 agosto 1250.
    Sposato con Violante Borri nel 1269, ebbe da lei 7 figli: Galeazzo, nato nel 1277; Caterina, nata nel 1278 e morta 21enne nel 1299; Giovanni, nato nel 1279; Marco, nato nel 1281; Lucchino, nato nel 1283; Stefano, nato nel 1285 e Agnese, nata nel 1287.
    Il prozio, Ottone Visconti, riuscì a farlo nominare potestà di Milano nel 1287 grazie al suo ruolo di arcivescovo e l' imperatore Rodolfo I lo nominò l' anno seguente Vicario Generale per la Lombardia. Di fatto duca.

    Dal 1295, in seguito alla morte dell' arcivescovo Ottone Visconti, a Milano si aprì un intenso periodo di lotte intestine tra sostenitori di Matteo, ghibellino, e quelli dei Torriani, guelfi, per il possesso della città ambrosiana.
    Matteo fece radere al suolo Lecco e combattè anche contro Lodi e Crema, riuscendo nel bene e male a restare al potere sino al 1302, quando una lega antiviscontea guidata ovviamente dai Torriani e sostenuta dalle città guelfe di Cremona, Pavia, Piacenza, Novara, Vercelli, Crema e del Monferrato, lo costrinse all' esilio. Per 9 anni fu ospite degli Scaligeri.
    Nel 1311 tuttavia, forte del sostegno imperiale Matteo tornò a Milano dopo aver sconfitto i Torriani e a partire dal quel momento il dominio dei Visconti sulla città di Sant' Ambrogio fu incontrastato.

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    Il ducato milanese nel 1311

    Il rapporto con l' imperatore tuttavia si deteriorò ben presto e all' inizio del 1312 quest'ultimo pretese la consegna da parte di Matteo della contea dei Grigioni. Naturalmente Matteo non aveva nessuna intenzione di cedere quelle terre di transito tra la Germania e la pianura Padana e rispose negativamente alla pretesa imperiale.
    L' imperatore non prese bene quell' insubordinazione e il 3 marzo 1312 dichiarò guerra al ducato di Milano.
    Matteo radunò le sue truppe e assediò Mantova, ancora possesso imperiale, mentre le truppe imperiali penetrarono attraverso le Alpi nel ducato e marciarono su Mantova per liberarla dall' assedio.
    Matteo fece quindi spostare l' esercito milanese verso Trento, ma poco lontano da Verona furono intercettate e battute dalle milizie imperiali.
    Il 12 dicembre l' imperatore offrì la pace chiedendo ovviamente come condizione la cessione dei Grigioni. Matteo, ormai privo di truppe e oltretutto stanco e malato, accettò firmando la Pace di Parabiago.
    Nonostante la sconfitta Matteo riuscì a conservare il potere nonostante l' età avanzata e per altri 2 anni i Visconti dominarono Milano e i suoi domini senza alcuna opposizione.
    Matteo si ammalò di polmonite alla fine di aprile del 1314 e nel giro di una settimana le sue condizioni peggiorarono rapidamente portandolo alla morte il 6 maggio, all' età di 63 anni.

     
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  3. alberto90

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    GALEAZZO I: 1314 - 1323
    Primogenito di Matteo, nato il 21 gennaio 1277, dal 1298 al 1299 fu potestà di Novara e il 24 giugno 1300 sposò Beatrice d' Este, figlia di Obizzo II d' Este da cui ebbe due figli: Azzone, nato nel 1302 e Ricciarda, nata nel 1303.
    Alla morte del padre, Galeazzo si fece eleggere potestà, scatenando il disappunto dei fratelli Luchino e Stefano, nominati nel 1313 conti di Cremona e Brescia ( Galeazzo era stato investito invece della contea di Pavia ), i quali iniziarono i preparativi per un' insurrezione e prendere il suo posto.
    Galeazzo però, informato in tempo, diede ordine di farli arrestare e li fece imprigionare nel castello di Pavia in attesa del processo.
    Il 25 ottobre 1315 giunse la condanna per i due sventurati conti e Galeazzo, privo di pietà e di lungimiranza, li fece giustiziare e i cadaveri finirono nel Ticino.
    Naturalmente la popolazione non potè amare un potestà di tale risma, ma la conferma dell' imperatore nella carica di Vicario Generale per la Lombardia garantì a Galeazzo la necessaria tranquillità per governare incontrastato.

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    L' Europa nel 1320
    Durante i 9 anni di governo di Galeazzo non vi furono guerre, anche se il duca cercò in tutti i modi di trovare una rivendicazione valida per attaccare Parma e aprirsi la strada verso il mare.
    Il 30 luglio 1223, partecipando ad una battuta di caccia nei boschi sopra al Lago di Como, Galeazzo fu ferito da una freccia probabilmente scagliata da un sicario inviato dai seguaci dei due fratelli giustiziati.
    Portato a Milano giunse in tempo per affidare al figlio il governo e ricevere i sacramenti. Spirò dopo 2 giorni di agonia il 2 agosto 1323 a 46 anni.


     
  4. alberto90

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    CAPITOLO II: L' età delle conquiste

    AZZONE I detto " L'UBRIACONE ": 1323 - 1353
    Preso il potere sulle sue spalle a 21 anni, il giovane Azzone, primogenito di Galeazzo, si dimostrò subito assai più feroce del padre nella ricerca di escamotage e documenti validi da usare per saziare la sua sete di conquista.
    Sposatosi all' età di 20 anni con Maria di Lussemburgo, esponente della famiglia imperiale, si diede subito da fare per mettere al mondo un' erede maschio che garantisse al ducato una discendenza lineare.
    Ma falliti i primi tentativi decise di dedicarsi alla guerra e già pochi mesi dopo essere divenuto duca, approfittando della guerra civile nell' impero, Azzone mosse guerra contro il principe-vescovo di Trento, suddito imperiale in rivolta contro l' imperatore, ma formalmente vassallo dei duchi di Lombardia.
    Il primo febbraio 1324, nonostante una tremenda bufera di neve, le truppe lombarde invasero i possedimenti ecclesiastici marciando subito sulla capitale.
    Le poche milizie al soldo del vescovo non impegnate contro l' imperatore furono sbaragliate subito e quando il grosso dell' esercito trentino si presentò sotto le mura di Trento assediate i lombardi impiegarono meno di quattro ore per cancellarle dalla faccia della terra.
    Le città vescovili resistettero tenacemente per 14 mesi agli assedi portati da Azzone che alla fine, il 20 marzo 1325 espugnava Bressanone e costringeva il principe-vescovo alle trattative.
    Il 1 aprile 1325 fu firmata la Pace di Merano, con la quale il vescovo di Trento si sottometteva al duca di Lombardia il quale, in cambio, gli lasciava il titolo e i possedimenti.

    La prima guerra di conquista era terminata vittoriosamente.

    Pochi mesi dopo, il 25 agosto, la duchessa Maria partorì una bambina sana e bella che fu battezzata Violante, come la nonna paterna.
    Tuttavia le leggi dinastiche in vigore nel ducato non consentivano alle donne di ereditare e pertanto alla morte di Azzone, nel caso non avesse generato un maschio, il titolo sarebbe passato agli zii ancora vivi.
    Il 10 ottobre 1326 nacque la seconda figlia, un' altra femmina, battezzata Caterina, e il 10 febbraio 1328 venne alla luce anche la terza figlia femmina, chiamata Bianca.
    Azzone nel frattempo, continuava la sua personale battaglia con la diplomazia, cercando in ogni modo di ottenere casus belli validi per estendere i propri confini a scapito dei vicini e un' occasione ghiotta gli venne offerta dal destino quando alla fine del 1229 fu trovato un documento autentico con il quale i duchi di Lombardia potevano rivendicare per loro la contea di Parma. In quegli anni la città era un possedimento personale del duca di Verona, Alberto I Della Scala, il cui padre aveva ospitato per 9 anni il nonno di Azzone in esilio.
    Tuttavia il duca non si fece scrupoli e il 10 gennaio 1330 rivendicò Parma e i suoi possedimenti per se, dichiarando guerra agli Scaligeri.
    Le forze in campo pendevano decisamente a favore dei lombardi che infatti sconfissero i veronesi presso Casalmaggiore nella Battaglia del Po, il 3 febbraio portandosi subito dopo all' assedio di Parma.
    Caduta la città il 26 maggio e persa anche Guastalla, occupata dai lombardi il 4 luglio, Alberto Della Scala si rese conto di non avere scampo e intavolò trattative con Azzone.
    Cadute nel frattempo La Spezia il 13 agosto e Pontremoli il 2 settembre, si giunse il 18 settembre 1330 alla Pace di Piacenza, con la quale Azzone entrava in possesso della contea di Parma e di tutte le città ad essa legate.

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    L' Europa nel 1330
    La prima fase di espansione fu considerata chiusa e Azzone proclamò una pace decennale con tutti i suoi vicini, impegnandosi a non attaccare nessuno di loro, nemmeno in caso di rivendicazione valida.
    Durante una violenta epidemia di polmonite che imperversò nel ducato per tutto l' inverno 1331-32 il duca perse la sua secondogenita, Caterina, di soli 5 anni. Per settimane Azzone fu intrattabile e si consolò solo bevendo fino ad ubriacarsi e a rischiare il coma etilico. Da allora gli rimase il soprannome di ubriacone.
    Per 6 anni il ducato visse un periodo di pace e di prosperità, le città si arricchirono di chiese, monasteri, palazzi, mercati, logge mercantili, le strade furono lastricate, furono create linee fognarie e alcuni tratti del Po furono arginati. Il brigantaggio sparì del tutto e la criminalità, rara di suo, fu ulteriormente ridotta con l' emanazione di leggi severissime.
    Nei primi mesi del 1338 Azzone ricevette una richiesta di sostegno militare dall' imperatore tedesco, divenuto nel frattempo suo cognato avendo sposato Ricciarda, sorella di Azzone. L' imperatore Ottone d' Asburgo, impegnato in una difficile guerra civile contro alcuni vassalli molto potenti, si recò personalmente a Milano per chiedere l' aiuto del duca di Lombardia il quale, sperando forse di avere un nipote sul trono imperiale, accettò e nella primavera stessa, alla testa di 12.000 uomini scortò l' imperatore Ottone nella sua capitale, portando la guerra contro il duca d' Austria.

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    L' esercito lombardo, 8.000 uomini, marcia contro i duchi tedeschi ribelli, in aiuto del cognato
    Il 20 maggio 1338 l' esercito austriaco forte di 3.500 uomini, fu sconfitto pesantemente dalle truppe lombarde nella Battaglia di Passavia.

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    La battaglia di Passavia, il cui esito segnò l' inizio della gloria di Azzone
    Pochi mesi dopo la grande vittoria sugli austriaci Azzone tornò col suo esercito a Milano, in tempo per assistere alla nascita del tanto atteso erede maschio, nato il 7 novembre 1338 e battezzato il 10 col nome di Galeazzo, come il nonno paterno.

    Nel 1339 il principe-vescovo di Trento chiese ad Azzone il permesso di dichiarare guerra al duca di Verona rivendicando la contea di Verona per se. Azzone non sapeva che fare, aveva promesso di non attaccare nessuno dei vicini per 10 anni e mancavano pochi mesi allo scadere della tregua, rischiava una scomunica ma d' altro canto l' idea di entrare in possesso di Verona e del suo contado senza doversi scontrare direttamente con gli Scaligeri lo esaltava. Accordò il permesso e il principe-vescovo entrò in guerra col duca di Verona, già impegnato con i veneziani e col conte di Treviso.

    Ai primi di marzo del 1340 Verona e la sua contea entravano nei domini milanesi sotto la custodia del vescovo di Trento con la Pace di Gardone.

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    Verona diventa possedimento lombardo
    Il pontefice non prese bene l' attacco del vescovo di Trento, che credeva istigato dal duca, e non potendo scomunicare l' ecclesiastico, pensò di rifarsi scomunicando Azzone accusandolo di aver violato la tregua decennale, in scadenza nel settembre del 1340.
    Azzone si aspettava un tale atto e inviò subito a Roma un messo per far sapere al Papa che l' attacco a Verona non era stata un' idea sua e che lui aveva solo accordato il permesso, e che comunque la tregua decennale era ormai quasi scaduta.
    Il pontefice però non cambiò idea e Azzone si tenne la sua scomunica per altri 2 anni.
    Il 10 luglio 1340, negli stessi giorni in cui il duca veniva scomunicato, Azzone divenne padre di un altro figlio maschio, chiamato Matteo, come il bisnonno.

    Scaduta comunque la tregua decennale, Azzone si sentì libero di riprendere i suoi piani di espansione e alla fine dell' estate del 1341 ebbe in mano le carte per attaccare la contea di Lucca, piccola repubblica medioevale fondamentale per i porti sul Tirreno.
    Il 17 settembre le truppe lombarde entrarono nei territori lucchesi portando la guerra.
    I 2.500 uomini al soldo della città si fecero sconfiggere dai lombardi presso Pietrasanta il 4 ottobre e già il 12 febbraio 1342 Lucca era nelle mani di Azzone.
    Cascina cadde il 4 aprile, Pistoia il 25 giugno ed Empoli resistette tenacemente fino al 16 agosto. Caduta la città Azzone intavolo trattative col signore di Lucca il quale firmò, il 26 agosto 1342, la Pace di Pescia, con la quale cedeva il territorio di Lucca ad Azzone assieme a tutte le città legate ad essa.

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    L' acquisizione di Lucca
    Dopo la conquista di Lucca iniziò il periodo più intenso per Azzone e la sua politica espansionista. Il Monferrato, terra ricca di vigne e di frutta, si era appena liberato del giogo bizantino ( il conte di Monferrato era salito al trono di Costantinopoli ai tempi di Galeazzo I ) e il signore di Saluzzo ne aveva preso possesso subito dopo creando il titolo di Duca di Susa ( che io chiamerò però duca di Monferrato da ora in poi n.d.a ), e proprio sul Monferrato Azzone finì col mettere gli occhi.
    Il casus belli fu trovato quasi subito e già il 20 marzo 1343 le truppe lombarde attraversarono il Ticino invadendo i possedimenti monferrini.
    La guerra fu questione di 6 mesi circa. Sconfitti facilmente i monferrini nella Battaglia di Vignale il 5 aprile, conquistate Casale il 6 maggio, Alessandria il 24 giugno e Asti il 30 agosto, il 9 settembre il duca di Monferrato e quello di Lombardia firmarono la Pace di Sant' Evasio con la quale la contea di Monferrato ( quindi le città di Casale, Asti e Alessandria più i centri minori ) passava nelle mani di Azzone.

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    La conquista del Monferrato
    A suggello della vittoria, il 10 settembre fu battezzato nella cattedrale di Alessandria, l' ultimogenito di Azzone nato il 24 marzo. In onore della città appena conquistata il bambino fu chiamato Alessandro.
    I 4 anni successivi furono dedicati sopratutto al potenziamento dell' esercito, ormai stabilmente forte di oltre 15.000 uomini, e alla sistemazione delle città recentemente conquistate. Furono fatte restaurare le cattedrali di Lucca, Empoli, Asti, Casale e vennero erette caserme, stalle e armerie in grado di rifornire le guarnigioni delle città autonomamente.

    Nel 1347 fu nuovamente tempo di guerra e questa volta Azzone attaccò il conte di Piemonte appena divenuto duca di Savoia ( benchè la Savoia fosse in mano francese da parecchi anni e il genevese da alcuni mesi ) e in guerra da circa 5 anni col principe-vescovo del Vallese.
    Azzone invase il Piemonte in pieno inverno, il 15 gennaio 1347 e già il 4 aprile Torino e Ivrea erano nelle sue mani. Il 5 giugno cadde anche Settimo Torinese e le poche milizie al comando del duca sabaudo furono sbaragliate a Caluso nella Battaglia di San Lorenzo il 10 agosto. Tuttavia fu solo il 21 ottobre, dopo estenuanti trattative portate avanti dal principe-vescovo del Vallese, che venne firmata la Pace di Torino che sanciva l' annessione del Piemonte e del Vallese al ducato di Lombardia.
    Il principe-vescovo del Vallese mantenne il suo ruolo e i suoi domini, mentre il Piemonte fu affidato ad un nobile trentino.

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    Il Piemonte e il Vallese annessi al ducato di Lombardia
    Per 4 anni Azzone si dedicò anima e corpo al risanamento della devastata economia piemontese, danneggiata gravemente da un decennio di conflitti ininterrotti. I mercati furono restaurati, i campi nuovamente seminati, i raccolti abbondanti venduti a basso prezzo e furono aperte cave di marmo nei pressi del Lago Maggiore e cave di pietra nelle colline a sud del Po, furono restaurate chiese e palazzi, riaperti i valichi montani con la Francia, lastricate le strade importanti e fu dato lavoro a moltissima gente. Nel giro di un triennio l' economia piemontese e vallesana tornò ai massimi livelli.
    Nella primavera del 1351 infine Azzone dichiarò guerra alla contessa di Saluzzo, ultima enclave indipendente dell' ex ducato di Monferrato, il cui titolo era stato usurpato e assunto da Azzone nel 1345.
    Le difese della contea furono duramente provate dall' invasione lombarda e la guerra, scoppiata il 20 maggio 1351 proseguì feroce e sanguinosa per 14 mesi. Cuneo fu espugnata il 5 agosto 1351, Saluzzo cadde il 6 novembre e Fossano fu espugnata il 4 luglio 1352. La contessa, priva di truppe, firmò la sua resa il 30 luglio, con la Pace di Mondovì. La contea di Saluzzo fu inglobata nel ducato di Lombardia ma la contessa rimase al suo posto.


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    La contea di Saluzzo diventa parte del ducato di Lombardia
    Gli ultimi mesi di vita di Azzone furono molto travagliati. Aveva saputo la contessa di Saluzzo, sposata e vedova di un nobile tedesco, era madre di tre figli e che alla sua morte il primo di loro, di stirpe tedesca e già conte in Germania, avrebbe ereditato anche i possedimenti della madre, togliendoli al controllo lombardo.
    Terrorizzato di perdere quella contea Azzone fece prima incarcerare la contessa e poi uccidere uno dopo l' altro tutti e tre i suoi figli ed eredi.
    Ma alla loro morte l' eredità passò nelle mani dei parenti tedeschi del marito defunto della contessa e Azzone li fece trovare e uccidere tutti. Non meno di 10 persone furono assassinate su suo ordine per impedire all' imperatore ( non più il cognato, defunto, e nemmeno la nipote, divenuta duchessa di Lussemburgo n.d.a ) di entrare in possesso di Saluzzo.
    E fu così che l' ultimo dei parenti del marito della contessa, escluso dalla successione però, inviò un sicario a Milano con l' ordine di assassinare il duca assassino e tiranno.
    L' omicidio fu perpetrato il 1 gennaio 1353, durante la messa solenne celebrata nella cattedrale di Torino, cui partecipava anche il duca.
    Azzone fu pugnalato 5 volte e morì quasi subito, all' età di 51 anni dopo un governo durato 30 anni. La sua salma fu trasportata a Milano e tumulata accanto a quelle del padre e del nonno nel mausoleo di famiglia.
    L' erede aveva solo 14 anni e la reggenza fu assunta dalla duchessa Maria.
     
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    Questo l' elenco di tutte le città facenti parte del ducato di Lombardia al 31 dicembre 1352:

    Alessandria, Asti, Casale, Milano, Lecco, Como, Monza, Lodi, Legnano, Bergamo, Brescia, Peschiera, Desenzano, Trento, Merano, Bolzano, Bressanone, Verona, Legnago, Vicenza, Lonigo, Cremona, Soresina, Crema, Manerbio, Parma, Guastalla, La Spezia, Pontremoli, Pavia, Piacenza, Bobbio, Voghera, Lucca, Pistoia, Cascina, Empoli, Torino, Novara, Settimo, Ivrea, Saluzzo, Cuneo e Fossano, Sion, Greyerz e Marigny. In tutto 47 città, di cui 6 ( Alessandria, Milano, Bergamo, Parma, Cremona e Pavia ) controllate direttamente dal duca. Tutte le altre sono governate da baroni, conti e principi-vescovi alle dipendenze del Duca.
     
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    REGGENZA PER GALEAZZO II: 1353 - 1354
    Fortunatamente il periodo di reggenza non fu eccessivamente lungo e la duchessa madre era sufficientemente forte e il suo potere abbastanza stabile da permetterle di reggere le sorti del ducato in vece del figlio per i 23 mesi che mancavano al compimento del sedicesimo anno di età di Galeazzo II.
    Fu proprio grazie all' autoritaria guida della duchessa Maria del Lussemburgo che il periodo di reggenza, sempre critico per qualsiasi regno, passò tranquillo senza rivolte, guerre civili o complotti.
    Il 7 novembre 1354 Galeazzo II entrò nella maggiore età e la duchessa madre si ritirò alla vita privata nel suo castello di Lodi.

    GALEAZZO II detto " IL SAGGIO ": 1354 - 1369
    Appena salito al potere Galeazzo spedì tutti i consiglieri in giro per l' Italia alla ricerca di nuove tecnologie, a migliorare il rapporto coi vescovi e a cercare nuovi casus belli.
    Il suo scopo era quello di cingere la corona Ferrea e i territori che restavano da conquistare per poter validamente restaurare il regno d' Italia erano pochi.
    Il primo obbiettivo divenne la repubblica di Genova, padrona della Liguria, della Corsica, della Sardegna e di alcuni possedimenti nel Ponto Eusino ( penisola di Crimea n.d.a. ).
    Il casus belli valido per l' attacco fu trovato in pochi mesi e il 10 aprile 1355 l' esercito lombardo invase i domini repubblicani scatenando la prima guerra del nuovo corso.
    Nonostante il gran numero di mercenari che le floride economie genovesi permettevano al doge di arruolare, le milizie regolari lombarde ebbero ben poche difficoltà a sconfiggere le truppe repubblicane nella Battaglia di Sarzana il 23 maggio, passando poi ad assediare una dopo l' altra tutte le città del territorio ligure.
    Genova cadde il 3 giugno con un sanguinoso assalto alle mura, Chiavari si arrese il 12 luglio, Rapallo il 2 agosto, Savona il 4 ottobre e Ventimiglia il 25 ottobre.
    Il 12 novembre il doge si presentò al campo allestito da Galeazzo fuori dalle mura di Ventimiglia e offrì la sua resa. La Pace della Roja consentì a Galeazzo di annettere al ducato la contea di Genova.
    Meno di un mese dopo nacque l' erede, una femmina che fu chiamata Caterina. La legge di successione fatta approvare da Azzone I nel 1351 permetteva alle donne di ereditare ma solo in assenza di un maschio. Questo garantiva la stabilità al ducato e impediva ai fratelli o i nipoti del duca vivente di poter vantare pretese di successione alla morte.
    Per 4 anni Galeazzo si dedicò al restauro delle nuove città, fece edificare porti, mercati, palazzi, chiese e monasteri, restaurò le mura, riparò le torri e fece ingrandire stalle, caserme e piazze d' armi per l' addestramento militare. In breve tempo la Liguria divenne la più ricca delle terre ducali.
    Nel 1359 Galeazzo si trovò tra le mani un casus belli valido per rivendicare la contea di Modena e per la prima volta non seppe cosa fare.
    La contea in questione infatti apparteneva al principato ecclesiastico di Ferrara, il quale a sua volta era parte dei domini del Romano Pontefice. Attaccare Modena poteva significare solo una cosa: scomunica.
    Comunque il primo febbraio 1359 Galeazzo dichiarò guerra all' arcivescovo di Ferrara, dichiarando però la sua fedeltà al Santo Padre, sperando di evitare l' allontanamento dalla chiesa.
    Gli andò male, e anche se riuscì ad entrare in possesso di Modena costringendo l' arcivescovo alla Pace di Nonantola firmata il 12 novembre 1360, la scomunica papale gli giunse implacabile il giorno stesso. Per 2 anni Galeazzo tentò in ogni modo di rientrare nelle grazie del Pontefice, invano.
    Proprio perchè scomunicato Galeazzo II divenne assai sgradito agli occhi del conte di Lucca il quale, poco più di un mese dopo la pace con Ferrara, tentò di far assassinare il duca. Il piano fu sventato e la reazione ducale non si fece attendere: l' ordine di arresto per il conte però non funzionò alla perfezione perchè il traditore riuscì a fuggire e a dichiarare guerra al suo signore.
    L' esercito ducale cominciò una caccia spietata al conte ribelle e per oltre 2 anni le terre della Lunigiana furono messe a ferro e fuoco per costringere il traditore ad uscire dalla sua tana. Finalmente il 12 gennaio 1362 il conte di Lucca fu trovato e imprigionato e la sua ribellione ebbe termine.

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    Il ducato nel 1362
    Ma Galeazzo ebbe poca tregua in quell' anno. Il 20 maggio il fratello Alessandro, istigato dal vescovo di Trento, tentò di scalzarlo dal potere e prendere il suo posto. Galeazzo gli dichiarò guerra e diede ordine all' esercito di devastare i possedimenti dei due conti ribelli.
    Per 6 mesi le città emiliane e trentine furono saccheggiate e molti villaggi furono bruciati per ritorsione, fino a quando il 24 novembre Alessandro si presentò al fratello chiedendo perdono e pietà per i suoi sudditi. Galeazzo lo fece arrestare ma impedì ogni tortura e pose fine alla guerra civile.
    Il 4 dicembre il Pontefice morì e il successore tolse la scomunica al duca di Lombardia, instaurando un periodo di ottimi rapporti tra Roma e Milano.
    Il 3 luglio dello stesso anno nel frattempo era nato un figlio maschio, battezzato Matteo e nominato erede al trono. Il 12 novembre 1363 nacque la terza figlia, chiamata Bianca.
    Nell' estate del 1364 la duchessa di Verona ottenne l' indipendenza dall' impero assieme al duca di Pisa e Galeazzo II non si fece pregare ad approfittare della debolezza del nuovo ducato veneto per dichiarargli guerra rivendicando Mantova per se.
    Il conflitto si aprì il 20 luglio e proseguì per quasi 2 anni tra battaglie, assedi e controassedi. Una dopo l' altra le città venete furono annesse alla Lombardia e le truppe veronesi sconfitte ripetutamente.
    Il 25 aprile 1366 la duchessa si arrese, firmò la Pace di Montagnana con la quale cedeva a Galeazzo non solo Mantova, ma anche le contee di Padova e Treviso, e partì per il Baden in esilio.

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    Il ducato dopo l' annessione di Mantova, Padova e Treviso
    Dopo aver ottenuto atto di fedeltà dal conte di Treviso e Padova ( rimasto al suo posto anche dopo la vittoria di Galeazzo ) e dopo aver infeudato un nobile a Mantova e affidato Modena ad un' altro nobile dopo la morte in prigione di Alessandro, Galeazzo provvide a riparare i danni delle ultime guerre ed entro il 1367 il ducato era ormai florido e stabile, maggiore potenza d' Italia e unica potenza protetta personalmente dal Pontefice.
    Il 10 aprile 1368 il conte di Urbino, Federico da Montefeltro, si presentò con un piccolo seguito alla corte di Milano. Ricevuto dal duca nel pomeriggio il conte offrì la propria vassalizzazione al ducato di Lombardia, in cambio di protezione dalle mire espansionistiche del doge di Ancona.
    Galeazzo fece preparare immediatamente uno scritto con il quale il conte di Urbino si sottometteva volontariamente cedendo i suoi possedimenti al ducato di Lombardia. Galeazzo lo confermò nel suo ruolo di conte e lo rimandò a casa scortato dalla sua guardia personale.
    Il 15 aprile 1368 Galeazzo II, duca di Lombardia, proclamava restaurato il Regno d' Italia dopo quasi 4 secoli dichiarando se stesso primo re.

    L' età delle conquiste e dell' ascesa si era conclusa. Ora iniziava l' apogeo.
    Tuttavia il regno effettivo di Galeazzo II durò meno di un anno. Nel corso del grande torneo indetto per celebrare l' incoronazione avvenuta a Milano il giorno di Natale del 1368 per mano del vescovo della città ( quindi un' incoronazione provvisoria ), una lancia scagliata da uno dei concorrenti lo colpì nell' occhio e il 22 gennaio 1369 Galeazzo II, primo re d' Italia, spirò nel suo letto in seguito all' aggravarsi delle ferite riportate, a nemmeno 31 anni, dopo aver governato 15 anni.
    Si prospettava una lunga reggenza e un periodo di grande incertezza.
     
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    Ultima modifica: 8 Novembre 2013
  7. alberto90

    alberto90

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    CAPITOLO III: Rinascita di un regno

    REGGENZA PER MATTEO I: 1369 - 1378
    Il cancelliere, un anziano saggio che aveva servito per tutta la vita Galeazzo II e prima di lui suo padre, fu nominato reggente per il principe Matteo, erede del regno d' Italia, che non aveva ancora compiuto 7 anni.
    Grazie alla sapiente e moderata guida del cancelliere, il regno d' Italia appena nato ( e ancora privo di un re consacrato dal pontefice n.d.a ) seppe tenersi fuori dal complesso sistema di alleanze e coalizioni che stavano facendo dell' Europa un gigantesco campo di battaglia e cimitero. Ad oriente le orde mongole tenevano sotto scacco i principati russi, l' Ungheria, gran parte dei Balcani e anche la maggior parte delle regioni attorno al mar Caspio, creando un impero esteso dall' Iran settentrionale al Mar glaciale, dalle steppe della mongolia alle rive del Baltico e fino alle coste dell' Adriatico.
    A sud le coste dell' Africa erano in mano ai mori, in Spagna i regni cristiani continuavano a scannarsi a vicenda per il possesso di piccole contee consentendo ai musulmani di vincere facilmente una jihad e lasciando loro l' intera Andalusia. La Francia continuava ad essere in lotta con gli inglesi e i gallesi, divenuti sudditi di un potente regno comprendente il Galles, parte dell' Irlanda orientale, alcune contee in Francia e alcune regioni dell' Inghilterra.
    Gli scozzesi avevano iniziato una serie di campagne per la conquista dell' Irlanda del nord e i tre regni baltici, Norvegia, Svezia e Danimarca, non smettevano di guerreggiare tra loro.
    L' impero germanico, privato di quasi tutti i possedimenti italiani, escluso il ducato di Pisa, aveva tentato di conquistare l' Ungheria ai mongoli e dopo esserci riusciti, suscitando grande clamore in tutta Europa, ed aver piazzato sul trono magiaro sovrani di stirpe germanica, si erano dimenticati di difenderli, permettendo ai mongoli di riconquistare le fertili pianure del Danubio approfittando dell' ennesima guerra civile che dilaniava l' impero.
    Alcuni duchi chiedevano l' indipendenza, altri cercavano di ottenere, con l' aiuto dell' imperatore, territori esterni ai confini imperiali, altri semplicemente si contendevano titoli comitali l' un l' altro.
    Anche il piccolo regno di Polonia, dopo una lunga fase di stabilità, finì preda di disordini e guerre civili, e fu una fortuna per i re polacchi che il gran khan del mongoli fosse impegnato in quel momento in una difficile guerra interna, perchè altrimenti avrebbe trovato le porte della conquista spalancate.
    I bizantini, dopo una fase iniziale di slancio, cominciavano nuovamente a rinculare, a vantaggio di Venezia, del regno di Napoli e di quello di Aragona, che avevano occupato e spartito Grecia e coste ioniche della Turchia. Il resto della penisola di Anatolia era diviso tra vari signori musulmani.
    L' unico regno che pareva stabile, forte ed economicamente avanzato era proprio quello d' Italia, nato da pochissimo tempo ma già straordinariamente florido.
    Fu proprio la floridezza estrema ad attirare le mire del grande sultano della dinastia Bahri d' Egitto, padrone di gran parte delle coste del nord Africa e dell' Andalusia, nonchè di parecchi territori mesopotamici, il quale decise di dichiarare una guerra di embargo contro il nuovo regno, facendosi aiutare dal doge di Genova in esilio.
    La reggenza di Matteo I poteva contare sulla forza di oltre 25.000 uomini e le casse colme d' oro permisero l' assoldamento di altri 35.000 mercenari.
    Con un esercito di quasi 60.000 uomini a disposizione il regno d' Italia si rivelò un temibilissimo avversario persino per i potenti signori d' Egitto i quali, perse due battaglie campali in un solo mese ( battaglia di Albenga 14 marzo 1371, battaglia di Pavia 5 aprile 1371 ) al prezzo totale di oltre 14.000 uomini ( più i 12.000 caduti lasciati dai genovesi ) non tardarono a rendersi conto che un' invasione italiana dei domini musulmani in africa avrebbe segnato la fine del dominio egiziano su quella parte di mondo ed agirono di conseguenza, chiedendo la pace nell' estate del 1372, dopo aver perso anche due città in Tunisia.
    Il resto del periodo di reggenza passò tranquillo, senza guerre interne ed esterne, e le casse reali finirono col traboccare di fiorini d' oro. Matteo, ormai 14enne, compì il suo primo gesto politico firmando un decreto che sanciva la donazione di 200 fiorini d' oro ad ogni città del regno governata da un barone e di 100 fiorini per ogni città governata da un vescovo.
    Erano somme rispettabili con le quali si poteva sfamare parecchia gente per almeno un mese. Altri 50 fiorini a testa furono donati ai 12 poveri che ogni settimana cenavano assieme al giovane sovrano per un anno intero.
    Nella tarda estate del 1377 morì il vecchio e amatissimo cancelliere e la reggenza fu quindi assunta, per i 10 mesi che restavano, dalla regina madre, che riuscì a tenere saldo il potere del figlio senza alcuna difficoltà, prodigandosi ulteriormente per alleviare le miserie dei numerosi mendicanti che ogni giorno affollavano la corte del castello reale.
    Donava loro vesti che cuciva assieme alla figlia più piccola, pagnotte che il fornaio di corte impastava appositamente, distribuiva monete d' oro a coloro che imploravano la pietà di un soldo e fece riparare, a sue spese, una chiesa di Milano che stava andando in rovina.
    Il 3 luglio 1378 Matteo compì 16 anni entrando nella maggiore età e ponendo fine a 9 anni di reggenza. La regina madre si trasferì gli anni che le restavano da vivere nel castello di Como e lasciò al figlio le redini del potere.
     

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