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[TFH AAR] Hohenhain's finest hour

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da Purfa, 10 Ottobre 2012.

  1. Mauro92

    Mauro92

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    Complimenti, è un capolavoro XD
     
  2. Purfa

    Purfa

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    CAPITOLO VI: UN INTERVALLO DI FELICITA'



    19 Luglio 1927, Château des rossignols, Tolone​



    In Francia non c’era un attimo di tranquillità per i politicanti: i governi si formavano e sformavano nel giro di pochi mesi, i parlamentari facevano i loro soliti giochetti per rimaner aggrappati alla poltrona. Anche per i diplomatici non c’era un attimo di tregua, e questo Hans von Hohenhain lo sapeva bene. Dopo un anno di intenso lavoro era però finalmente riuscito a strappare tre settimane di ferie all’ambasciata, andandosele a godere in Costa Azzurra. La famiglia della sua amata Anne possedeva infatti in quelle zone un piccolo castello dove avevano deciso di trascorrere la vacanza.

    Abbarbicato su un promontorio in riva al mare, nei secoli passati sarebbe stato un osso duro per degli invasori: le alte mura del quattrocento potevano essere attaccate solo da un lato e le torri impedivano ai nemici di avvicinarsi impunemente. Di tanta gloria passata ormai restavano solo le fortificazioni: l’interno era stato riadattato a dimora moderna, con tanto di elettricità, acqua corrente e parcheggio per le auto, mentre ai lati della strada che saliva al cancello cresceva ben curato un giardino dal sottile gusto barocco. Quante volte Anne si era immersa in quell’angolo di paradiso, assaporando gli odori dei mille fiori e godendosi la pace del parco. Ma il posto più bello della proprietà era senza dubbio il balcone sudovest del maschio: la brezza marina che spirava con la risacca tutte le sere esaltava quel panorama mozzafiato che è Costa Azzurra all’ora del tramonto. In lontananza, calata l’oscurità, si potevano vedere le luci di Montecarlo e del suo casinò, e chi aveva la vista più acuta riusciva a scorgere anche Marsiglia se il tempo era limpido.

    Hans ed Anne sedevano sul balcone, sorseggiando un rosso di borgogna, dando corpo all’odore di salsedine che il vento trasportava da sud. Nessuno dei due parlava. Sorprendentemente questa era un’attività che entrambi trovavano molto piacevole: sedere insieme godendosi la vista mozzafiato di quel posto. Ad un tratto però un servitore venne a chiamare Hans. Qualche rompiscatole lo voleva al telefono: - Torno subito cherie – sorrise alla sua amata. Scendendo al piano di sotto il servitore lo avvertì che era suo fratello Lucas. “Che sarà successo? In genere non chiama mai se non per lavoro...” si chiedeva il diplomatico, passandosi la mano nei biondi capelli. Arrivato sul pianerottolo, prese la cornetta – Pronto? – Hans? Sono Lucas. Come va? – Tutto come al solito Lu. Che è successo? – tagliò corto Hans, che ormai si era fatto cogliere dall’apprensione. – Perchè pensi sempre che ti telefoni solo per lavoro? – gracchiò la cornetta con disapprovazione – Beh, in genere solo per quello ti fai sentire. – ribattè mesto.

    - Stavolta ti chiamo per piacere invece, piccolo impiastro. – Da Berlino Lucas se la rideva – Tre giorni fa c’è stato il referendum, ricordi? – E come potrei scordarmelo! Volevano espropiare noi e tutto il resto dell’alta società! – Con tuo sommo piacere, ti annuncio che abbiamo vinto noi, e di larga maggioranza. – “Non che ereditassi io” pensò Hans “ma almeno la famiglia è al sicuro.” – Sono molto felice, Lu. La mamma sta bene? Marghe e Maria? – Si, tutto apposto. Penso tu sappia che a Marghe ed Erwin siano appena nate due gemelle. – E come non saperlo? Ormai pure i sovietici ne saranno a conoscenza! Elena ed Elisa! E sono a quota tre quei due. – Già. Ti devo salutare ora Hansi, che stasera ho un incontro con il cancelliere. Speriamo di vederci presto. – Certo Lu. Ci risentiamo. – Hans riattaccò, ringraziando in francese il servitore che lo aveva atteso. “Ovviamente non capisce una parola di tedesco, altrimenti se ne sarebbe andato” si disse Hans, chiedendosi un po’ sorpreso di quell’infrazione dell’etichetta. Ma ora aveva un altro pensiero per la testa.

    Anne sentì la veranda riaprirsi. Non si girò nemmeno, sapeva che era Hans: solo lui non avrebbe bussato. Per quanto trattasse bene e pagasse lautamente i suoi servitori, nessuno di loro voleva darle del tu o trattarla solo come datore di lavoro: era così che ti trasformava quel lavoro, loro erano servi e lei era la padrona. Hans le mise una mano sulla spalla, accarezzandole quelle poche ciocche che scendevano sotto l’orecchio. Lei continuava a fissare il tramonto, sorridendo di felicità per quel piccolo gesto del suo amato. – Anne – la chiamò lui in francese, cosa rara dato che s’erano accordati di parlare ognuno la sua lingua natia – ti devo dire una cosa. – La sua voce era stata dolce come il miele, quindi lei dedusse che non si poteva trattare di qualcosa di grave. – Dimmi, amore mio. – rispose lei prendendogli la mano nelle sue. Le gentili dita del tedesco s’addicevano perfettamente alla sua personalità, sottili e raffinate, curate come quelle d'un pianista. – E’ ormai un’anno e mezzo che ci conosciamo e quasi uno che stiamo sempre insieme. E in questa serata così perfetta, mia gemma, voglio farti una domanda che m’assilla ogni notte. – Le si inginocchiò davanti, prendendo la sua destra. Ad Anne il respiro si accorciò e cominciò a sudare. In quei pochi secondi di silenzio in cui ognuno dei due si guardava negli occhi, le loro emozioni li travolsero come non mai. Fu Hans a rompere il silenzio – Anne Necker, dama più bella di Francia, ma che dico, del mondo! – disse lui sottovoce, con dolcezza – Mi vuoi sposare? –
    Anne rispose di sì.


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    Un'immagine del castello degli usignoli dal mare​



    21 Ottobre 1928, Residenza di Lucas von Hohenhain, Berlino​



    A casa di Lucas c’era una mezza riunione di famiglia. Franz ed Eugen, ora entrambi di stanza a Berlino e colonnelli in due diverse divisioni, erano venuti a passare una serata con loro fratello maggiore; per l’occasione Lucas aveva ordinato tre litri della miglior birra di tutta la città. Ognuno aveva portato con se la famiglia ed insieme mangiarono la cena, preparata dalla moglie di Lucas in persona, Ana Bukovic, un’aristocratica russa fuggita durante la rivoluzione.
    Dopocena i tre lasciarono le famiglie al piano di sotto, andandosi a sedere nella sala di lettura. Franz sprofondò nella poltrona, già allegro per la gran quantità di birra bevuta, mentre Eugen curiosava tra i libri del padrone di casa. Lucas invece si avvicinò alla vetrina dei liquori, tirando fuori una bottiglia di grappa risalente all’avanzata di Caporetto. Ne versò un po’ in tre bicchieri che distribuì: – Fratelli, brindiamo ad Alfred Hugenberg, nuovo capo del DNVP e nostro fidato uomo! – Prosit!- Dissero in coro i tre.

    Hugenberg, grazie al suo impero mediatico, si rivelò una scelta azzeccatissima nei mesi seguenti: riusciva ad avvicinarsi alle idee del centro pur senza rinunciare ai suoi principi nazionalistici. Piaceva all’elettorato e soprattutto piaceva ai nazionalsocialisti. Addirittura conosceva Mussolini, per il quale provava una grande ammirazione. Un’ottima scelta per gli Junker, i quali continuarono ad assicurarsi un pesante potere politico, come dimostrarono i fatti. Questo genere di uomini, duri ma abili nel compromesso, si rivelarono fondamentali l’anno seguente, quando tutto cominciò a precipitare. La Germania sembrava sulla via della rappacificazione, ma la Crisi spazzò via ogni sogno di pace.


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    Una cartolina dalla Berlino del 1928​
     

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