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Regno di Napoli: Viva O' Rrè!

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da Eferthad, 20 Marzo 2014.

  1. Eferthad

    Eferthad

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    Capitolo I: La Guerra d'Indipendenza

    Palazzo_Reale_di_Napoli_-_Alfonso_V_d\'Aragona.jpg

    Alfonso V "Il Magnanimo" di Trastàmara, Re di Napoli e d'Aragona
    3 Maggio 1445, Napoli, Maschio Angioino. Ai nobili della corte Aragonese, ormai stanziatasi nella capitale del regno di Napoli, retto in unione personale con la corona catalana, giunge una notizia: Alfonso V d'Aragona è morto, colpito da un attacco di febbre durante il sonno. A dare la notizia, la faccia contrita, è suo fratello Giovanni, erede al trono d'Aragona per mancanza di figli legittimi di Alfonso. In realtà, il sovrano deceduto ha un figlio, benché illegittimo: l'Infante d'Aragona Ferdinando, da poco nominato Duca di Calabria dal Pontefice, Eugenio IV, era di diritto nella linea di successione del Regno di Napoli, grazie all'investitura papale: ma Giovanni, che ha atteso a lungo il suo momento, non ha alcun desiderio di lasciare al nipote la corona napoletana, considerata la più prestigiosa. E' così che Giovanni scompare dalla storia, si dice murato vivo in una delle torri del Maschio Angioino: con tutta probabilità, anche la dipartita di Alfonso il Magnanimo era stata ben pianificata.

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    Giovanni II "Il Tiranno" di Trastàmara, Re d'Aragona
    E' così che, al trono d'Aragona e di Napoli, sale Giovanni, che sarà incoronato col nome di Giovanni II d'Aragona e Giovanni I di Napoli. Se già la scomparsa dell'Infante Ferdinando, benvoluto dalla popolazione napoletana, inizia ad insospettire i nobili partenopei e la popolazione del regno, la definitiva conferma della relativa importanza della pur prestigiosissima corona di Napoli agli occhi del nuovo sovrano, segnalata tra l'altro anche dalla volontà dello stesso Alfonso V, che aveva spostato la sua corte, e dunque la sua capitale, proprio a Napoli, si ha nello stesso mese di maggio: senza alcun preavviso, il Re sposta la sua corte in Spagna, a Valencìa, abbandonando Castel Nuovo. Inizia, per i napoletani, un periodo di repressione militare e di imposizioni di pesanti tasse, essendo stato il regno lasciato in mano da Giovanni ai baroni locali, che mal soffrivano la presenza del sovrano in Napoli, in quanto lesiva dei loro interessi.

    "Vostra Altezza, vi prego di ricons..." stava dicendo Gaspare degli Albizzi, nobiluomo toscano da anni al servizio di Alfonso il Magnanimo, quando fu interrotto da Re Giovanni che, dapprima annoiato, ora appariva decisamente stizzito.
    "Silenzio! Il Re ha parlato, Don Gaspare, e non ha intenzione di prolungare oltre questa discussione." Fu la replica.
    "Mio Signore, Napoli è più sicura di Valencia! I Castigliani..."
    "I Castigliani saranno sgominati, Gaspare!"
    "Ma... Come il mio signore desidera."

    Il Re, Gaspare ne era convinto, stava andando incontro alla rovina propria e della propria casa reale: Napoli era decisamente più difendibile di Valencia, considerando che il Regno di Napoli confinava solo con lo Stato Pontificio e con il debole ducato d'Urbino, e la minaccia Castigliana in Spagna era una grana tutt'altro che facile da risolvere. Ma Giovanni non aveva voluto sentire ragioni. Una cosa era certa: Napoli, la ricca, popolosa, bella Napoli, non avrebbe sopportato a lungo questo Re: non era Alfonso il Magnanimo, benvoluto dal popolo ed avvertito come un vero napoletano. Era uno spocchioso nobiluomo catalano, vissuto per anni in Navarra ed a Barcellona, e decisamente intrattabile, a quanto aveva avuto modo di vedere.

    E, in effetti, il buon Gaspare non era tanto lontano dal vero: nell'ombra, i nobili partenopei complottavano per rimuovere dal trono di Napoli quello straniero, per rimpiazzarlo con uno di loro, con qualcuno che potesse concedere loro maggiori privilegi e che potesse meglio affabulare il popolo. Questi avevano stretto un patto di alleanza con la Castiglia, quella stessa Castiglia che Gaspare (a ragione) tanto temeva, oltre che con l'Ungheria. Avevano anche stretto solidi legami diplomatici con l'Imperatore del Sacro Romano Impero, sotto l'egida del quale intendevano portare la corona Napoletana, onde proteggerla contro la vendetta Aragonese.

    Fu così che il 2 Agosto del 1448, in una torrida giornata d'estate, la popolazione fu radunata davanti a Castel Nuovo, che nella notte era stato occupato dalle forze fedeli ai baroni napoletani, ché il Re Giovanni, poco furbescamente, non aveva lasciato che un piccolo contingente di fedeli a Napoli. Dal balcone si affacciarono tre uomini ben vestiti, seguiti infine da un uomo che cingeva in capo l'antica corona Angioina, fino a quel giorno gelosamente custodita nel Maschio. Vestiva gli antichi paramenti reali, recanti lo stemma degli angioini, uno scudo di gigli in campo blu sormontato da un lambello; non recava, invece, alcun riferimento né alla corona aragonese, né a quelle di Gerusalemme o d'Ungheria: si presentava, insomma, come sovrano unicamente di Napoli. Ben presto, le masse si accorsero che non si trattava dell'odiato Giovanni, bensì di qualcun altro.

    alfonso I.jpg
    Alfonso I "il liberatore" Senni, Re di Napoli

    "O popolo di Napoli, O popolo di Sicilia! Costui è Alfonso, della nobile casata dei Senni! La tirannide di Giovanni d'Aragona è giunta al termine, così come al termine è il dominio straniero: Quest'oggi, nella cattedrale di Santa Maria Assunta, egli sarà incoronato Re di Sicilia Citeriore, con il nome di Alfonso I! Il Sommo Pontefice ha già acconsentito all'incoronazione, e le corone amiche di Castiglia e d'Ungheria lotteranno al fianco di Sua Maestà!"

    Aveva inizio quella che sarebbe stata ricordata come la Guerra d'Indipendenza Napoletana.
     
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  2. alberto90

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    Come inizio non c'è male .... adoro le storie di tiranni, di guerre di liberazione e di complotti ..... ti seguo.
     
  3. andry2806

    andry2806

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    seguo:). Quali sono i tuoi obbiettivi? Regno d'Italia? Totale conquista degli aragonesi per vendetta? Impero coloniale in Africa? Espansione nei Balcani?
     
  4. Eferthad

    Eferthad

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    Chiaramente, in primo luogo la riconquista del fu regno di Sicilia (alludo a quello normanno), in realtà già ultimata. Detto questo, la vassallizzazione del papato (come stato cuscinetto per evitare grane in italia), ed espansione, in africa e nei balcani soprattutto (in modo da far fruttare i centri di commercio di Venezia e Tunisi. Poi non so con precisione: da bravo politico approfitterò di tutte le opportunità del caso, ma non credo formerò l'Italia. In primo luogo perché ho già fatto una partita in questo senso, con Napoli, ed in secondo luogo perché nell'hre ora c'è troppa espansione aggressiva, e per riunirla si deve attendere troppo tempo, risultando comunque una potenza di secondo piano. Meglio concentrarsi su Serbia/Bosnia, e sugli ottomani appena le tech lo permetteranno.
     
  5. Pandrea

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    Però ti basta una sola provincia italiana per avere gli stessi incassi di tutti i Balcani.
     
  6. Eferthad

    Eferthad

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    Chiaro, ma la conquista italiana per me è una trama già vista, sia in EU3 (anche lì, ne feci un AAR) sia in EU4. Ora, mi sto cimentando in quest'ennesima partita in ironman (la seconda con napoli, la prima unificai l'italia nel 1530 circa), adesso che tra l'altro, con la nuova AI per le alleanze, è diventato molto più difficile: l'Aragona si allea costantemente con Portogallo ed Austria (in questo caso sono stato fortunato), e spesso e volentieri con la francia. Tra l'altro, non si può neanche dichiarare al dayone per una tregua, altrimenti sarebbe semplice. Comunque, più tardi posto il seguito!
     
  7. Eferthad

    Eferthad

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    Capitolo II: Alfonso Senni, il ghibellino

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    Alfonso I "Il Liberatore" Senni, Re di Napoli
    Ci siamo lasciati il 2 Agosto del 1448, quando un giovane barone napoletano, Alfonso Senni, aveva reclamato per sé, coadiuvato dalla nobiltà partenopea, la corona che fu di Carlo D'Angiò, del quale aveva recuperato i simboli, onde recuperare il retaggio dell'ultimo Regno di Napoli davvero indipendente. La situazione, al giorno della dichiarazione, era davvero complessa: l'esercito baroniale, 9000 uomini in arme, era stanziato in Calabria, guidato dal generale Adriano Pierallini, esperto stratega militare, già al servizio di Alfonso d'Aragona; l'alleato castigliano era circondato dai due belligeranti avversari, Aragona e Portogallo, e l'Ungheria si profonderà, nello sforzo bellico, nell'occupare le province dalmate di Venezia, l'altro alleato d'Aragona, che tuttavia non invierà mai la sua flotta, duramente ridimensionata durante una guerra contro i Mamelucchi per Creta.

    La prima battaglia della guerra è combattuta proprio in Calabria, dove diecimila aragonesi, attraversati gli stretti, attaccano l'esercito napoletano: l'esito, per la corona spagnola, sarà disastroso; decimato ed in rotta, l'armata aragonese si ritira in Sicilia, rintanandosi nel palermitano, ficcandosi letteralmente in un vicolo cieco: sarà facile, per l'armata del Pierallini inseguire il nemico in fuga e metterlo definitivamente in rotta. Nel frattempo, nel mezzo della guerra, a Napoli nasce il primogenito del Re, il 5 ottobre del 1449: gli sarà dato il nome di Ferrante.​

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    In seguito, lo scenario principale della guerra diverrà la Spagna: mentre, difatti, la sicilia è occupata dall'esercito napoletano, che pone sotto assedio anche Malta, dopo che la flotta aragonese è stata annientata dalle caracche castigliane, gli eserciti castigliani sono efficacemente contrastati dalle forze aragonesi e portoghesi, che dopo una prima fase segnata dalle sconfitte riescono a riorganizzarsi, assoldando mercenari in quantità, ed a cingere sotto assedio Toledo. E' in questo momento che, in Sicilia, scoppia la rivoluzione: 9000 ribelli siciliani mettono in rotta la metà dell'esercito napoletano stanziata a Palermo, per poi tentare l'inseguimento ed essere bloccati a Messina dalla Real Marina di Napoli, che impedisce loro di sgominare l'armata. Uno sbarco a Messina, anche se l'armata si riunisse, sarebbe proibitivo, e ben presto Messina è messa sotto assedio dai ribelli. Vista la situazione in bilico nella penisola ispanica, Re Alfonso decide, il 7 maggio del 1451, di inviare una proposta di pace alla corona Aragonese: se in un primo momento intendeva reclamare anche la sicilia, vista la situazione ritiene di poter domandare solo l'indipendenza in maniera formale. La richiesta di pace è accettata: è la pace. L'obiettivo primario di Napoli, l'indipendenza, è raggiunto.

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    "Dunque, Vostra Altezza, abbandoneremo i nostri sudditi siculi alla tirannide dell'Aragonese?" Fu la reazione del generale Pierallini alla stipula della pace, sibilata a denti stretti non appena, raggiunto il Maschio Angioino, si fu inginocchiato di fronte al suo Re.
    "Don Adriano, forse che voi ritenevate possibile continuare la guerra privi dell'alleato castigliano?"
    "La loro marina era distrutta, il loro esercito lungi dalle nostre coste!"
    "Invero, Generale, il loro esercito era lontano: ma non possiamo permettere che l'alleato castigliano sia ridimensionato. Non, almeno, finché non avremo cacciato lo straniero dalle terre di Sicilia."
    "L'alleato castigliano, mio signore? Con tutto il rispetto favellando, gli ispanici son avvezzi solo al tradimento, io affermo!"
    "Generale, state forse mancando di rispetto ai nostri alleati, coloro che han reso possibile la nostra libertà?"
    "Niente affatto, mio signore. La mia era una banale constatazione, invero."
    "Don Armando, potete congedarvi. Vi saranno tributati gli onori di guerra, e nulla più: la diplomazia non è affar vostro."

    Ma il Conte Pierallini non aveva tutti i torti: forse costretti dal precario equilibrio nella penisola ispanica, i castigliani ritirarono la loro alleanza con la corona napoletana, che tra l'altro non godeva, vista l'indubbia illegittimità del sovrano attuale, di chissà quale prestigio. Intanto, Alfonso ebbe modo di consolidare la posizione del regno appena rivendicato.

    "Mio signore!" si udì nella sala del trono di Castel Nuovo. "Mio Signore, è arrivata la risposta del Sacro Romano Imperatore alla nostra richiesta di protezione!"
    "Ebbene?"
    "Ebbene, Vostra Altezza, ha accettato. Vi attende a Vienna, per rendervi principe dell'Impero, al pari del Re di Boemia."
    "Gli Aragonesi staranno rodendosi il fegato... Annunziatemi al Kaiser, partirò immediatamente!"

    il 1 Agosto 1452, in una solenne cerimonia nel Palazzo dell'Arciduca d'Austria, il Re di Napoli Alfonso I veniva investito della carica di principe del Sacro Romano Impero, e stipulava un patto d'amicizia e d'alleanza con l'Arciduca ed Imperatore, sposando una sua figlia all'erede al Trono Asburgico.

    alfonso I moneta.jpg
    Intanto, il sovrano iniziava le sue riforme dell'amministrazione napoletana: contrariamente a quanto auspicato dai baroni, fece i primi passi verso il superamento della monarchia feudale, iniziando ad accentrare una serie di poteri nelle proprie mani e rendendo fattivamente inutili i parlamenti baroniali della città di Napoli. Inoltre, formalizzò le scale, i pesi e le misure, con un editto datato 1454. Nel 1456, dopo un tentativo di guerra di riconquista della Sicilia andato decisamente male, complice l'intervento francese, in cui il generale Pierallini vinse una serie di battaglie decisive in Sicilia assieme all'alleato Austriaco, terminato con la stipula di una pace bianca quando Napoli fu posta sotto assedio da un esercito di 18.000 francesi, il Re ebbe i suoi primi problemi: i malumori a lungo covati dagli stessi baroni che lo avevano insignito della corona, difatti, scoppiarono tutti assieme quando una delegazione si recò dal Re. Era composta da alcuni baroni minori, capeggiati dal generale Adriano Pierallini in persona, che covava rancore personale nei confronti del Re per la pace appena stipulata, oltre che per la precedente (la ribellione dei siciliani era infatti stata domata dagli Aragonesi, contrariamente a quanto il Re aveva ritenuto), Pierallini tra l'altro ritenuto eroe di guerra dalla maggior parte dei nobili della corona, considerando che mai aveva perso una battaglia se non quella contro gli insorti siciliani.

    "Vostra Altezza, per quanto mirabili siano stati i vostri sforzi, avete fallito nel compito affidatovi dai signori qui presenti. Napoli forse è indipendente, ma non prospera quanto dovrebbe: avete fallito due volte la presa di Sicilia, legittimamente appartenente al trono di Napoli, e le corone europee, salvo l'Imperatore, non vi ritengono legittimo successore degli Angioini."
    "Sapete, Don Adriano? Non vi figuravo stupido fino a questo punto."
    "Non intendo rispondervi, Vostra Altezza. Abbiamo preparato l'atto di abdicazione: voi lascerete il trono al Delfino di Francia, legittimo successore della dinastia che fu di Carlo d'Angiò!"
    "Don Adriano, volete ripetere? Ritengo di non aver inteso quanto avete proferito."
    "Dovete abdicare, Vostra Altezza. Lo chiedono i sovrani di mezza Europa, lo chiede la nobiltà della corona"
    "E a favore di chi, del Delfino di Francia? All'alleato degli Aragonesi, al medesimo nemico che ci ha impedito di reclamare le nostre terre? Giammai!"
    "Vostra Grazia, d'ora in poi io vi chiamerò. Sarete Duca di Calabria, se non vi opporrete, ed io governerò in vece del Re di Francia".
    "Io comando nel Regno di Napoli! Farete bene a non dimenticarlo, Conte Pierallini. Io vi ho creato Conte, io vi distruggerò, se oserete!"
    "E come intendete impedire la ribellione? Un esercito di seimila uomini già cinge sotto assedio Manfredonia, mentre noi parliamo. Avete perso."
    "Decapitatelo!"
    "C-come?"
    "Guardie, prendete i traditori, e decapitateli! Voglio le loro teste sulle picche, quale monito a chiunque voglia ribellarsi al legittimo Re di Napoli. Conte Botta-Adorno, vi affido l'esercito: radunatelo e sgominate i ribelli. Non lasciate prigionieri."

    La ribellione dei baroni fu domata nel sangue.

    Fu nel gennaio del 1460, stabilizzato il regno ed assicurata la legittimità piena del piccolo Ferrante tramite una serie di scambi diplomatici, che il Re Alfonso I, ormai da tempo divenuto egemone negli ambienti ghibellini della penisola, ebbe il coraggio di fare quanto nessuno aveva fatto in decenni: Muovere guerra alle uniche terre d'Italia non appartenenti al Sacro Romano Impero. Lo Stato della Chiesa. Il pontefice, impegnato in una guerra in Savoia, non poté radunare altre leve oltre alle 7000 circa rimastegli: fu così che, nella battaglia di Romagna del 12 febbraio 1461, il Generale Giovanni Botta-Adorno, forte di novemila soldati, sgominò l'esercito pontificio, per poi distruggerlo alle porte di Roma. E fu proprio mentre lo Stato Pontificio era in guerra che ai soldati giunse la notizia: il Re, il 27 giugno del 1462, all'età di quarant'anni appena, si spegneva. Alcuni ci videro la mano di qualche ambizioso barone, ma i fatti sarebbero stati smentiti: il consiglio di Reggenza, capitanato dal Barone Sanseverino, sarebbe rimasto leale al piccolo Ferrante.

    Fu proprio sotto il consiglio di Reggenza che, il 2 settembre 1463, fu stipulata la pace col Pontefice, il Regno di Napoli ad ottenere le terre di Ancona e Romagna, la prima poi ceduta ai Montefeltro, come vassalli della corona.

    2014-03-19_00002.jpg
    Il 4 ottobre del 1464, tuttavia, il consiglio si scioglieva, e il quindicenne Ferrante saliva al trono. Suo erede, il fratello Gabriele, di otto anni.

    2014-03-19_00003.jpg



    POST SCRIPTUM:
    data la seguente situazione, dando per scontate bosnia e montenegro, e a questo punto inizio a pensare anche all'annessione del papato, voi dove vi espandereste?
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    Ultima modifica: 21 Marzo 2014
  8. alberto90

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    Io proverei ad attaccare il nord africa ..... Tripoli, la Tunisia .....
     
  9. ronnybonny

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    Vendicati e conquista l'Aragona! Lascia stare i Balcani per la povertà delle regioni e per non attirarti le ire degli Ottomani, anche il Nord Africa è parecchio povero... A meno di non puntare all'Egitto e aprirsi la strada verso l'oceano Indiano e da li arrivare all'India
     
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  10. Eferthad

    Eferthad

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    Il problema dell'Aragona è che al momento è alleata con la Francia uber che vedete: senza l'eredità borgognona, la Borgogna se la sta pappando proprio tutta. E per forgiare claim su tunisi mi serve la Sardegna -.-
     
  11. andry2806

    andry2806

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    puoi chiedere aiuto all'Inghilterra?
     
  12. ronnybonny

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    Con la flotta non riesci a portare la Francia ad un alto War Exhaustion?
     
  13. Eferthad

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    A parte che gli stati italiani danno l'accesso alla Francia, l'unico suo intervento (vedrete nel prossimo post) l'ho pagato, e neanche poco. Detto ciò, se dichiaro guerra all'Aragona, intervengono Portogallo, Francia e Venezia, mentre io ho dalla mia Castiglia, Ungheria e Austria. Come eserciti stiamo lì, ma sul mare vincono loro nettamente. E l'Inghilterra non posso prenderla come alleata, sono già alleato con due great power (Austria e Castiglia). La situazione è davvero molto complessa, credo dovrò essere parecchio opportunista, e dovrò saper cogliere ogni occasione.
     
  14. alberto90

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    Non ti preoccupare. Tutti i grandi blob prima o poi crollano e anche le grandi alleanze sono destinate a sfasciarsi. Dai tempo al tempo.
     
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  15. Eferthad

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    Capitolo III: La cacciata dell'Aragonese

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    Ferrante I "Il Grande" Senni, Rex Utriusque Siciliae
    Se gli anni di Alfonso I erano stati quelli della liberazione di Napoli dallo straniero, gli anni che posero le basi della prosperità del Regno di Napoli furono certamente quelli di Ferrante I. Il figlio di Alfonso, nato dall'unione del padre con Carolina d'Asburgo, ebbe vita facile difatti, proprio grazie alla scaltra unione dinastica, a convincere le corti europee della legittimità della sua sovranità su Napoli. Ma il giovane Re Ferrante è ambizioso, più anche del padre, e non pare volersi accontentare delle conquiste in Romagna e nell'urbinate: il primo obiettivo del suo regno, difatti, sarà quello di reclamare per il trono partenopeo l'isola di Sicilia, troppo a lungo sotto le grinfie dei sovrani aragonesi: a questo scopo egli rinsalderà i legami con l'imperatore, l'Arciduca d'Austria, e con la corona Castigliana, alleato naturale del Regno di Napoli e nemico giurato della corona Aragonese.

    E' così che pochi mesi dopo la salita al trono di Ferrante, nel marzo del 1465 parte quella che sarà ricordata come la 2° Guerra di Riconquista di Sicilia, che vedrà due schieramenti impressionanti farsi guerra fra loro: da un lato Napoli, Austria e Castiglia, dall'altro Aragona, Portogallo, Francia e il ducato di Milano. Il pericolo principale, neanche a dirlo, è il forte regno di Francia, che tuttavia è già impegnato in un'altra guerra, nel perpetuarsi della secolare belligeranza con la perfida Albione. Radunati 10.000 uomini, sotto il comando del generale Giovanni Botta-Adorno, Ferrante da' il via alle operazioni militari, attraversando lo stretto di messina e sconfiggendo, a Palermo, un'armata Aragonese di 7.000 uomini. L'isola è posta sotto assedio. Il primo anno di guerra vedrà, sul fronte milanese, una serie di battaglie che coinvolgeranno principalmente Francia ed Austria, dal risultato altalenante, fino alla battaglia di Pavia, dove un esercito di trentamila francesi sconfiggerà duramente l'esercito imperiale, composto da 25.000 fra fanti e cavalieri. Intanto, la guerra in Iberia vive uno stallo pressoché totale: nessuno dei due schieramenti, difatti, pare in grado di sconfiggere l'altro. E' in questo frangente che la schiera francese inizia la sua discesa verso Napoli, ed è proprio per evitare la disfatta totale che Ferrante, il 27 aprile del 1466, sigla la pace col sovrano francese, che comporta la perdita della Romagna, restituita al Sommo Pontefice e la rottura di ogni rapporto d'alleanza, per un termine quinquennale, con la Castiglia.

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    La mossa, apparentemente disperata, di Re Ferrante avrà, tuttavia, notevoli frutti: forti della scomparsa dal fronte degli eserciti di Francia, difatti, le truppe austriache procedono all'occupazione sistematica del ducato di Milano, che sarà completamente occupato in un paio d'anni. Ferrante, intanto, conscio di non poter abbattere la marina Aragonese/Portoghese, impresa non riuscita neanche all'imponente flotta di caracche castigliane, attende notizie dalla penisola iberica. Queste arriveranno agli albori del 1469, quando un messo castigliano gli comunicherà che, nonostante la presa di Rossiglione da parte delle forze castigliane, l'esercito alleato versa in una situazione disastrosa, e che la guerra, in Iberia, sembra ormai volgere verso il meglio per la coalizione nemica. Impossibilitato ad intervenire, sottoposto alla pressione diplomatica dei castigliani, che temevano danneggiamenti eccessivi per la loro corona, e nonostante avesse occupato anche Malta, che intendeva annettere alla corona napoletana assieme alla Sicilia, Ferrante è costretto, nel marzo del 1469, ad inviare i suoi messi a Valencia per la stipula di una pace, che comporterà comunque, grazie ai successi Austro-Napoletani, una ricompensa tutto sommato eccellente.

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    La riconquista delle due Sicilie, fatta salva Malta, ancora nelle mani degli iberici, è ormai completa. E' così che Ferrante può farsi incoronare "Rex Utriusque Siciliae", Re di entrambe le Sicilie, riunendo finalmente sotto un'unica corona l'antico regno che fu degli Altavilla e degli Hohenstaufen.

    "Vostra maestà, è fatta. Il Regno è riunito, per la prima volta dai vespri siciliani. Vostro padre sarebbe fiero della vostra impresa". A parlare era il Generale Botta-Adorno, ai piedi del trono, nel Maschio Angioino.
    "Invero, generale, il Regno è riunito. Non fosse stato per gli incompetenti castigliani, festeggeremmo anche la redenzione di Malta, e forse dei Giudicati di Sardegna".
    "Certamente, Vostra Grazia. Eppure, gli aragonesi sono stati ridimensionati: non tenteranno mai più di invadere le vostre terre".
    "Voi dite, Don Giovanni? Il Re Francese ha già tentato una volta di sobillare i nobili della corona, ed è alleato degli ispanici".
    "Invero, il Re Francese rappresenta un cruccio, Vostra Altezza. Senza il francese, ancora nei nostri possedimenti sarebbe il ducato di Romagna".
    "Invero, il Pontefice non penserà di cavarsela con così poco..."
    Sul volto del Generale Botta-Adorno comparve un sorrisetto decisamente poco rassicurante. "Vostra Altezza, ho l'ardire di pensare che già abbiate dei piani in merito..."
    "Si capisce, Don Giovanni. Le armate del Papa, del resto, sono impegnate in una campagna in Savoia".
    "Intendete forse reclamare la Romagna?"
    "Forse... o forse no. Dimenticate l'alleato più fedele del Pontefice..."
    "La Serenissima!"
    "Esattamente, don Giovanni. La Serenissima".

    Il 7 novembre del 1471 il Regno di Napoli, assieme ai suoi alleati di Castiglia, Austria e Ferrara, dichiarava guerra al Sommo Pontefice, a sua volta difeso dal Duca di Savoia e dalle repubbliche di Genova e Venezia. La prima e più importante battaglia della guerra fu combattuta alle porte di Roma, ove l'esercito napoletano del Botta-Adorno, forte di tredicimila soldati, distruggeva il ben più piccolo esercito papale, composto da 5000 uomini. Occupati Lazio e Romagna, le forze napoletane procedettero alla sistematica occupazione delle terre savoiarde, al fianco degli Austriaci, che avevano ormai annientato l'esercito veneto, mentre un plotone di 4.000 partenopei, attraversate le terre dell'Arciduca, assediava la provincia di Dalmazia, appartenente alla Serenissima Repubblica di Venezia.

    Nel 17 dicembre del 1474, il Duca di Savoia, forse intenzionato a passare la natalità in santa pace, stipula la pace col Regno di Napoli, che comporterà una riparazione di 36 ducati e la rottura dei rapporti diplomatici col Papato e con il Regno di Francia. Nel frattempo, l'assedio di Dalmazia, così come di tutte le altre terre venete, fatta salva la capitale protetta da un'imponente flotta, è occupata: è così che il Re Ferrante, nel gennaio appena successivo, sedendosi al tavolo di pace con la Serenissima, che aveva assunto il ruolo di capo dello schieramento guelfo, pretenderà una serie di risarcimenti e di stipule di natura commerciale per cinque anni, infliggendo un duro colpo all'economia veneta, e... la Dalmazia, lasciando incredibilmente cadere le proprie pretese sulla Romagna.
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    "Una mossa ardita, Vostra Altezza".
    "Invero, Don Giovanni. Eppure, apreci le porte per la conquista delle terre dei Serbi, una facile preda".
    "Il Mio Signore rammenta la presenza del Sultano?"
    "Certamente, Generale. Eppure, la nostra amicizia con le corone d'Austria e d'Ungheria ci pongono in una posizione di vantaggio, rispetto ai turchi".
    "E per quanto concerne il Pontefice, Vostra Altezza?"
    "Il Pontefice necessita della nostra protezione, se ne farà una ragione".
    Il Generale sorrise: il Re aveva intenzione di fare del Pontefice un suo burattino.

    Impresa che, a conti fatti, sarebbe stata più semplice del previsto: la guerra, difatti, durò dal gennaio del 1480 al marzo del 1481, e coinvolse le corone di Napoli, Austria e Ungheria da un lato, e il Papato, il Ducato di Savoia e la Repubblica di Genova dall'altro. Occupate le terre del pontefice, Ferrante non dovette fare altro che chiedere allo stesso di accettare la protezione offerta dalla corona Napoletana per porre fine al conflitto armato.

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    Il "Cattolicissimo Re delle Sicilie" diventava così, improvvisamente, una delle figure chiave della diplomazia europea, avendo posto sotto il suo controllo lo Stato della Chiesa. Intanto, il Regno di Napoli rinverdì le sue mire sull'Ungheria, cercando di porre sul trono magiaro un esponente di Casa Senni, fin quando il vecchio Re, ormai sessantunenne, non ebbe figliato, rimandando a data da destinarsi le mire partenopee sull'Ungheria, ora suo alleato. Nel 1483, quale pegno di amicizia verso il pontefice, la provincia di Urbino, appena integrata sotto la corona partenopea, fu ceduta allo stesso, creando di fatto un cuscinetto fra il Regno di Napoli e gli altri piccoli stati italiani, rimasti scottati dall'improvvisa ascesa dell'astro partenopeo. Ma le mire di Ferrante si spingevano ben oltre il sud Italia: difatti, il 14 ottobre dello stesso anno egli dichiarò guerra al Re di Bosnia, isolato diplomaticamente a causa della conquista della Serbia: nel giro di un anno, il 4 dicembre del 1484, il regno di Bosnia capitolava, costretto ad accettare una pace che aveva dell'umiliante.

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    Era forse sazio, il Re Ferrante, dopo l'ennesima campagna militare portata a termine con successo? La storia l'avrebbe decretato a breve. Eppure, i suoi contemporanei avrebbero giurato di no, specie gli artisti ai quali faceva da mecenate, che sempre più spesso lo dipingevano abbigliato della sua corazza e della corona angioina, la spada sguainata e puntata verso chissà quale orizzonte. Una cosa era certa: Ferrante sarebbe rimasto, nei secoli a venire, nella memoria dei napoletani.


     
  16. alberto90

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    La miseria ... sto Ferrante ha le palle di bronzo come i cannoni .....
     
  17. Eferthad

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    Tu scherzi, quando ho visto i francesi vincere a Milano ho sudato freddo. La romagna vale bene una pace con la Francia. Se non ne avesse approfittato, Ferrante sarebbe tutt'altro che "grande". Poi vatti a permettere un errore, in ironman.
     
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  18. ronnybonny

    ronnybonny Moderator Membro dello Staff

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    Situazione Europea? Peccato che tu non riesca ad avere la supremazia navale... Hai deciso per un'espansione nei Balcani allora? gli Ottomani come sono messi?
     
  19. Eferthad

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    Più tardi, quando inizio la sessione del prossimo aggiornamento, prendo e posto uno screen della situazione mondiale. In generale, ad ogni modo, abbiamo una uber francia giunta fino quasi alle Fiandre, l'eredità borgognona non è avvenuta ancora. In realtà dovrei sbrigarmi a prendere Malta e Sardegna, che una volta che parte l'evento dell'iberian wedding poi sono cavoli amari. L'austria invece si è espansa ai danni dei vari staterelli dell'hre, ha preso anche una provincia boema, mi pare.

    Gli ottomani non si sono espansi in europa, ma hanno già mangiato un pezzo di Siria. Se l'obiettivo è la cacciata dall'europa, devo sbrigarmi a coinvolgere Austria, Ungheria e Spagna in una guerra contro loro, dovrei riuscire a strappare qualche territorio, in questo modo, piano piano.
     
  20. Eferthad

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    Nella prossima oretta e mezza giocherò la seconda parte del regno di Ferrante, sperando che abbia successo quanto la prima. La situazione attuale è la seguente:

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