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LE NAVI BIANCHE (il rimpatrio dei civili italiani dall'AOI 1942/43)

Discussione in 'Età Contemporanea' iniziata da Mappo, 26 Marzo 2018.

  1. Mappo

    Mappo

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    Una pagina di storia di cui ero totalmente all'oscuro. Ringrazio Gianluca Bertozzi che sulla pagina FB "Regia Marina" diffonde queste chicche di storia sconosciute ai più.

    LE NAVI BIANCHE (il rimpatrio dei civili italiani dall'AOI 1942/43)

    Dopo la caduta dell'AOI e l'invio di circa 100000 italiani residenti nei campi di internamento nell'impero (militari e tutti i maschi superiori ai 16 anni) circa 150000 civili italiani rimanevano nei territori dell'Africa orientale costituendo un problema per le autorità civili e militari Britanniche.
    L'Inghilterra infatti reputava urgente procedere all'evacuazione dei civili italiani da tutta l'Africa Orientale ex italiana che in molte regioni erano stati internati dopo l'arrivo delle truppe britanniche.

    Questo rimpatrio oltre che per ragioni umanitarie era necessario perchè un prolungato internamento di tutti i civili italiani, ancora presenti in quella parte d'Africa, avrebbe rappresentato un grave problema sia di logistica sia di sicurezza,infatti era urgente liberare le truppe e i rifornimenti che sarebbero state invece bloccate nella salvaguardia e nel mantenimento dei numerosissimi civili italiani ancora presenti e non solo in Etiopia, ma in tutto il Corno d'Africa, qualora non fossero stati evacuati oltre alla necessità per motivi politici di evitare che dopo la restituzione al Negus dei territori Etipici vi rimanessero consistenti comunità italiane che potessero influenzarlo o appoggiare i movimenti antibritannici e antinegussiti che si stavano organizzando sia tra la popolazione italiana che indigena .

    Più di 20000 civili furono evacuati in altre colonie britanniche per gli altri si tentò il contatto con le autorità italiane

    ''Le autorità militari britanniche in Africa Orientale sono vivamente preoccupate per la sicurezza di molte migliaia dì civili italiani uomini, donne e bambini - tanto nella Capitale quanto nelle zone periferiche dell' Etiopia dove uomini armati, disertori dei battaglioni coloniali italiani, e gruppi di banditi stanno mettendo a sacco le campagne, come bande organizzate di ladri, e minacciano le vite dei civili suddetti''.

    Così iniziava la lunga nota verbale che gli Stati Uniti inviarono al Governo di Roma il 4 maggio 1941, in qualità di curatori degli interessi britannici in Italia.

    Dopo varie titubanze,non si voleva aiutare il nemico a risolvere i suoi problemi di occupazione e la scarsa fiducia nella riuscita di una missione che avrebbe messo in gioco alcuni delle migliori unità della flotta passeggeri arrivò la decisione di dare corso al rimpatrio e portò a cominciare a definire con trattative dirette le modalità organizzative della missione

    Il principale accordo da raggiungere riguardava la rotta: gli inglesi imposero il lunghissimo periplo dell'Africa, non accettando l'attraversamento del Canale di Suez per evidenti ragioni militari. Fu anche convenuto che le navi avrebbero viaggiato indipendentemente dagli avvenimenti bellici, munite di salvacondotto, dipinte di bianco con grandi croci rosse e illuminate di notte, per evitare di subire attacchi per errore. A Gibilterra avrebbero preso a bordo una scorta militare inglese, da sbarcare al ritorno nello stesso porto.
    Per il rifornimento in viaggio del carburante fu concordato di utilizzare le navi Arcola e Taigete due cisterne nafta che, trovandosi fuori dal Mediterraneo all'atto della dichiarazione di guerra dell'Italia, si erano rifugiate nel porto neutrale di Santa Cruz di Tenerife, nelle Canarie. Munite di salvacondotto e dei distintivi chiaramente visibili di giorno e di notte, con a bordo una scorta militare britannica, si sarebbero recate a Curacao, nei Caraibi, a caricare il combustibile con il quale rifornire le navi delle missioni negli scali di San Vincenzo di Capoverde o di Las Palmas. iniazialmente era prevista la cisterna Lucania ma essa era stata affondata poco fuori Genova dal sommegibile britannico Tempest malgrado viaggiasse illuminata e esponendo regolarmente le insegne concordate, cosa che certamente non aumentò la fiducia, e solo dopo ulteriori trattative e impegni si dette seguito all'operazione

    Nei cantieri italiani furono preparate 4 grandi navi normalmente impiegate per trasporto passeggeri sulle rotte oceaniche, i piroscafi “Duilio” e “Giulio Cesare” del Lloyd Adriatico e le motonavi “Saturnia” e “Vulcania” della Società di Navigazione Italia, sulle quali furono effettuate le modifiche per renderle adatte ad alloggiare moltissimi bambini e persone duramente provate dalla prigionia.

    La capienza fu aumentata, modificando gli spazi comuni e le cabine, fino a raggiungere 2500 posti per i passeggeri e per i marinai, le crocerossine, le suore, i medici, i tecnici vari e la scorta inglese. Furono creati un reparto ospedaliero con 150 posti letto, una sala parto, due sale operatorie, un laboratorio di batteriologia, un gabinetto dentistico, una farmacia, un reparto di isolamento per gli infettivi, un ufficio postale, due sportelli bancari, due bar, parrucchiere, calzolaio, biblioteca, cinema, ecc. Si provvide ad imbarcare giocattoli, indumenti e tutto quello che sarebbe stato utile per un viaggio tanto lungo.

    A causa della livrea bianca con le croci rosse, tipica delle navi ospedale, ricevettero ben preso la designazione di “navi bianche”.
    Finalmente, il 2 aprile 1942 ebbe inizio la prima missione, al comando di Sua Eccellenza Saverio Caroselli, già governatore della Somalia Italiana. Nome ufficiale dell'operazione: “Missione Speciale A.O.I.”

    Le tre tornate di viaggi compiute ebbero andamento abbastanza simile, con qualche variante negli scali del terzo viaggio, nel corso del quale i profughi della Somalia furono imbarcati direttamente a Mogadiscio. La durata di ciascuno viaggio fu di circa 3 mesi, comprensivi di andata, ritorno, soste.
    A Capoverde o a Las Palmas i piroscafi ricevevano il rifornimento da parte delle cisterne petroliere Arcola e Taigete, che compirono 5 viaggi attraverso l'Atlantico per caricare il combustibile necessario, prima di ritornare nuovamente nel loro porto di internamento.

    Nei porti di Berbera e di Massaua ogni nave accolse a bordo circa 2000 rimpatriandi, molti dei quali vi erano giunti sfiniti dalle sofferenze e dalle privazioni dei campi e dalle fatiche del viaggio per arrivare al porto, compiuto a tappe forzate, stipati su camion e treni insieme a tutti i loro averi.
    Rimpatriarono i civili provenienti dai campi in Etiopia, i più urgenti da sgombrare. Al loro arrivo in Italia, i rimpatriandi del primo viaggio furono accolti come eroi e nei vari porti di sbarco andarono loro incontro i sovrani o le altezze reali

    Nel corso del del terzo viaggio ai profughi giunse la notizia dello sbarco degli Alleati in Sicilia e della caduta di Mussolini, che lasciò sgomente persone lontane dall’Italia da molti anni, prive di una percezione aggiornata dell’evolversi della situazione militare e politica. La scorta inglese li accompagnò fino nel canale di Sicilia e aerei e naviglio alleato li scortarono finché non fu certo che si sarebbero diretti a Taranto, unico porto concesso per lo sbarco. Nessuna fanfara li attendeva, solo le crocerossine distribuirono caramelle ai bambini e offrirono un po' d'accoglienza. Mentre erano sui treni per raggiungere le loro destinazioni, tra il 13 e il 17 agosto, Roma, Napoli, Torino, Milano e altre città furono investite da ondate di bombardamenti degli Alleati: era il benvenuto in un Paese con la guerra in casa, il primo assaggio dei momenti duri che sarebbero seguiti. L'Italia era già spezzata in due e alcuni dei ragazzi che rimpatriarono fecero in tempo ad essere travolti dalla guerra civile che scoppiò alcuni mesi dopo.
    A conclusione delle 3 missioni, i civili rimpatriati dall'Africa Orientale furono circa 28.000 comunque la si consideri è una delle più complesse e riuscite operazioni di salvataggio della storia che aprì un corridoio umanitario per cui transitarono migliaia di civili

    In Foto il Saturnia in partenza per L'AOI e Profughi allo sbarco a Brindisi
    FONTI
    Gli Italiani in Africa orientale - La caduta dell'impero di Angelo del Boca
    Le navi ospedale italiane 1935-1945, di Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia

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