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diario di un sergente nella Campagna di Grecia

Discussione in 'Media' iniziata da huirttps, 18 Dicembre 2012.

  1. huirttps

    huirttps

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    Diario del Sergente Salvatore Crescenzo,classe 1921, proveniente da "Eserciti nella Storia n°71 - Diario di un sergente in Grecia, pag.36-47" articolo di Orazio Ferrara

    Salvatore Crescenzo parte per il fronte greco nel marzo del 1941. In quel tempo è in forza alla Sezione Informazioni dell' 8° reparto specialisti artiglieria di Corpo d'Armata. Partecipa alla vittoriosa offensiva italiana e successivamente fa parte delle truppe d'occupazione. Dopo l'8 settembre 1943 è fatto prigioniero dai tedeschi. Evade dal campo di concentramento di Belgrado ma viene poi "trattenuto" dalle forze armate slave di Tito fino al novembre 1946 quando,liberato, rientra in Italia.

    22-3-41
    Ci imbarchiamo a Bari sul "Città di Savona". Si parte alle ore 23:30. Prima che si parta, i superiori danno l'ordine di indossare la cintura di salvataggio per un eventuale attacco da parte di sommergibili nemici. Addossati gli uni agli altri ci disponiamo a dormire. Tutta la notte si viaggia "tranquilli". Spuntata l'alba la maggior parte degli uomini va in coperta a godersi il levar del sole e i primi raggi della primavera. Alcuni son presi dal mal di mare e per paura che lo stesso male possa impadronirsi di me non vado su. Sono le 11:30 del giorno 23. Grande animazione a bordo dei marinai addetti alla cucina indossano la cintura di salvataggio e [parola non decifrata]. Io e pochi altri soldati guardiamo attoniti senza saperci dare alcuna spiegazione. Dopo veniamo a sapere che un sommergibile nemico ha silurato l'ultimo piroscafo del nostro convoglio ma è stato a sua volta affondato dal caccia che era di scorta [si tratta certamente del piroscafo Carnia, affondato dai siluri del sommergibile greco Triton,ma non risulta che il Triton sia stato colpito]. Arriviamo a Durazzo alle ore 16 e ci fanno sbarcare. Dopo un'ora e mezza [parola non decifrata] all'accampamento C.

    27-3-41
    Alle ore 16, essendo arrivate le macchine, partiamo da Durazzo.

    28-3-41
    Arriviamo a destinazione alle ore 4. Qui incontro alcuni amici del Rep. Comando. Ore 16 ci si sposta di nuovo. Fortunatamente il cammino da fare è poco

    29-3-41
    Sono le 6:49. Quella mattina sono costretto ad alzarmi presto. Il caffè è pronto e la truppa è inquadrata. Il sergente di giornata presenta la forza all'ufficiale e già i primi si accingono ad avviarsi alle marmitte quando un boato fa sobbalzare tutti. Cinque bombardieri nemici tentano di bombardare Ciakes [?] , ma l'efficacia della contraerea fa si che non colpiscano gli obiettivi. Ci assicuriamo proprio noi di ciò, nel recarci il giorno stesso ad Elbasan.

    30-3-41
    Sono ormai sette giorni che siamo in Albania. Non si fa che dormire dalla mattina alla sera. Questo modo di vita ci rende stanchi. Sono le 14:45. Sebbene abbia scritto il giorno precedente a casa, anche oggi non sapendo che fare, scrivo di nuovo. Sto per mettermi a scrivere di nuovo, quando la voce del capitano (l'unico ufficiale che mostra di aver un po' di coraggio)
    <<Che nessuno si muova, restate dove siete e sdraiatevi a terra>>
    Mi fa buttare dalla macchina. Primo istinto è quello di allontanarmi dalla macchina e scappare in campagna, poi mi sdraio in un fosso vicino alla macchina. Undici bombardieri nemici si avvicinano al nostro accampamento.Cambiano rotta. Il pericolo sembra sia cessato, quando [parola non decifrata] un apparecchio si dirige verso di noi. Il respiro manca, un pensiero a casa, l'anima a Dio e aspettiamo. L'apparecchio ci sorvola senza sganciare niente,passa e cessa il pericolo [rigo non decifrabile].
    in vista di una eventuale guerra alla Jugoslavia ci fanno sgomberare la valle. Distiamo appena un km dal confine slavo.

    3-4-41
    L'ufficiale comandante la Sezione Informazioni mi chiama e dice
    <<Domani la sezione entra in azione>>

    4-4-41
    La Sezione al completo si muove. La macchina procede con lentezza a causa della strada. Si arriva a Zenca dopo 4 ore. Faccio scaricare il materiale. L'ufficiale, che si era allontanato per procurare i muli, ritorna e dice che una granata è scoppiata a 10 metri da lui. L'augurio è buono. Poco dopo arrivano due focosi cavalli con una guida. Domando come si sta qui
    <<bene>> dice lui << però di tanto in tanto arriva qualche granata. L'altro giorno una granata è scoppiata vicino all'ospedaletto.>>
    Le bianche tende, sormontate ciascuna dalla bandiera italiana e dall'emblema rosso-crociato sorgono in una vasta spianata,visibili da vicino e da lontano.Ci mettiamo in marcia . Camminiamo quasi un'ora prima di raggiungere il luogo indicatoci dal comando di Divisione. Squadre di artieri, sparsi sul lungo cammino, operai in grigioverde, chi col piccone chi con la vanga, altri col martello a sradicare arbusti,a raddrizzare un'anfrattuosità, costruiscono una mulattiera. Si arriva al luogo fissatoci verso le due. Si provvede a mettere su delle tende. Dopo si fa conoscenza con alcuni colleghi del 26° reggimento artiglieria Corpo d'Armata. Un sergente maggiore mi fa gli onori di tenda.

    7-4-41
    ore 13:35 vado a far visita al suddetto sergente maggiore.Mentre si è nel più bello della discussione,un sibilo, l'asta che reggeva il telo da tenda si rompe, un boato. Si scappa nel ricovero e siamo costretti a starci 4 ore. Verso le 18 scendo e vado nella tenda mia e la trovo forata. Anche le tende degli uomini sono forate. Fortunatamente non si lamentano feriti. Si grida al miracolo. I greci continuano a martellare la nostra zona. [rigo non decifrabile]

    10-4-41
    L'ospedaletto da campo che stava giù a Zenca va via.. Ciò fa prevedere imminente la nostra controffensiva. E' primavera, inverdiscono gli alberi. Il triste grigiore di una montagna brulla e di campi desolati è passato: passato è l'inverno e le tracce del suo perfido imperio scompaiono volta a volta.

    11-4-41
    ore 4:30 Lo scoppio continuo di mortai d'assalto mi sveglia.Incomincia a nevicare. Sento il capitano comandante il 116° gruppo del 26° Art. imprecare:
    <<Dio che hai fatto, avevamo la vittoria nelle mani.>>
    La neve e la poca visibilità avevano interrotto la nostra azione. Era questione di ore.

    13-4-41
    Appena alzatici una notizia viene ad allettare il nostro spirito. i greci battono in ritirata. Piatto unico a mezzogiorno. Alle ore 17 con tre uomini vado su a Quota 1420 per ritirare materiale in dotazione a un osservatorio. Incontriamo lungo la mulattiera soldati del 3° art. e del 26° che ritirano le linee. L'allegria ci illumina il volto.La loro fatica,come quella di tutti i soldati d'Italia operanti su questo fronte, è stata coronata da uno strepitoso successo. E' notte. La poca visibilità rende il nostro cammino penoso. Temiamo di sbagliare strada, con l'aiuto di Dio arriviamo. Dopo mezzora di riposo si ritorna.Spunta la luna e il freddo ha cristallizzato il fango. Arriviamo al nostro accampamento alle 3:30. Una tazza di caffè e un bicchierino di prunella ci rimette.

    14-4-41
    Rientriamo all'accampamento dove incontriamo i nostri camerati che ci raccontano le loro avventure. Dobbiamo raggiungere Libaniku, alle ore 15 via. La colonna prosegue imponente,sicura. Sono 24 macchine tutte di nuovo tipo.Siamo in vista del lago d'Ocrida. Distiamo pochi km da Pogradec, quando un apparecchio nemico ci porta il suo saluto. Alcune raffiche di mitragliatrice partono dall'apparecchio, che si allontana precipitosamente alla vista di alcuni caccia nostri. Nessun danno al materiale nè agli uomini. La marcia continua. Entriamo a Pogradec , pochi giorni prima in mano ai greci.La notte la si passa qui. Arrangiatevi per dormire, dicono gli ufficiali. Io e l'amico Bianco dormiamo all'aperto.
    ---
    La colonna, composta da ben 24 camion FIAT,tutti di nuovo tipo, prosegue imponente al comando del Maggiore Gandolfi. Siamo ormai in vista del lago d'Ocrida sulle cui rive si trova la città di Pogradec fino a pochi giorni fa in mano ai greci che ora battono in ritirata per sfuggire all'accerchiamento delle truppe italiane e tedesche che hanno occupato Salonicco. A qualche km di distanza dalla città un aereo, non sappiamo se amico o nemico, si avvicina. In un primo momento si pensa, per il modo in cui vola, ad un aereo italiano che,sorvolando quello spazio di cielo e vedendo una colonna militare italiana inseguire i greci, fosse venuto per porgerle il suo saluto e rassicurarla che tutto andava per il meglio. Il pilota, ritenuto che fosse giunto il momento di colpire, si raddrizza e via alcune raffiche di mitragliatrice. La colonna si ferma per dare la possibilità ai soldati di mettersi al riparo. L'avvicinarsi di alcuni caccia italiani trovatisi lì per caso costringe il mancato eroe a virare di bordo e a cercare la salvezza nella fuga.Nessun danno a cose o persone. Entriamo nella città. Qui ci si ordina di scendere dai camion e arrangiarsi sia nel trovare cibo che nel dormire.

    15-4-41
    La colonna lascia Pogradec alle ore 14:30. Lasciamo i paesi di QePella, Savoiani, e arriviamo a Libaniku alle 19.
    ---
    Alle ore 14:30 la colonna lascia Pogradec. Nel giro di quattro-cinque ore raggiungiamo Libaniku. Sono le 19. Intanto i greci fanno sentire ancora la loro presenza. Assestatisi sui monti della zona cercano di contrastare l'avanzata italiana. Arrivava alle nostre orecchie l'eco delle cannonate in arrivo e in partenza. Forse per questo ci era stato ordinato di raggiungere Libaniku, dove forse c'era bisogno ancora dei nostri osservatori e della sezione Osservazione Rilevamento Vampa. I greci sono ormai in rotta. Si segue l'esercito che avanza senza incontrare resistenza alcuna.

    27-4-41
    Lasciamo Libaniku alle 8 e raggiungiamo Drenova dopo Coriza. Un magnifico villaggio,tutto costruito in pietra. Gli abitanti sono felici. <<Cattivo greco, rubare agnelli>> ci dicono. La Grecia è stata vinta. Stiamo qui in attesa degli eventi.
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    Lasciamo Libaniku alle ore 8 per raggiungere Drenova, uno degli ultimi villaggi in territorio albanese, villaggio che si distacca dagli altri per le sue costruzioni in pietra. Veniamo accolti con grande entusiasmo dagli abitanti che si lamentano per i soprusi costretti a subire da parte dei greci che a quanto dicono gli hanno portato via tutto. Intanto al triste inverno, alle sue giornate nebbiose, fredde e molto più spesso nevose si sostituisce la primavera. Inverdiscono gli alberi. Le giornate si allungano.La colonna ha preso a percorrere la strada Peloponneso, così dice Radio Fante.
    Attraversiamo molti villaggi. Non un volto umano è dato vederci, strade deserte e imposte chiuse. Gli abitanti erano convinti da una feroce propaganda anti-italiana che aveva preceduto l'arrivo delle nostre truppe, smentita poi dai fatti che dopo qualche tempo modifcarono il concetto della popolazione greca verso gli italiani, che erano ritenuti xilofaghi, mangiatori di cani, stupratori, ladri, assassini. Ci lasciamo alle spalle le città di Larissa e di Lamia ed entriamo nell'Attica per proseguire verso Corinto. Stanchi e malandati ci accampiamo in una pineta. Ben presto dopo aver mangiato qualche pezzetto di galletta ci si addormenta. Solo al mattino ci viene detto che ci troviamo sulla parte opposta della città di Istmia nel punto preciso dove l'istmo di Corinto si apre sul golfo non molto lontano dal Pireo. Si gira un pò di qua e di là, qualche casa di pescatore, qualche abitazione di donne di malaffare e poco più. In prossimità del mare su un alto marciapiede dove si infrangono le onde del mare si notano i resti di un aereo tedesco. Su una parte della carlinga fa bella mostra la famosa croce uncinata per niente intimorita e sana in tutta la sua forma sembra voler dire: l'aereo al quale appartenevo è stato abbattuto, ma restiamo sempre i più forti. Intanto la divisione Siena sta completando il suo trasferimento nell'isola di Creta. Mancano pochi giorni. Una mattina i nostri ufficiali ci avvertono che dobbiamo portarci a Corinto e prendere stanza nelle casermette una volta dei soldati greci. Si sale sui camion e dopo una mezzora di viaggio raggiungiamo le casermette poste in un punto strategico della città da dove si domina il golfo di Corinto e verso cui sono rivolti i 105/28. Sembrano voler impaurire i greci e dare loro l'impressione di essere i veri padroni della situazione. Ci viene assegnato un capannone dove mettere al riparo i camion e a noi un'intera palazzina.


    Il 23-9-43, dopo l'Armistizio, il sergente Salvatore Crescenzo viene fatto prigioniero dai tedeschi e portato nel campo di concentramento di Salonicco. A gennaio del 1944 viene trasferito a Belgrado ed assegnato all'Organizzazione Todt. Ad ottobre 1944 riuscì ad evadere dal campo di concentramento,dandosi alla macchia. Venne però preso dai titini nel marzo del 1945 e rimase prigioniero fino al suo rimpatrio, nel novembre 1946.
     

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