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Operazione Diamante

Discussione in 'Wargames - Generale' iniziata da Luigi Varriale, 24 Marzo 2019.

  1. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Si. Sarebbero regole per miniature tridimensionali, ma vanno benissimo lo stesso anche se usate come boardgame. Il punto è che non ho trovato nulla al di fuori di queste che simulino in maniera esauriente sia campagne convenzionali che asimmetriche
     
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  2. Amadeus

    Amadeus

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    Ho dato un'occhiata… mi sembra che i fattori che contano più di tutti sono la qualità delle truppe e il loro numero. Il dettaglio della "ferraglia" utilizzata è poco influente. Interessante l'aspetto di movimento e contromovimento a gruppi, se l'ho inteso bene.
     
  3. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    La ferraglia è influente, ma invece che essere determinata per singolo modello è determinata per classi.
    Del resto nella realtà il vantaggio non è dato da un singolo sistema d'arma ma da un complesso integrato di fattori tecnici, su cui comunque primeggia sempre il fattore umano ed organizzativo.
    c'é un video su youtube sulla battaglia di Falluja simulata con questo sistema, dove i giocatori sono tutti ex militari americani, alcuni dei quali l'hanno combattuta davvero. Sono tutti rimasti milto impressionati dal realismo del sistema.
     
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  4. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Operazione incontro turno 11 battaglia per l'ospedale

    In realtà la squadra del Capo Daroni non ebbe bisogno di essere allertata da chicchessia. Al rumore degli spari lontani provenienti dall'estremità est della base logistica italiana si mosse di iniziativa; corse fuori dalla sua posizione fortificata armato di tutto punto e con una bozza di piano d'azione già in mente. Si mise innanzitutto in comunicazione con il suo mezzo corazzato che stazionava nel varco nord dello spiazzo presidiato dalla sua squadra, rivolgendosi al suo vice Richardson, mentre il resto dei suoi lo raggiungeva correndo fuori dalle rispettive posizioni.

    "Augusto, muovi il cingolato verso il parco logistico; è sotto attacco. Fai il giro largo da nord, entra nel compound dei pescatori ed ingaggiami qualunque armato ostile che incontri. Non so ancora dove si trovino gli attaccanti ma qualcuno sta attaccando l'ospedale. Agisci di iniziativa. Conferma passo"

    La risposta del sottocapo arrivò contemporaneamente al suono del motore del cingolato che si mettteva in moto. Richardson, alzò la rampa posteriore del mezzo e si preparò a mettersi subito in movimento.

    Poi Daroni si rivolse ai suoi appiedati che gli si erano nel frattempo radunati intorno:

    "Muoviamo verso l'ospedale: seguitemi".

    Daroni decise di uscire dal muro di cinta a sud dello spiazzo. Sospettava che l'attacco nemico arrivasse dall'esterno del compound e che se voleva avere una possibilità di ingaggiare il nemico in fretta doveva muoversi tentando un aggiramento per la destra della presunta posizione degli ostili [Cristo! che giornata del cazzo]. Sopraggiungere dall'interno del parco logistico avrebbe solmamente aumentato la confusione e vanificato ogni possibile effetto sorpresa. Fu così che sotto la sua guida, la componente appiedata della 1a squadra iniziò il movimento verso est. Uno dopo l'altro gli uomini scavalcarono il muro di cinta dell'area logistica a sud e poi girarono a sinistra per dirigersi verso il rimore degli scontri.

    Rumore degli scontri che per altro non accennava a diminuire. Decisamente, la sezione sanità era sotto attacco ed il frastuono dei Beretta in azione cresceva di intensità. In quello stesso momento, Vergottini e compagnia se la stavano vedendo brutta. Staffa, ferito ad una gamba, era riuscito a trascinarsi fino a recuperare il suo ARX e si era messo anche lui a sparare, il che giustificava l'aumento di intensità dei Beretta percepito da Daroni. Perdeva sangue copiosamente dall'arto inferiore sinistro, forato da una palla di AK.

    "Sono al di là del muro!!" gridava Vergottini ai suoi, che si erano messi alla bell'e meglio al coperto, negli spazi tra gli attendamenti. "Nel primo edificio!...sparate nel primo edificio!"

    I tre della sezione sanitaria cercarono di concentrare più fuoco possibile nello stabile che dominava lo spiazzo dall'angolo destro. I miliziani dell'ISIS decisero di non rispondere al fuoco perché si preparavano ad assaltare l'ospedale con l'evidente l'obiettivo di ammazzare tutti gli Italiani o meglio ancor di prenderne qualcuno prigioniero. Si profilava un combattimento molto, molto ravvicinato, cosa per altro non rara in un ambiente urbano.

    Dalla caserma della guardia costiera libica, a sud della posizione dei miliziani del Daiish, il Tenente Jaatari osservava la scena con un cannocchiale. C'era indubitabilmente qualcuno nel deposito del pesce, poteva vedere figure indistinte muoversi all'interno dell'edificio. E si combatteva. Evidentemente qualcuno aveva deciso di fare la pelle agli Italiani. I combattimenti erano ripresi. Decise di non intervenire. Gli Italiani del resto erano venuti là a rompere i coglioni, e lui non avrebbe messo a rischio le sue forze in compiti che gli infedeli dovevano essere in grado di affrontare da soli.

    Uno degli scagnozzi di Miyaz indicò al suo capo che soldati italiani avanzavano nello spazio tra i due muri di cinta, quello del piazzale Tobruk e quello del compound portuale; molti soldati nemici in arrivo. In quel momento La squadra dell'ISIL si stava assembrando per organizzaare l'assalto definitivo all'ospedale. I tiratori si stavano quindi ritirando dalle postazioni alle finestre per disporsi in ordine di attacco.

    La notizia diede qualche frazione di secondo di pensieri al capo della cellula nera. I bastardi italiani si erano mossi in fretta; troppo in fretta. Per altro nemmeno sapeva che la sezione meccanizzata stava muovendo su di lui dal lato opposto del compound. Se lui avesse fisicamente attaccato il parco italiano, quelli alla sua sinistra lo avrebbero preso tra due fuochi, e molto probabilmente accerchiato. Avrebbe venduto cara la pelle sua e dei suoi uomini e probabilmente portato con sé molti dei miscredenti. Era un pensiero allettante; un sacco di vergini sarebbero state pronte per lui nell'aldilà. Ma ciò avrebbe comportato la fine dell'ancora esigua presenza del califfato in città. Un'eventualità prematura che poteva e doveva essere rimandata. Il martirio avrebbe dovuto attendere.

    Miyaz strillò quindi ai suoi:

    "Ridisponetevi per un ultima scarica sui bastardi che ci stanno di fronte e poi ripieghiamo a sud verso la caserma portuale.

    La squadra del caporione dell'ISIL così fece; abortito l'attacco corpo a corpo e rimessi gli AK alle finestre, tempestò per un'ultima volta la zona dove si presumeva che si nascondessero gli Italiani; tra l'altro Miyaz era sicuro di averne già ammazzati un paio nel turno precedente.

    Vergottini cominciava a essere a corto di argomenti. Nonostante il suo fuoco contro l'edificio bianco e azzurro che dominava la scena, il nemico riprese a sparare ancora più furiosamente di prima. I colpi in arrivo fischiavano da tutte le parti e lui certo non avrebbe potto resistere ancora a lungo. Non riusciva a capire per quale miracolo non fosse ancora stato colpito. Si toccò la fondina alla gamba destra per controllare che la 92 fosse ancora lì. Aveva l'impressione che gli sarebbe servita presto, ed intanto pregò che i ringorzi arrivassero subito. Poi, incredibilmente, così come era cominciato, il frastuono finì e ci fu il silenzio; più nessuna fiammata dall'edificio bianco azzurro e più nessun rumore di spari. Azzardò a muovere verso staffa sulla sinistra; lo trovò in stato di shock nello spazio tra le due tende, che ancora impugnava il fucile.

    Nel frattempo si stava muovendo anche Verdotto, non perché fosse stato allertato da alcuno; Vaini infatti stava essendo molto lento a mettere insieme un quadro preciso di quello che stava succedendo e quindi non aveva ancora diramato nessun ordine, ma perché anche lui, come Daroni si mosse di iniziativa, avendo per altro appena terminato il suo pattugliamento della Via Tripoli. Invece che riportarsi alla base andando verso a nord verso l'incrocio strategico, comandò ai suoi di mettersi a correre il più velocemnte possibile verso il rumore del cannone. Insomma la battaglia era in mano ai sottuficiali.

    Una piccola sezione della milizia di difesa cittadina, che se ne stava acquattata nel boschetto a sud dei due muri di cinta citati sopra, aveva un'eccellente visuale sulle vie d'accesso al compound dei pescatori che gli Italiani stavano usando per assembrare le forze. Prima notò la squadra di Daroni muovere tatticamente verso il Compund, dove evidentemente qualche casino stava capitando e poi, bersaglio ancor più facile, una seconda torma di Italiani avanzava correndo dalla strada perpendicolare e sfilava proprio davanti alla sua posizione.

    Uno dei miliziani cominciò ad andare in punteria col suo RPG-7. Un bersaglio troppo facile e troppo bello, gli infedeli troppo impegntati a correre e senza ricognizione avanzata e senza sospettare di essere osservati. Fu fermato da un collega che gli si avvicinò e gli intimò di trattenersi.

    "Fermo Moloud. Non vogliamo problemi con gli Italiani, per lo meno non ancora"

    Con estrema riluttanza, Moloud abbassò il lanciarazzi e si limitò ad osservare la moltitudine di Italiani che si riversava verso est, pensando che chissà quando un'occasione del genere si sarebbe ripresentata.
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  5. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Operazione incontro turno 12; Search and Destroy

    Il primo a dare l'allarme circa il ripiegamento della squadra dell'ISIL fu proprio il comandante della 3a squadra Brittacolo, che nel correre verso il compound dei pescatori aveva la visuale migliore sulla zona di battaglia.

    "Armati in ritirata da nord a sud" gridò Brittacolo in maniera che tutti ma proprio tutti potessero sentirlo. Verdotto si trovava nel secondo scaglione della squadra da combattimento e udì chiaramente la segnalazione della sezione avanzata.

    Da nord lungo i muri perimetrali del parco logistico sopraggiungeva invece la squadra del Capo Daroni, che muoveva più lentamente e più tatticamente. Quando arrivò al muro perimetrale esterno ed i suoi ricognitori sporsero la testa oltre il parapetto, anche loro individuarono il nemico in ripiegamento che cercava di infilarsi nel bosco prospicente alla caserma della guardia costiera.

    Il Sottocapo Richardson stava nel frattempo bestemmiando inquantoché giunto all'accesso nord del compound, e scrutando bene dall'interno della cupola di osservazione del suo corazzato, scorse solo silenzio e sabbia. Dove diavolo si trovava il nemico segnalato da Daroni?. E' vero che Richardson se ne stava rintanato all'interno del veicolo per evitare rischi e quindi aveva una visione limitata della scena circostante, ma era pure vero che se non c'era nessuno, non c'era nessuno. Mentre meditava di avvertire il suo capo squadra via radio, fu proprio Daroni ad anticiparlo per comunicargli che il nemico si era oramai ritirato dal limite ovest del compound; poscia gli ordinò di mouversi intorno al compound stesso in direzione del varco nel muro che separava le due sezioni di spiaggia. Senza porre tempo in mezzo Richardson ordinò al pilota di muovere a tutto gas verso la posizione indicata, cosa che il cingolato fece sollevando un enorme nugolo di polvere e detriti.

    L'avanguardia di Daroni, composta da due uomini in posizione avanzata giunse ad una tettoia che copriva parte del muro di cinta all'altezza del compound ed individuò immediatamente la coda della squadra di guerriglieri dell'ISIL che ripiegava in direzione sud. Parte dell'elemento nemico era già dentro al boschetto che costeggiava la caserma della guardia costiera. I regolari libici che la occupavano non stafano facendo assolutamente nulla e di loro non si vedeva traccia. Il fuciliere Steriotti fu il primo a puntare il suo ARX con lanciagranate contro quello che per forza doveva essere il nemico che aveva attaccato l'ospedale. A gesti informò il resto della squadra, incluso in primo luogo Daroni, della situazione. In meno di cinque secondi, e mostrando un notevole addestramento, tutta la squadra era pronta a fare fuoco sul nemico in ritirata.

    Qui il dottor Salah Miyaz commise il suo primo errore della giornata; e fu fatale: invece di continuare celermente il movimento di ritirata, istintivamente si abbassò, ruotando di 180 gradi a fronteggiare la minaccia nemica che aveva individuato. Non si rese conto che sopraggiungeva di corsa anche la squadra di Verdotto alla sua sinistra. In più contava sulla presenza di un'altra sezione dell'ISIL che era appena apparsa all'Hot Spot 2 nel boschetto 60 metri ad ovest della sua posizione. I suoi uomini lo imitarono e si apprestarono a rispondere al fuoco della squadra di Daroni con il fuoco. Solamente che la squadra di Verdotto, che come abbiamo detto sopraggiungeva dalla sinistra sparò per prima dando inizio alle danze, prima che i guerriglieri potessero fare nulla. Non solo questi furono sorpresi dall'azione di Verdotto, ma lo fu pure la stessa squadra di Daroni che non si aspettava il rinforzo. Dalla sinistra Verdotto mise in azione tutte le bocche da fuoco del reparto, incluso il Panzerfaust di Brittacolo. E fu un macello. Tre uomini dell'ISIL caddero a terra contemporaneamente, mentre il fuoco italiano si abbatteva come una folgore sulla zona occupata dai guerriglieri. Questi, va detto, resisterono mirabilmente all'attacco degli Italiani e cercarono di reagire al movimento dei soldati di Daroni. Il fuoco dei miliziani si abbattè sulle posizioni oltre il muro di cinta tenuto dalla squadra di Daroni, ma con scarsi effetti. La risposta di qyes'ultimo invece fu altrettanto micidiale di quella di Vardotto; altri due guerriglieri furono colpiti.

    Era troppo per i rappresentanti del Califfato: anche con morale 10, fallirono il controllo dello stesso e si diedero alla fuga disordinata verso sud. Gli Italiani si apprestarono a sfruttare il successo incalzando il nemico. Alla squadra di guerriglieri non rimase che sperare che la sezione amica di nuovo arrivo, composta da due uomini, armati uno di AK e l'altro di mitragliatrice leggera, riuscissero a rallentare almeno la squadra di Verdotto.

    Sotto il fuoco degli Italiani, ler truppe dell'ISIL, seppur motivate devono cedere.
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  6. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Nota bibliografica

    Vi segnalo il libro che ha ispirato sia la campagna che il racconto della stessa in tempo reale su questo thread:
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    dove si raccontano le battaglie, non solo quelle per i ponti, ma anche tutte quelle sostenute dalla Task Force 11 Italiana dell'allora colonnello Luigi Scollo.
    Unità al livello brigata (quasi; equivalente di circa due battaglioni) sottoposta al comando della divisione britannica di Bassora, sosteneva vari e duri combattimenti come l'Esercito Italiano non aveva mai visto dalla seconda guerra mondiale.
    In questo libro tutti gli scontri, fino al livello di plotone, sono riportati con puntiglioso dettaglio in uno stile che ha ispirato il presente thread sulle operazioni in Libia.
    Si evidenzia molto bene in questo libro come le condizioni dell'Esercito Italiano non siano cambiate un gran che dalla seconda guerra mondiale. Mandato in combattimento sostanzialmente mal equipaggiato per i compiti assegnati, e con carenze di addestramento alle quali il corpo ufficiali, dovette supplire sul campo con un'infinita serie di espedienti all'italiana, che funzionarono solo in virtù del fatto che ci battevamo contro una massa di miliziani equipaggiati peggio di noi. Il valore dei nostri uomini, quello si non inferiore agli uomini di nessun altro esercito, come ebbe a dire il celebre Presidente Pertini molti anni prima durante le missioni in Libano, permise di mettere una pezza a molte situazioni critiche.
    Buona lettura a chi fosse interessato a questo piccolo capolavoro di storia militare italiana.
     
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  7. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Operazione incontro: epilogo

    Non si riuscì più a stabilire ancora il contatto con i miliziani in fuga, e si presunse che avessero subito una sonora lezione. I militari del contingente, durante la perlustrazione del bosco ad ovest della caserma della guardia costiera libica, trovarono quattro cadaveri di caduti nemici. L'ultimo elemento ad aver preso contatto col nemico in ripiegamento fu il cingolato di Richardson, che però non giunse in tempo per ingaggiare con la sua mitragliera da 12.7 ma potè solo osservare i miliziani dileguarsi nel dedalo di stradine a sud del complesso portuale.

    Il livello di vittoria nello scenario era decisivo per gli Italiani e vendicava la sconfitta marginale del primo scenario: 21 a 1 con gli insorgenti che guadagnavano un punto dal ferimento del Marinaio Comune di sanità Paolo Staffa, mentre gli Italiani avevano 15+5+1 per il successo nel portare a termine il percorso assegnato, la dispersione pacifica di un gruppo di civili con contatto positivo e l'uccisione di un leader nemico. Infatti anche se gli Italiani potevano saperlo, uno dei quattro cadaveri trovati nel voschetto era quello del Dottpr Miyaz.

    Poteva andare molto peggio, considerato l'erroneo posizionamento dell'ospedale militare. Credo che solamente la velocità con cui le squadre di intervento italiane si erano mosse abbia impedito un disastro in questa missione. Onore al merito a Daroni quindi ed all'onnipresente Verdotto che funge da vicecomandante di plotone, da comandante di plotone e da forza ispiratrice per tutto il contingente a terra. Questo è stato il primo vero combattimento sostenuto dalle forze italiane in Libia, considerando che quello della forza G primo non è mai avvenuto e secondo è stato più un'azione di supporto alle forze governative che un vero scontro militare.

    Terminata la missione, le squadre di fanteria meccanizzata italiane tornavano alle rispettive basi, mentre Verdotto e la Sangani tornavano al comando del contingente nel carcere. Quivi facevano rapporto al Sottotenente di Vascello Vaini, il quale ascoltò camminando avanti e indietro per la stanza del suo ufficio. Verdotto non mancò di far notare che la posizione del parco logistico era mal studiata e a rischio di essere sopraffatta in caso di attacco nemico. O si cambiava la posizione del parco, o si muoveva una sezione di fanteria in una posizione tale da poterne difendere il lato est, o magari tutte e due le cose.

    Il sottotenente osservò con studiata noncuranza il suo subordinato cercando di valutare per bene con quale stile gli stava dicendo che lui non sapeva fare il suo lavoro. Decise, tanto per cambiare di non affrontare la questione.

    "La sezione della guardia costiera libica non è intervenuta quando il nemico si è infiltrato lungo la caserma?" Chiese Vaini.

    "Signornò. I Libici se ne sono rimasti rintanatinei loro uffici"

    "La cosa non mi stupisce" rispose il comandante, riprendendo a camminare per la stanza. "Culi neri e codardi"

    [Ha parlato Riccardo Cuor di Leone], Verdotto continuò a fissare impassibile il suo superiore.

    "In ogni caso gli uomini in che stato sono?"

    "Il morale è alle stelle signore per il buon completamento della missione a per essere riusciti a smontare l'attacco al nostro ospedale militare. Il ferito della sezione di sanità è stato ricoverato con una ferita non grave alla gamba sinistra. Pareva più seria all'inizio, ma pare che il marinaio se la caverà con qualche giorno di degenza. Il proiettile gli ha apero un grazioso foro ma è anche uscito da solo e non ha leso niente di vitale"

    "Bene, molto bene" si rincuorò Vaini. "Circa i suoi suggerimenti di cambiamento di disposizione del dispositivo, ha qualche idea precisa in mente?"

    Verdotto si diresse verso la mappa ropografica della zona di operazioi e la scrutò a lungo.

    "Il luogo ideale per piazzare uno dei tre cingolati con relativo equipaggio sarebbe qui nella piazza del mercato del compound del pesce. Sarebbe un'ottima stazione di preallarme per qualunque attacco alla zona logistica" affermò Verdotto.

    "Non se ne parla; l'autorità cittadina ci ha negato l'accesso al compound. Serve per i traffici comemrciali della popolazione"

    "Allora non ci resta che spostare gli attendamenti logistici al muro di cinta nord dello spiazzo e di presidiare l'angolo sud est dello stesso con una sezine appiedata tratta dalla squadra di Daroni, erigendo una posizione campale speditiva per loro"

    "Va bene, dia inizio ai lavori quando ritiene. Della situazione generale in città cosa ha scoperto"

    "Ci sono almeno 2 fazioni diverse nel panorama politico di Misrata oltre alle forze governative, che però come abbiamo visto non hanno intenzione di fare nulla nella pratica per aiutarci":

    "C'è una fazione a noi ostile che è quella con cui abbiamo avuto gli scontri a fuoco nel primo scenario e che hanno tentato fare la pelle anche in quest'ultimo a me ed alla Sangani. Poi c'è una seconda fazione armata che secondo me è neutrale. Sono i miliziani che ho tentato di avvicinare durante il pattugliamento e che non mi è riuscito di fare a causa dll'attacco subito dalla fazinoe facinorosa. Credo che queste forze ostili siano le stesse che dopo essersi dileguate, si sono riorganizzate ed hanno attaccato l'ospedale. Da ultimo ci sono i civili; questi sono in condizionimolto precarie, per lo meno quelli che abbiamo visitato durante l'ultima operazione. Secondo me la popolazione è in balia di tutte le fazioni armate che albergano in città, e come al solito sono i più esposti alla violenza ed ai soprusi".

    Come vediamo, Verdotto aveva mancato una 4a fazione quella dell'ISIL, credendo che le forze che avevano attaccato lui e la Sangani fossero le stesse che avevano attaccato la sezione di sanità. Ma al momento Verdotto non aveva elementi per discenere.

    "Benissimo" rispose Vaini. "Informerò immediatamente il comando di gruppo della situaizone che lei mi ha prospettato e mi farò consegnare gli ordini per pre il proseguo delle attività. Per il momento lei ha fatto molto bene Capo. Continui pure come ha fatto finora...c'è altro?" Il Sottotenente di Vascello mostrava segni di impazienza e noia.

    Il capo scelto avrebbe voluto suggerire a Vaini che se magari si fosse fatto vedere un po di più tra i suoi marinai, il morale ne avrebbe beneficiato. Poi si corresse mentalmente e pensò che una testa di cazzo come Vaini era meglio che non si facesse vedere affatto, che magari il morale lo avrebbe abbassato invece che aiutato. Per gli uomini Vaini era un'entità astratta ed intangibile e loro erano oramai abituati a farsi comandare da Verdotto, che era il comandante di fatto del plotone. Vaini aveva una caratteristica non comune tra gli ufficiali incapaci: non si immischiava nell'azione di comando del suo vice, non lo umiliava di fronte ai suoi uomini per gelosia e si limitava a fungere da collegamento tra il comando di gruppo ed il plotone dei fucilieri. Una bella posizione comoda comoda da burocrate d'ufficio.

    Proposte di cambiamento di posizioni di Verdotto
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  8. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Il Capitano Diego Mercullini ed il Vice Questore Aggiunto Michele Roventa stavano prendendosi un té in un chiosco all'aperto sulla Via Balbia come piacava chiamarla a loro con il suo vecchio nome. La loro scassatissima camionetta Toyota era parcheggiata dall'altra parte della strada, in uno spiazzo insieme ad un'altra serie di carrette. La loro genetica terrona e gli anni passati in Libia a lavorare, se non li facevano passare proprio per Libici, non li facevano notare nemmeno immediatamente come europei, specialmente barbuti e trasandati com'erano.

    Si trovavano a circa 15 chilometri ad est di Misrata ed avevano in programma di giungere alla base della Marina Militare Italiana in città per trasferirsi poi su Nave S.Giorgio per un briefing con il Commodoro Utili. Erano già in ritardo di due giorni e forse il loro ritaro sarebbe aumentato.

    Entrambi facevano parte dell'AISE, L'agenzia Informazioni Sicurezza Esterna della repubblica italiana. Per la precisione erano i due agenti della stazione di Tripoli e non potevano credere al colpo di culo che gli era capitato. Era così incredibile che dovettero mettere in conto la possibilità che si trattasse di una trappola e che in qualche modo le persone che stavano parlando un paio di tavolini alla loro sinistra sapessero chi fossero loro e li volessero fottere.

    Un paio di tizi dall'apparenza nordica, tipo Svedesi o Norvegesi, stavano parlando con un Libico tutto agghindato a proposito del prossimo imbarco di emigranti clandestini su una serie di gommoni preparati dall'organizzazione di Abu Massal, che a Misrata aveva pur sempre il monopolio del traffico di gente.

    I due agenti italiani fecero del loro meglio per passare inosservati; del resto i tre personaggi che stavano origliando senza farsi notare, non prestavano alcuna attenzione alla sicurezza. Quali erano le chances che qualche addetto ad un servizio di informazioni li stesse ascoltando.

    I tizi parlavano in Arabo; il locale in un dialetto del Fezzan, mentre i due nordici si arrabbattavano con un Arabo molto maccheronico. Nel giro di venti minuti, i nostri vennero a conoscenza del fatto che Abu Massal aveva la sua residenza presso il palazzo di Kufa a Misrata.

    Per vostra informazione tale palazzo si trova ad appena un paio di centinaia di metri ad est del comando di Vaini dall'altra parte dell'incrocio strategico, versante nord ovest. E' l'edificio dominante del quartiere residenzaile della città, relativamente intonso dagli effetti della guerra, quanto a dire che i ricchi dalla guerra e dalle disgrazie sono sempre protetti e cadono sempre in piedi.
    I due stranieri stavano comunicando dove si sarebbe trovata una delle loro navi di soccorso; in una zona 50 miglia ad est della task force navale italiana che incrociava davanti alle coste di Misrata, ed una quindicina di miglia al largo. Da quando infatti le navi da guerra italiane erano entrate nelle acque territoriali della Libia, la pianificazione dei "Viaggi" si era complicata.

    Occorreva infatti predisporre le zone di imbarco lontano dalla città il che faceva lievitare i costi e rischiava di mettere Massal in una posizione di svantaggio con i concorrenti di Tripoli e Bengasi.

    Il Tizio libico precisò ai due stranieri che gli Italiani per il momento erano lì e c'era poco da fare per sloggiarli. Per quanto ne sapeva lui, gli attacchi che erano stati compiuti sino ad allora non avevano portato a nessun risultato concreto, ed i bastardi erano sempre lì a presidiare il porto dei Misrata ed a rendere la vita difficile a Massal.

    I due Europei replicarono che Abu Massal avrebbe fatto bene a trovare il modo di mettere in mare i gommoni lo stesso, oppure loro avrebbero appunto dovuto rivolgeresi ad altri per assicurarsi un carico costante di gente. Venivano pagati a viaggio loro, e se di viaggi non se ne facevano, non avevano nemmeno i soldi per fare la manutenzione alle navi. I loro finanziatori li facevano lavorare a provvigione, scherzò il più biondo dei due tizi bruciacchiati come aragoste dal sole africano.

    Con aria perfettamente noncurante, il Capitano Mercullini si alzò par andare a pagare il conto. C'era la possibilità che i nostri due avessero dovuto alzarsi in fretta per cominciare un pedinamento del Libico una volta che il colloquio fosse finito, ed andare via di fretta senza pagare, in Libia, specialmente nella libia di oggi, non è una semplice questione di diritto privato.
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  9. metalupo

    metalupo

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    Ho come l'impressione che il prossimo scenario prevederà una visitina al palazzo di Kufa.
     
  10. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Tu ti fideresti delle confidenze di tre buzzurri al bar, per lanciare un'operazione di estrazione ostile?
    Non siamo mica gli Americani noi.
    Occorre prima investigare, ed investigare bene.
     
  11. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Nave S.Giorgio, acque territoriali libiche

    Il Vice Questore Roventa fece il saluto militare al Contrammiraglio Utili sulla parte del ponte all'aperto dell'isola del S.Giorgio. Lui era uno di quelli che avrebbe voluto rimilitarizzare tutti i servizi di sicurezza dello stato, e magari con il presente ministro dell'interno in carica, la cosa non era un sogno irrealizzabile.

    Mentre le turbine dell'EH-101 andavano affievolendo il loro urlo, fu il commodoro stesso ad accompagnare Roventa nelle stanze riservate allo staff del comando di gruppo poste nelle viscere della nave anfibia.

    Comodamente seduti sui divanetti intorno alla sala confrenze, ai tre personaggi che partecipavano alla riunione di staff, venne servita dagli aiutanti di una suntuosa merenda pomeridiana a base di croissant té, latte e pasticcini appena arrivati dalla Sicilia con speciale HH-3 di rifornimento. Alla riunione oltre che i due diretti interessati era presente anche il Capitano di Fregata Marcello Bruni, capo di stato maggiore di Utili. Nessun ufficiale dei comandi inferiori era stato invitato.

    "Ammiraglio, tanto per cominciare le comunico che sono lieto di essere stato spostato su Misrata ad appoggiare il suo gruppo navale". A Tripoli, a parte il nervosismo per le temute offensive del Maresciallo Harrar, si muore abbastanza di noia" esordì il Vice Questore Aggiunto Roventa.

    "Forse dovremmo cominciare proprio da qui Questore" rispose il contrammiraglio. Quali sono gli umori politici a Tripoli"

    "A Tripoli ammiraglio, l'unica politica è quella della sopravvivenza. Il Governo di Al Maanay non controlla veramente la capitale, e nemmeno i territori che la circondano e che non sono ancora controllati dalle milizie di Harrar"

    "Eppure ha bloccato un'offensiva proprio su Misrata il mese scorso"

    "Si è vero, ma la pianificazione è stata completamente appanaggio della congrega di milizie islamiste che formano le forze di difesa di Tripoli e Misrata. In alcuni ambienti della capitale si vocifera che il governo stia in piedi solo come paravento legale per queste milizie, che per altro avrebbero legami con L'ISIL nel Fezzan Settentrionale"

    "Quindi?"

    "Quindi siamo stretti tra la resistena islamico integralista di Tripoli e la spinta autoritaria del governo di Tobruk; non saprei dirle qual sia la scelta meno peggio per noi"

    "E gli altri cosa hanno scelto?" Domandò Utili riferendosi alla comunità internazionale.

    "La preferenza tende ad essere su Harrar. In pratica si ammette che non c'è fututro democratico per la Libia e che la sostituzione di Gheddafi con un altro dittatorre più malleabile, che non faccia colpi di testa tipo Unione Africana o moneta unica africana in oro, sarebbe perfettamente accettabile per la comunità internazionale"

    "E noi perché appoggiano ancora il Governo di Tripoli"

    "Bah...penso che il motivo sia che all'inizio dava buone speranze di coagulare un certo numero di forze democratiche tra gli intellettuali del paese, ed anche l'ONU lo credeva. Ma secondo me questa speranza è andata perduta; ovviamente posso sbagliarmi"

    "La missione che è stata ordinata a me è quella di fermare gli sbarchi e stabilizzare la situazione umanitaria per quanto possibile. Mi sono accorto che qua a Misrata c'è molta meno autorità di governo di quanto mi aspettassi"

    "Dica pure nessun governo e nessuna autorità ammiraglio. Qua in Libia siamo in pieno regime feudale, con una lotta per la palma di re assoluto. Lo stesso governo di Abdullah Albani non durerebbe un'ora senza l'appoggio del Maresciallo Harrar, che almeno ha la fedeltà assoluta delle sue milizie. Il governo di Tripoli invece è ostaggio delle sue, che non vanno nemmeno troppo daccordo tra di loro"

    "Cristo!"

    "Già"

    "Questo spiega tutte le difficoltà che le mie forze a terra hano incontrato fino adesso"

    "Cioé?"

    "Attacchi sporadici, alcuni attacchi più decisi, di cui non abbiamo ancora capito la matrice specifica"

    "Avete fatto comunuque progressi?"

    "Assolutamente si, almeno per il momento. Il livello di insorgenza si è ridotto a 3, anche se non sappiamo esattamente chi sia l'insorgenza in città. Soprattutto per il momento si è rivolta solo contro di noi e non contro le autorità locali; la polizia e la guardia costiera"

    "Interessante"

    "In che senso?"

    "Ho ragione di sospettare che aliquote armate del califfato abbiano infiltrato la parte settentrionale della costa, non esclusa Misrata. Naturamlmente su questo la mia sezione dovrà compiere investigazioni più accurate, ma se così è mi stupisco che non abbiano ancora attaccato le espressioni dell'autorità locale"

    "Non so se i tempi sono ancora maturi qua per un'affermazione del Califfato" osservò dubbioso il Contrammiraglio Utili

    "Ah!" rispose Roventa con aria di chi la sapeva lunga "non ha idea di quanto subdole e convincenti quelle serpi possono essere ammiraglio. La loro mera presenza geografica su un territorio lo rende aperto a qualunque soluzione. Lo abbiamo già visto succedere in troppi posti"

    "Per quanto riguarda le operazioni di supporto alla mia missione?" Utili ritornò più con i piedi per terra.

    "Le confermo gli ordini con i quali Roma mi ha mandato qui: pieno supporto informativo alla sua missione. Il mio compito è di creare una rete di informatori qui in città che facciano da occhi e orecchie per il suo contingente, per aiutarla a raggiungere entrambi i suoi obiettivi. Sulla questione delle organizzazionie che gestiscono i traffici di persone dell'Africa all'Europa potremmo già avere una pista sulla quale sta lavorando il mio assistente in questo momento"

    "Ah...e di cosa si tratta?"

    "Non ne sono ancora sicuro" preferì rispondere il Vice Questore Aggiunto invece di dire a Utili che era meglio che della natura delle sue operazioni meno ne sapeva e meglio era per tutti. "Ma ci stiamo lavorando. Non appena avremo qualche riscontro, lei sarà il primo a saperlo"

    "Va bene; allora c'è qualcos'altro che posso fare per lei?"

    "Si; non appena è previsto che il suo elicottero torni in città, caricarmici sopra"

    "Certamente questore; lo stanno rifornendo e riempiendo di provviste per il contingente. Sarà pronnto a muovere in meno di due ore".

    "Un'altra cosa Ammiraglio"

    "Dica"

    "Userei volentieri una doccia ed un cambio fresco di abiti civili. Il mio bagaglio l'ho lasciato presso la sua base logistica a Misrata".

    Il Contrammiraglio Utili diede senz'altro le disposizioni.
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  12. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Da qualche parte a sud di Misrata.

    Nessuno se lo aspetta, ma l'esercito di Harrar, riorganizzato e rinforzato si prepara all'offensiva finale contro la città.

    Le milizie del Governo di Accordo Nazionale sebbene riorganizzato, non è stato rinforzato. Ragion per cui, alla difesa dovranno partecipare tutte le milizie assortite presenti in città, inclusi i trafficanti di esseri umani e i ladri d'appartamento. Se le cose vanno proprio male, arriverà anche la guardia costiera (senza le barche:) e la polizia. Tanto tutti i malviventi sono al fronte.

    Si accettano scommesse sull'esito finale. Di seguito, forze ed area di operazione.
    vv.jpg
    Forze Aeree.
    LNA: 1 Mirage F1, 1 Sukhoi-22
    GNA: 1 J-21 Jastreb

    Area d'operazione Da sinistra a destra - Sud Nord
    board.jpg
     
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  13. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Battaglia di Kadir Turno 1

    Le forze del Maresciallo Harrar in questa battaglia avavano la sorpresa strategica e si trovarono di fronte un GNA in fase di riorganizzazione dopo la battaglia di Mawergha. Il GNA in quanto tale poteva schierare solamente una squadra di fanteria motorizzata rinforzata, là dove l'esercito di Tobruk attaccò praticamente con una compagnia di fanteria motorizzata ben imbottita di armi di reparto e di missili pesanti MILAN di provenienza sconosciuta ma intuibile.

    Non solo le forze del Governo di Accordo Nazionale erano in drammatica inferiorità numerica, ma non erano nemmeno organizzate su posizioni difensive preparate; per cui il Tenente Abdul Quabir che le comandava, fece occupare immediatamente la parte orientale del pasino di Kadir alla sua squadra motorizzata sul fianco sinistro, e schierò alla bell' e meglio la sezione armi pesanti (Una Toyota armata di HMG) dietro un filare di alberi sul fianco destro della pista, allo scopo di creare un minimo di killing zone sulla strada.

    Si trattava evidentemente di misure disperate; mai e poi mai queste forze avrebbero poturo sperare di respingere un attacco deciso delle forze nemiche grandemente superiori. il Colonnello Al Barghani, capo di stato maggiore a Tripoli, si appellò quindi a tutte le forze in armi presenti a Misrata perché accorressero a rinforzare le scarse truppe del GNA presso il paesino che si trovava appunto sulla pista principale per Misrata. Fu così che si mossero una squadra dell'ISIS, e cioè i superstiti che avevano attaccato l'ospedale militare italiano, l'intera forza della difesa civile di Misrata comandata da un mercenario Inglese, la Guardia Costiera, la sezione motorizzata della polizia di Misrata e pure i trafficanti di esseri umani e di droga, i quali se le forze di Harrar avessero preso Misrata, sarebbero finiti a coltivare datteri nel Fezzan se gli andava bene, o dietro le sbarre se gli andava male. Si chiese pure aiuto agli Italiani, che però opposero un netto rifiuto adducendo la motivazione (scusa secondo le autorità di Tripoli) che il contingente Italiano era in missione di pace e non poteva schierarsi con nessuna delle forze in lotta tra di loro.

    I Problemi che i difensori dovevano fronteggiare erano principalmente due: primo le diverse fazioni che dovevano partecipare alla difesa mancavano totalmente di coordinazione. Probabilmente la Guardia Costiera e la Polizia si sarebbero messe sotto il comando del Tenente Quabir; ma lo stesso non poteva dirsi per le forze di difesa di Misrata, o peggio dell'ISIS e del contingente di delinquenti. Secondo, quasi tutte le forze di soccorso erano appiedate, che a Misrata non c'era più abbastanza carburante, e ci avrebbero messo un po' di tempo ad accorrere sul posto. Per cui all'inizio della battaglia, il Tenente Quabir avrebbe dovuto sbrigarsela con quello che aveva. Sull'aeroporto di Misrata veniva pure messo il allarme l'unico vecchio jet di fabbricazione ex jugoslava di cui l'aviazione del GNA disponeva. Il pilota, un altro mercenario questa volta polacco, veniva messo in allarme pure lui e dotato di sedia a sdraio praticamente nell'hangar dove l'aviogetto era ospitato. L'aereo venne caricato con tre bombette da 250 chili, rifornito di munizioni da 12.7 per le sue mitraglie e tenuto pronto a partire.

    Le forze del Tenente Quabir avevano appena completato lo schieramento quando il turno 1 cominciava, una squadra di fanteria motorizzata nemica appariva lungo la strada e si portava all'altezza della parte occidentale di Kadir, alzando un polverone della madonna.

    "Mi ero piazzato alla destra della posizione defilata tenuta dal mio veicolo" ricorda il Tenente "ed avevo dato chiari ordini al mitragliere di aprire il fuoco solamente quando il camion nemico, che procedeva isolato in avanguardia, si fosse trovato tra noi e la squadra di fanteria schierata in paese, in maniera da causargli il massimo danno. Naturalmente invece la DShK montata sul mio fuoristrada cominciò a sparare non appena il veicolo nemico apparve sulla strada, con il risultato che non solo mancò il bersaglio, ma permise pure ai rinnegati di Harrar di scoprire la nostra posizione e ritirarsi comodamente, anche se frettolosamente, dietro gli alberi a bordo strada. Il fattore sorpresa era andato perduto".
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  14. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Battaglia di Kadir Turno 2

    Le forze del Governo di Tobruk non persero tempo a riorganizzarsi dopo la fallita imboscata nemica. La squadra di fanteria motorizzata si divise nei suoi due elementi tattici, smontado immediatamente dal veicolo da trasporto. L'elemento di copertura prese posizione con l'RPK e due fucilieri lungo il limitare del bosco, fronte a nord ovest, allo scopo di fornire una base di fuoco attraverso cui la sezione d'assalto avrebbe potuto muovere verso il nemico per indurlo a sloggiare o a crepare. Lo squad Leader aveva pianificato tutto come da manuale. L'unico problema consisteva nel fatto che in fase logistica qualcosa non erae andato per il verso giusto e c'era scarsezza di munizioni.

    Il comandante della squadra era all'estrema sinistra della sezione di copertura e buttando l'occhio ancora più a sinistra, intravide un secondo camion arrivare lungo la pista per Misrata. Se non ricordava male, immediatamente dietro di lui nell'ordine di marcia della compagnie vi era una sezione lanciamissili MILAN. questo fu un enorme sollievo, dal momento che il comandante del plotone appoggio avrebbe potuto ordinare a queste forze di battere la posizione della Tecnica nemica con devastante efficacia. Lui però non era autorizzato ad attendere che tutta la compagnia s schierasse per il combattimento. Aveva l'ordine di stroncare la difesa nemica e diede gli ordini necessari, ordinando alla sezione d'assalto di spingersi verso il filare di alberi occupato dalla sezione pesante nemica, mentre lui si dava da fare per regolare il fuoco di copertura.

    Il comandante della prima squadra del GNA fece un errore credendo che avrebbe potuto da solo avere la meglio su una posizione munita di mitragliatrice pesante DShK. Inoltre ci fu un altro errore dettato dall'inesperienza delle milizie: L'RPK lui e il suo fuciiere di scorta aprirono il fuoco sulla posizione nemica solamente dopo che la squadra d'assalto si mosse e ricevette il fuoco di arresto della Tacnica nemica e dei fucilieri appostati tra gli alberi. Due degli uomini della squadra d'assalto su tre caddero, ed il fuoco di ritorno fu inefficace, così come il suo.

    Il caposquadra si maledisse per non aver coordinato con la sezione d'assalto da un lato e poi maledisse il fatto di trovarsi a corto di munizioni, che limitava il volume di fuoco che poteva distribuire per turno. Occorreva al più presto piazzare il primo MILAN e polverizzare i terroristi che stavano in posizione a nord ovest.

    Dall'altra parte della barricata, il Tenente Quabir era soddisfatto. La prima puntata offensiva l'aveva stroncata sul nascere. Alzò il pollice in alto nei confronti del milite nel cassone della Toyota che scrutava ancora davanti a sé in cerca di nuovi bersagli, dopo avere annichilito i primi che avanzavano attraverso il campo di grano a sud est.

    "Abdul, qui è Khadim...sentiamo i vostri spari ma non vediamo il nemico. Vengo avanti per attaccare anch'io?"

    Era il comandante della squadra motorizzata del GNA, schiereata nel paesiello. Era chiaro che aveva fretta di diventare un martire.

    "Non vi muovete" fu la risposta del tenente. "Rimanete in posizione nel caso qualcuno riesca a passare; c'é un secondo camion nemico sulla strada...Ripeto non rivelate la vostra posizione".

    Nel dare questi ordini, Quabir volse lo sguardo anord per vedere se qualche rinforzo arrivava da Misrata. Ma non vide nessuno apparire dallo svallo che delimitava la zona collinosa a nord della sua posizione.
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  15. supertramp

    supertramp

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    "Tue chiappe discretamente arrossate" quanto quota??
     
  16. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Benvenuto in Libia.

    Quota poco dato che è molto probabile.
     
  17. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Battaglia di Kadir Turno 3

    La sezione d'assalto della milizia di Harrar aveva un ferito grave ed uno leggero ed era in preda al panico ed allo scoperto. La sezione di supporto tentava di bersagliare la Tecnica nemica munita di MG che era la sorgente di fuoco nemica più pericolosa. A sua volta la sezione del Tenente Quabir rispondeva rabbiosamente al fuoco fin tanto che ancora poteva, ed il combattimento continuava cruento.

    Il tenente si rese conto che avrebbe dovuto presto abbandonare la posizione però: il nemico stava piazzando un lanciamissili tra gli alberi che costeggiavano la pista all'altezza del punto di entrata sulla mappa. A guardarlo con il cannocchiale, sembrava un lanciatore di MILAN; gran brutto cliente per una jeep riparata da qualche scarno e decorativo alberello. Da quella posizione il lanciatore era fuori tiro dei suoi fucili d'assalto e poteva essere battuto a malapena dalla mitragliatrice pesante. Quabir presumeva, e giustamente, che invece l'ATGM nemico avrebbe potuto fare carne di porco della sua sezione. Si sarebbe imposto quindi al prossimo turno un ripiegamento della sua unità su nuove posizioni sperando che il nemico, nel riprendere il movimento lungo la strada, fosse caduto in un'imboscata della squdra di fanteria motorizzata che occupava Kedir. Il nemico era superiore; occorreva giocarsela tatticamente. l'ATGM sarebbe andato al tiro non appena la sezione amica che gli stava di fronte aavesse sgombrato un minimo di linea di fuoco. In questo turno era stata occupata con i feriti, ma a partire dal prossimo avrebbe riacquistato la sua capacità di muovere.

    Anche alla fine di questo turno, Quabir scutò ansiosamente con il suo cannocchiale l'imboccatura nord della pista per Misrata, ed anche alla fine di questo turno non vide arrivare nessuno. Il suo sguardo si incrociò con quello del suo fuciliere appiedato sdraiato a terra davanti alla ruota anteriore sinistra del suo veicolo. Il soldato lo guardò sapendo quello che lui stava pensando: o cominciava ad arrivare qualche rinforzo o sarebbe stata una battaglia dannatamente breve.
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  18. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Battaglia di Kadir Turno 4

    Il Tenente Qabir si rese conto che era veramente arrivato il momento di battersela. Ad ogni minuto che passava le forze nemiche a sud est della sua precaria posizione, diventavano sempre più numerose ed organizzate. L'effetto sorpresa della sua mezzo fallta imboscata al turno 1 ed il vantaggio della stupida mossa del nemico al turno 2, stavano rapidamente svanendo. La sezione nemica di supporto non sparava più. Quabir notò che c'era parecchio movimento di appiedati ai margini del campo coltivato che costituiva l'area che doveva coprire. Parte delle forze nemiche si ritiravano trasportando quello che evidentemente doveva essere un ferito. Il Tenente giudicò che quel momento di breve pausa nelle operazioni era quello propizio per ripiegare. Comunicò la sua intenzione alla squadra motorizzata in paese.

    "Khadim, iniziamo il ripiegamento verso la posizione alternativa. Se qualcuno avanza per serrare il contatto eliminatelo e poi ripiegate anche voi dietro al secondo agglomerato di case. Non vi fate invischiare in combattimenti prolungati."

    Decisamente Quabir non voleva irrigidire la difesa fino a quando non avesse visto un minimo di rinforzi. Ma non era detto che il nemico fosse daccordo con il suo intento operativo.

    "Abdul ricevuto, buona fortuna."

    Intanto nel campo opposto, giungeva in mappa come rinforzo l'unità del Maggiore Hakim Sarraf; una sezione armi pesanti scelta motorizzata; Sarraf era il comandante sul campo delle forze del Libyan National Army e braccio destro del Maresciallo Harrar; era soprannominato dai suoi CAPITAN AMERICA a causa del suo stile di comando impetuoso, del suo coraggio da super eroe e delle sue simpatie per gli Stati Uniti ed il loro modello militare. Si diceva di lui che avesse visto troppi film di guerra di Hollywood e che sul campo si comportava di conseguenza. Era comunque ancora vivo e quindi fino ad ora aveva avuto ragione. L'esempio che dava ai suoi sottoposti era a tutta prova e tutti lo rispettavano e lo temevano. Senza neppure scendere dal suo fuoristrada prese ad inveire contro le sue forze schierate al margine della pista. Il suo stile di leadership, benché trascinante era tutt'altro che americano.

    "Cosa ci fate ancora qui figli di cani infetti. Perché non siete ancora alla fine della mappa dall'altra parte. Lo scenario ci concede 1 punto per ogni unità uscita dalla mappa e voi siete ancora qui!! Vi faccio fucilare tutti bestie e figli di bestie."

    Si fermò presso la postazione del MILAN.

    "Stiamo mettendo in posizione l'arma Maggiore, la forza di blocco nemica si trova oltre quel filare di alberi laggiù", indicò un graduato puntando il braccio a nord ovest. "Li togliamo di mezzo e poi riprendiamo l'avanzata."

    "Muovetevi, intanto io aggiro la posizione nemica da ovest." Sbatté la mano sul tetto della cabina di guida del Toyota fuoristrada e strillò al guidatore di entrare nel campo di grano per iniziare il movimento accerchiante per la sinistra. Poi si rivolse ancora al comandante della sezione ATGM.

    "Mandate avanti qualcuno alle posizioni della fanteria. Ditegli che devono muoversi lungo la strada, prima che mi incazzi davvero. La mia missione è occupare Misrata e non stare qua a fare da balia a voi signorine.

    "Signorsì" rispose il poveraccio. Decisamente il Maggiore aveva visto Full Metal Jacket troppe volte.

    "Il nemico si ritira" strillò l'osservatore del team MILAN. Il veicolo si sgancia seguito dalla fanteria a piedi. Non perdono tempo a montare." Era evidente che Quabir aveva avvistato il MILAN e non voleva essere arrostito dentro alla tecnica; meglio ripiegare a piedi.

    "Bersaglio inquadrato" urlò il lanciatore tutto eccitato.

    "Levalo di mezzo" rispose l'osservatore.

    La Toyota del Tenente Quabir ebbe il tempo di schizzare a gran velocità dalla posizione in cui si trovava fino al successivo filare di alberelli posto più a nord. Quabir ed il fuciliere appiedato seguivano correndo a perdifiato pregando che la mitragliatrice nemica non aprisse il fuoco. Grazie a dio erano almeno fuori dalla gittata utile dei fucili d'assalto. La Jeep era appena arrivata alla sua destinazione quando l'inconfondibile scia del MILAN apparve davanti agli occhi del guidatore che stava cercando di imboscare il veicolo e di riportarsi dietro al cassone per mettere mano alla mitraglia pesante. Il lancio lo colse proprio mentre cambiava posizione, per cui non poté né provare a sopprimere il lanciatore sparandogli contro nella speranza di fargli perdere la mira, né compiere un movimento di evasione con il veicolo. Ebbe almeno la presenza di spirito di allontanarsi nei pochi secondi che il dardo fiammeggiante ci mise a raggiungere il suo obiettivo. La Toyota esplose con una gigantesca fiammata e col fragoroso boato dell'esplosione della testata del missile, spargendo pezzi e benzina nel raggio di decine di metri. Per puro miracolo nessuno della fanteria appiedata rimase ferito e tutti ebbero la prontezza di gettarsi al suolo prendendo copertura. I pezzi cominciarono a ricadere al suolo con suono metallico che Quabir udì al rallentatore. Si girò all'indietro: la sua preziosa Tecnica mitragliera era ridotta ad una pira fiammeggiante e con lei era scomparsa anche l'unica arma pesante di cui per il momento il GNA disponesse sul campo di battaglia.

    Le grida di Aaaaallllaaaahu Akbaaaaar!! Intanto risuonavano dall'altra parte del campo di battaglia, dove i militi del Governo di Tripoli avevano appena messo una seria ipoteca sull'esito della battaglia.

    All'estremità nord della pista per Misrata, Fareeq Shalhoum udì anche lui il frastuono proveniente dalla sua destra. Lui e la sua squadra di guerrieri santi dello stato islamico erano appena arrivati sul primo esagono della mappa, lato nord. Non c'era dubbio che avevano raggiunto la zona di guerra. Adesso occorreva combatterla.
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    Ultima modifica: 13 Maggio 2019
  19. DistruttoreLegio

    DistruttoreLegio

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  20. Luigi Varriale

    Luigi Varriale

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    Plancia di Comando del S.Giorgio acque territoriali libiche

    Il Contrammiraglio Utili masticava amaro osservando l'intenso movimento di uomini e materiali sul ponte di volo della sua ammiraglia. Il reimbarco del suo contingente terrestre era quasi completato, e gli ultimi trasferimenti dal porto alle unità al largo praticamente compiuti. Il Sottotenente di Vascello Vaini, accanto a lui in plancia era in contatto con l'unità italiana a terra che si sarebbe reimbarcata per ultima: la sezione esploratori del Capo Greconese.

    La piega che gli avvenimenti avevanno preso era del tutto sfavorevole al governo di accordo nazionale ed anche se la partita non era ancora del tutto perduta, le cose si mettevano decisamente male. La battaglia a sud della città di Misrata si era conclusa, o meglio non conclusa con una netta affermazione delle forze di Harrar. Le forze del governo nazionale si erano dovute precipitosamente ritirare sulla città, pressate dal nemico enormemente superiore. La causa principale della debacle nella battaglia di Kadir era stato il mancato arrivo dei rinforzi previsti per combatterla. Alla resa dei conti parecchie delle fazioni che componevano il cosidetto governo di accordo nazionale non si erano "accordate" ed avevano lasciato le scarne forze regolari di Tripoli in un mare di merda ed alla mercé del nemico. Paradossalmente l'unica banda armata che si era presentata per appoggiare le unità del Tenente Quabir era stata quella dell'ISIS, che venne ben presto travolta anch'essa dall'evento della ritirata precipitosa.

    A questo punto la resistenza si preparava nella città di Misrata; ultima roccaforte a difesa del governo del primo ministro Fayez Al Maanay. Qui le milizie armate del GNA avevano già annuciato al mondo che ci sarebbe stata battaglia e battaglia grande.

    Il Contrammiraglio Utili, informato della situazione sulla terraferma dal Ministero della Difesa, aveva ricevuto il perentorio ordine di ritirare tutte le forze italiane dall'abitato. Aveva obiettato che se il contingente italiano fosse stato impiegato a difesa della città, con l'appoggio delle forze del GNA, sarebbe stato possibile difenderla. La replica dei suoi superiori era stata che doveva togliere le tende immediatamente, visto che l'Italia non aveva nessun mandato internazionale per combattere una guerra sul suolo libico. Semplicemente non rientrava nel mandato dell'ONU e nemmeno nelle intenzioni del governo.

    "Ma la protezione della popolazione locale è nel mandato" aveva provato a replicare il contrammiraglio.". Aveva cheisto che almeno gli venisse concesso di lasciare la sezione esplorante a terra per poter guidare l'impiego delle armi navali e degli elicotteri dell'ALE in appoggio ai difensori. Gli era stato negato anche questo.

    Contentissimo di aver abbandonato la città al suo destino era invece il Sottotenente di Vascello Vaini, che non vedeva l'ora di "esfiltrare da quel cesso", come aveva lui stesso espresso ad uno dei suoi subordinati; ma il morale della truppa era basso. Molti ancora avevano negli occhi le facce dei civili libici che essi stessi avevano cominciato ad assistere con cure mediche, ed altri supporti necessari ad una popolazione in guerra da quasi dieci anni. Il Capo Daroni, era uno dei più contrariati dall'ordine improvviso di abbandonare la missione. Un uomo anziano, evidentemente un bambino all'epoca della precedente occupazione italiana della città, aveva sputato per terra al passaggio della sua squadra di fanteria di marina, in segno di disprezzo.

    Adesso il Gruppo Navale 17 rimaneva là, al largo della costa, a galleggiare in attesa di nuovi ordini da Roma. Non era ben chiaro di che ordini avrebbe potuto trattarsi, visto che alla forza era stata negata del tutto l'autorizzazione ad intervenire. Comunque dai politicanti non si sapeva mai cosa ci si potesse aspettare. L'ordine era di attendere e lui avrebbe atteso. Era chiaro per il momento che nel mentre le forze di Harrar si preparavano a a chiudere il conto al GNA, la parola avrebbe anche potuto passare alla diplomazia, e nel liquame diplomatico la Farnesina aveva storicamente sguazzato sempre molto a suo agio. Magari poteva tirare fuori qualcosa dal cilindro anche questa volta.

    [Per intanto, di fronte alla comunità internazionale e soprattutto alla gente che ci eravamo incaricati di proteggere, ci siamo fatti l'ennesima figura di merda] concluse mestamente il contrammiraglio.
     
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    Ultima modifica: 14 Maggio 2019

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