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Episodio I - La minaccia estense

Discussione in 'Le vostre esperienze' iniziata da Alessandro Argeade, 8 Febbraio 2016.

  1. Alessandro Argeade

    Alessandro Argeade

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    Leonello d'Este - La diarchia ferrarese
    Z Leonello.jpg

    Signore di Ferrara e Modena

    (1441-1449)
    Leonello I.jpg

    Leonello d'Este, discendente di una antica e nobile casata, non era per sua sfortuna degno di cotanta stirpe. Anzi, i suoi cortigiani non si capacitavano di come male fosse stato istruito nell'arte del governo e della diplomazia, per non parlare della totale ignoranza sulle faccende militari. I primi tre anni di governo furono tragici: furono persi tutti i contatti diplomatici stabiliti a suo tempo dal padre Niccolò, tanto che all'inizio del 1444 la signoria di Ferrara era isolata dal mondo. Le aristocrazie cittadine di Ferrara e Modena insistettero quindi perché Leonello permettesse al fratello Borso di coadiuviarlo nelle faccende di Stato. Il suo governo è ricordato dalle cronache come la diarchia ferrarese.

    Diplomazia
    Ritrovata finalmente una guida capace alla testa della signoria, vennero strette alleanze con la repubblica fiorentina e il ducato visconteo di Milano, da dove inoltre provenne la sposa di Leonello, la giovane Antonia figlia del ducato meneghino. Ben altra consorte fu riservata a Borso, il che faceva capire chi dei due fratelli comandava davvero nella signoria: la principessa Helena d'Asburgo-Tirolo, un ramo cadetto della famiglia imperiale. Un rappresentante estense prese residenza stabile a Vienna per mantenere aperti i canali diplomatici con l'imperatore Friedrich III von Habsburg, in particolare su una questione.

    Guerra del Po (1447-1449)
    La questione era la città di Mantova, retta da casa Gonzaga senza alcuna ufficialità imperiale, esattamente come era per la signoria degli Este. Guidata dalla personalità eccezionale di Ludovico III il Turco, la signoria stava gettando scompiglio con rivendicazioni territoriali e scaramucce verso tutti i vicini, alimentate si sussurrava dalla potente repubblica veneziana a cui si temeva Ludovico potesse cedere la città, portandola di fatto aldifuori dell'Impero. Per scongiurare questa possibilità, l'imperatore diede il nulla osta ai due diarchi per conquistare la città e mantenerla fedele all'impero, negando tuttavia ogni suo possibile coinvolgimento diretto. Poco male, l'aiuto milanese era tutto ciò di cui aveva bisogno Ferrara.

    Messo Leonello in persona alla testa dell'esercito (con la neppure troppo segreta speranza del fratello che ci lasciasse la pelle), si dichiarò guerra nella primavera 1447 ai Gonzaga, attestandosi sul Po in attesa della mobilitazione lombarda. Insieme i due eserciti annientarono quello mantovano nella battaglia di Parma, dove il Turco aveva provato un audace colpo di mano.

    Parma I.jpg
    La schiacciante e inevitabile vittoria, le perdite alleate sono tutte di parte milanese
    Messa d'assedio la città lombarda, vi era solo da aspettarne la caduta. Se non fosse che Leonello d'Este non avrebbe fatto in tempo a vederla. Il signore di Ferrara, quello ufficiale si intende, fu trovato trafitto mortalmente da un dardo di balestra dopo che si era allontanato dal campo estense per una battuta di caccia. Borso annunciò subito con sicurezza che il fratello era stato assassinato da emissari mantovani e per vendicarlo, una volta presa la città, fece impiccare alle mura mille notabili cittadini, incurante delle loro affermazioni di non sapere nulla di quanto accaduto.
     
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  2. botto88

    botto88

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  3. Alessandro Argeade

    Alessandro Argeade

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    Solo Teatrum Orbis Terrarum e correlati, sono mod grafici :)

    Borso d'Este - Il Principe
    Z Valentino.jpg

    Signore di Ferrara, Modena, Mantova, Lucca e Genova
    (1449-1480)

    Borso I.jpg
    Il governo di Borso, slegatosi dalla compagnia del fratello, era iniziato con una terribile dimostrazione di ferocia, l'impiccagione di 1000 magnati mantovani per un'accusa labile e mai dimostrata. Fu solo l'inizio di un regime diverso da quelli che l'avevano preceduto e da tutti quelli nel resto d'Europa. Non tanto per particolari efferatezze o crudeltà, anche se il novello signore del basso Po, come era noto nelle altre corti italiane, non tollerò mai alcun dissenso e fu spietato coi suoi nemici. Borso d'Este incarnò per primo un nuovo modo di intendere lo Stato, a cui nei decenni successivi avrebbero teso tutte le grandi casate d'Europa.

    Fino ad allora infatti ogni governante cristiano, dal più piccolo conte all'Imperatore, esercitava il suo potere dovendo rispettarne una miriade di altri, come le autonomie della città e il rango degli aristocratici. Nello Stato ferrarese invece vigeva una sola legge, quella di Borso. Numerosi furono i tentativi della borghesia e della nobilità di limitare la potenza sempre crescente dell'autorità centrale, ma tutti furono fermati anche a prezzo di gravi instabilità. L'ideale a cui tendeva il signore non ammetteva debolezze: tutte le energie dello Stato ferrarese dovevano essere concentrate in un unica mano, che potesse dirigerle in un'unica direzione con una potenza che nemmeno regni molto più grandi, ma al loro interno divisi, potevano eguagliare. Una simile concezione politica poteva trovare un paragone solo nel sultano turco di Costantinopoli, per questo i suoi detrattori chiamavano Borso d'Este col termine orientale di despota. Chi invece lo ammirava, soprattutto fuori dai suoi dominii, lo chiamavano col titolo di Augusto, perché un simile accentramento non si vedeva in Europa dai tempi di Roma: il Principe.

    Borso però non fu solo un deciso riformatore politico: cardine del suo governo fu anche il mecenatismo, ovviamente inteso anche come dimostrazione dei risultati culturali e prestigiosi a cui un governo centrale poteva tendere maggiormente delle autonomie locali.

    Borso I editti.jpg Il mecenatismo e le lotte accentratrici di Borso

    Le guerre d'Italia
    La presa di Mantova diede inizio a una serie di guerre tra gli stati italiani che passarono collettivamente alla storia come "Guerre d'Italia". Il disinteresse da parte del Kaiser per l'annessione di un libero Stato della compagine imperiale gettò nel panico i regnanti italiani, convinti ognuno di essere un bersaglio da parte dei propri vicini. Si crearono quindi numerose alleanze: oltre a Milano e Firenze, gli estensi strinsero patti con gli Asburgo e il potente regno di Aragona, che dominava il Mezzogiorno tramite il vassallo regno di Napoli.

    L'alleanza di cui facevano parte i domini estensi era quella più aggressiva. Nel 1451 Borso d'Este mise fine all'indipendenza della piccola città toscana di Lucca, col beneplacito fiorentino, ottenendo uno sbocco sul Tirreno. Dal 1453 al 1456 Ferrara e Milano (e eccezionalmente il Papato) furono impegnate contro " l'alleanza di Ponente ", ovvero Genova e Savoia. Durante questo conflitto si palesò cosa significava una guerra tra gli Stati italiani: non si trattava più ormai di scaramucce tra piccoli comuni o signorie con al massimo un migliaio di soldati in totale. Ormai potevano essere mobilitati gli uomini di intere regioni: la guerra in questione vide l'impiego di quasi centomila uomini e di costoro ne caddero oltre trentamila in due sole battaglie. Il Santo Padre inorridito si ritirò dal conflitto e promulgò l'enciclica Pacem in Terris dove invitava gli italiani a ritrovare concordia e pace. Non sarebbe stato ascoltato. Intanto Milano otteneva i territori della riviera occidentale ligure e il Monferrato.

    Borso I Lucca.jpg
    Borso I stragi.jpg
    Le stragi di Parma e Genova, le principali battaglie ma non le uniche;
    si faccia il paragone con la battaglia di Lucca, che iniziò e mise fine al conflitto lucchese

    Gli anni '50 e '60 del XV secolo trascorsero tranquilli nei domini estensi. Così non fu nel resto d'Italia: la repubblica fiorentina aggredì il Papa, sperando di coglierlo indebolito dopo la guerra contro Genova. Al suo fianco aveva Venezia, mentre a difesa del trono di Pietro vennero gli ungheresi da oltre-Adriatico. La guerra durò molti anni, ma infine Firenze prevalse e strappò la Romagna ai domini della Chiesa, costringendo inoltre l'Ungheria a cedere la Dalmazia.

    Nel 1475 gli eserciti estensi impugnarono nuovamente le alabarde, muovendosi per porre definitivamente fine alla repubblica genovese, in declino dopo la perdita dei possedimenti asiatici e della Corsica. Fu chiesto l'intervento di Milano, per pareggiare l'aiuto nella precedente guerra, e di Firenze. Al fianco della Superba si misero i Savoia e Siena.
    Purtroppo alcuni contrattempi impedirono alle truppe lombarde di arrivare a Genova nei tempi previsti, mentre gli uomini del Giglio occupavano Siena, e l'esercito ferrarese lasciato solo contro soverchianti avversari subì una dura disfatta.
    Borso I disfatta.jpg
    La disfatta
    Per fortuna la superiorità in uomini e mezzi dell'alleanza estense riuscì comunque a piegare la resistenza dei genovesi. In pochi anni i dignitari nemici furono costretti a porre il loro sigillo sul trattato che sigillava la più grande conquista di Borso d'Este, una delle più ricche città italiane. Ma non perdonò mai ai milanesi le responsabilità avute nell'unica battaglia persa della sua vita. Quando emissari fiorentini giunsero alla sua corte per chiedergli di scegliere quale alleato mantenere, avendo loro in previsione di aggredire la Repubblica Ambrosiana da poco fondata, non ebbe dubbi. L'alleanza con Milano fu rotta.

    Borso I paci.jpg
    La pace con Genova e Siena; i Savoia se la cavarono senza conseguenze
    Poco dopo Borso d'Este morì. Lasciava il suo potente Stato in mano a suo figlio Ercole.
     
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  4. Alessandro Argeade

    Alessandro Argeade

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    Ercole d'Este - Il Marchese
    Z Ercole.jpg
    Marchese d'Italia
    (1480-1501)

    Ercole I.jpg
    Ercole d'Este ereditava dal padre la guida di uno dei più forti Stati italiani. Non fu però una successione facile: va ricordato che la signoria degli Este non aveva alcuna legalità. Era semplicemente un potere privato esercitato dalla famiglia più potente alle quali le altre si adeguavano per complicità o paura. Le istituzioni comunali, sia a Ferrara sia nelle altre città, erano in teoria ancora in vigore e le cariche più alte in nessun luogo erano tenute da esponenti della famiglia d'Este. Tali cariche erano stato però da tempo svuotate di reale potere, il quale all'interno dei Comuni era da secoli suddiviso fra le varie magistratute comunali: era questo il motivo per cui ovunque, anche a Ferrara, erano saliti al governo de facto della città nobili e potenti famiglie.
    Questo sistema funzionava finché c'era da governa una città e il suo contado, al massimo due. Con un dominio grande quanto quello estense il sistema cominciava a mostrare i suoi limiti e sarebbe bastato un lieve indebolimento del potere centrale perché le città sfuggissero al suo controllo, in modo perfettamente legale. Serviva dare un'ufficialità di qualche tipo al rango raggiunto dagli Este, ma quale?

    Good bye Empire.jpg
    La risposta venne dal mondo germanico. La casa d'Asburgo aveva perso, a causa di un'arciduchessa donna inabile per questo a salire al soglio di Cesare, il trono imperiale. Questo veniva conteso tra dinastie d'alto rango, tuttavia prive del potere militare austriaco e quindi erano di fatto degli imperatori fantasma. Sotto il regno di Albrecht II di Hessen, in Italia l'autorità imperiale non era più percepita in nessuna forma, mancando ormai perfino le formalità quali la nomina di legati italiani dell'imperatore o la proclamazione in Italia del Rex Italiae, semplice titolo che veniva attribuito senza una cerimonia d'incoronazione. Per questi motivi nel 1490 le repubbliche di Milano, Venezia e Firenze si dichiararono ufficialmente al di fuori della tutela imperiale, senza che un fiato giungesse da Wiesbaden.
    Più complicata fu la posizione presa da casa d'Este. I domini estensi erano gli unici in Italia che ricordassero una qualche sorta di governo aristocratico insieme al ducato di Savoia. Non erano quindi ostili per principio a un potere feudale quale quello imperiale, tanto più se nei fatti si dimostrava inconsistente. Un abile diplomatico come Ercole vide l'occasione per avere finalmente quell'ufficialità al suo potere di cui tanto necessitava. Si mise immediatamente in viaggio verso la capitale dell'Assia e dopo un mese di incontri con Albrecht II tornò a Ferrara col seguente trattato:

    Io, Albrecht von Hessen, Imperatore dei romani, Re dei romani e Re d'Italia,

    istituisco la MARCA D'ITALIA sotto la cui giurisdizione pongo le terre del Regnum Italiae,
    ad eccezione della Contea di Tirolo e del Vescovado di Trento.


    riconosco il giuramento di fedeltà di Ercole d'Este,
    il quale da ora in poi è riconosciuto quale feudatario imperiale


    assegno la marca d'Italia a Ercole d'Este,
    con diritto di ereditarietà del titolo


    riconosciute le necessità militari della Marca,
    sciolgo il Marchese titolare dagli obblighi feudali
    tranne quello di fedeltà all'Impero

    Di fatto Ercole d'Este manteneva la stessa autonomia di prima e i suoi territori si ponevano come il resto d'Italia al di fuori della giurisdizione imperiale. Tuttavia aveva finalmente un riconoscimento formale al potere che esercitava sulle sue terre, anche se ciò valeva solo sul piano interno. Fatto questo, poté dedicarsi all'espansione militare.

    La guerra con Milano
    Con la fine dell'alleanza con gli Este decisa da Borso, la repubblica ambrosiana si trovava diplomaticamente isolata. Savoia e Svizzera ne temevano l'aggressività, Venezia voleva espandersi nelle terre lombarde e Firenze la vedeva come un rivale alla supremazia nella penisola. Ercole d'Este decise che il Marchesato doveva aspirare alla totale annessione dell'ex alleato: le ricche terre lombarde avrebbero portato Ferrara alla supremazia sulle altre potenze italiane. Sfruttando una contemporanea aggressione veneto-svizzera che aveva scacciato le truppe lombarde da Milano e messo sotto assedio la capitale della Repubblica, Ercole mosse guerra e in due battaglie annientò il sorpreso esercito milanese. La guerra si concluse con l'annessione di Parma e Ferrara, mentre Albenga approfittava della crisi meneghina per riportarsi sotto le insegne genovesi.

    Battaglie Milano.jpg
    L'annientamento dell'esercito milanese

    Bastioni d'oro
    Nonostante la guerra mossa a Milano, il marchese Ercole non era un guerrafondaio. La guerra mossa all'ex alleato fu quasi necessaria: la repubblica ambrosiana era ormai troppo isolata e odiata dai vicini per sopravvivere e i suoi territori sarebbero comunque andati a qualcun altro, che li avrebbe usati contro la potenza estense. I suoi veri interessi furono sempre la sicurezza e la ricchezza dei suoi sudditi. La sua idea di uno Stato felice era uno Stato popolato da ricche città protette da possenti mura, idea che a corte veniva sintetizzata nell'espressione "bastioni d'oro".
    Idee.jpg
    Le idee portate avanti da Ercole d'Este
    Sotto il suo governo i mercanti ricevavano aiuti e protezione. Fu uno dei primi in Europa, almeno tra i governi aristocratici, a concepire l'idea di un intervento pubblico attivo nell'economia e non solo la semplice tassazione dei proventi della borghesia. I mercanti venivano sovvenzionati durante i periodi di crisi e sui mercati internazionali potevano spendere il nome di Ercole per difendersi da possibili pericoli. Tutto questo portò a una rinnovata potenza commerciale per la Marca d'Italia, la quale diventò una pericolosa concorrente persino per i mercanti di Venezia.

    Mercanti.jpg
    Gli interventi pubblici nell'economia e i loro benefici

    Commercio.jpg
    Sintesi del commercio nell'Adriatico

    L'eccidio estense
    Ercole d'Este, primo marchese d'Italia, si spense nel 1501, senza figli. Fu questa una grava sciagura. Una carica nobiliare ereditaria introduceva nella famiglia d'Este un elemente carico di instabilità: chiunque l'avesse posseduta avrebbe avuto un potere enormente superiore ai familiari, a differenza di quanto accadeva prima dove la concordia interna alla casata era necessaria e funzionale al mantenimento del potere sulle altre famiglie ferraresi. Ora però il titolo di marchese conferiva un potere assoluto aldilà dei legami familiari: senza un erede legittimo si scatenò una terribile faida interna alla casata d'Este, con omicidi e fughe in esilio che si succedettero per un anno intero.
    Alla fine della scia di sangue risultò vincitore Alfonso d'Este, secondo marchese d'Italia.
     
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    Ultima modifica: 12 Febbraio 2016

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