Le leggi internazionali e la lotta anti-partigiana nella WW2

Discussion in 'Età Contemporanea' started by Armilio, Sep 7, 2009.

  1. Invernomuto

    Invernomuto -

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    Ciao,
    secondo me l'articolo 2 va interpretato nel senso che sei esonerato dal metterti una divisa nel momento in cui un esercito nemico ti invade inaspettatamente. Insomma, ti trovi i soldati crucchi sotto casa e tu ti batti per difendere le tue proprietà o la tua città. Non si può pretendere in questo che i guerriglieri si organizzino in bande armate paramilitari dotandosi di strutture di comando, divise o segni di riconoscimento. Viene cmq evidenziata l'importanza di avere le armi in vista come segno di riconoscimento.
    In sostanza, la convenzione dell'Aja fa salvo il diritto di insorgere in armi contro un esercito occupante ma non ti permette, ad esempio, di avvicinarti ad un gruppo di soldati nemici travestito da civile, ammazzarli cogliendoli di sorpresa, e pretendere di essere trattato come combattente (quindi soggetto al giudizio militare, che comporterebbe la non punibilità in questo caso dell'uccisione perpetrata). Se i partigiani italiani, nelle loro azioni contro i tedeschi, indossavano segni distintivi, andrebbero equiparati a formazioni combattenti di eserciti regolari, a prescindere da quello che dicono i tedeschi.

    Sul diritto di rappresaglia, buona lettura:
    http://www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Processi/Heinrich-Nordhorn/17rappresaglia.htm

    NB
     
  2. Armilio

    Armilio

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    Bhè da quanto ho capito di solito, ma non sempre. Non sempre infatti i partigiani portavano un segno di riconoscimento, e non sempre portavano le armi in modo visibile...

    EDIT: Grazie Invernomuto, ora leggo!:approved:
     
  3. Invernomuto

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    Infatti è assurdo pensare di ricondurre il tutto secondo uno standard. Ogni caso è un mondo a se stante.
    In alcuni processi, vado a memoria mi sembra il caso Priebke, venne in parte riconosciuto il diritto alla rappresaglia e l'imputato condannato per aver avuto una reazione sproporzionata all'azione intrapresa dal nemico. Ma vado a memoria ed è facile che mi sbagli.
    Ad ogni modo sono casi molto delicati ed è quasi impossibile avere equità di giudizio (la giustizia è amministrata dai vincitori).
     
  4. cyberdisc

    cyberdisc Moderator

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    Nel novero "ufficiale" inserirei anche la Brigata Maiella:
    http://www.netwargamingitalia.net/forum/showthread.php?t=11926
     
  5. Armilio

    Armilio

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    Da quanto ho capito leggendo il tuo link, secondo le sentenze italiane (e non di Norimberga, dove si era andato più sull'ideologico dicendo che il valore della vita è superiore ad ogni legge di guerra) la rappresaglia è consentita come modo di uno stato di reagire ad una azione illegittima di un altro. Ma se i partigiani rispettavano le "regole"(armi in vista e segni di riconoscimento visibili), diventavano un combattente legittimo, non violavano nessuna regola e quindi non c'era diritto di rappresaglia. Paradossalmente però, le condanne non avennero per questo, ma per una presunta "sproporzionalità", definita secondo quale principio, non si sà. E questo mi fa pensare 2 cose: o che i partigiani in molti casi non abbiano rispettato le "regole", oppure che una motivazione valeva l'altra, per il giudice e gli avvocati. E che anche noi, in fatto di rappresaglie, avevamo i nostri scheletri nell'armadio, ma questo è un'altro discorso.

    Una cosa non mi è chiara dal tuo link: chi è che ha deragliato seguendo nei giudizi una logica diversa da quella seguita in pre-guerra, noi o Norimberga? EDIT: capito, in pratica l'articolo cerca di delegittimare l'esistenza stessa della rappresaglia, consentita nel'art. 8 della legge di guerra, e che siccome prevede di non rispettare la legge per reazione, per lui non va bene, portando poi delle sentenze fatte post-guerra, su leggi fatte post-guerra... a me sembra sinceramente una forzatura.
     
  6. Invernomuto

    Invernomuto -

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    Ciao,
    comincerei con il distinguere fra i due distinti casi che sono sorti nella discussione.
    Il primo punto è relativo al trattamento delle formazioni partigiane e se esse siano da assimilare alle formazioni egolari o meno. In pratica, se io sono un comandante di un esercito occupante, se catturo dei partigiani (con tale termine intendo qualunque formazione armata non regolare che si oppone alle forze dell'esercito accupante) come li devo trattare? Li devo trattare alla stregua di combattenti regolari nemici? La citata convenzione dell'Aja è chiara al riguardo e afferma che vale questa opzione se e solo se, in sostanza, i partigiani si identificano e si comportano alla stregua di formazioni regolari militari (divise, strutture di comando ecc ecc). Evidentemente i tedeschi non hanno mai riconosciuto ai partigiani italiani lo status di combattenti. Io conosco molto poco la storia delle formazioni partigiane e quindi non posso dire se ciò sia dovuto al fatto che i partigiani non facessero nulla per ottenere il riconoscimento di tale status oppure fossero i tedeschi a negarglielo a prescindere. Questo però è solo in parte legato al problema della rappresaglia.
    Il secondo punto è relativo al diritto di rappresaglia, che consiste sostanzialmente nel diritto, esercitato dall'esercito occupante, di rivalersi anche sui civili del territorio occupato in caso di azioni degli insorti ai danni dell'esercito occupante.
    Qui il discorso si fa complesso. I processi citati nell'articolo sono diversi e le sentenze sono arrivate in diversi momenti storici ed è ovvio che la giurisprudenza al riguardo si è evoluta con il passare del tempo. Norimberga ha fissato alcuni principi. In sostanza, nel nostro ordinamento a livello astratto in alcuni casi è stato riconosciuto una sorta di diritto di rappresaglia ma tale diritto non ha mai trovato concreta applicazione o perché l'imputato aveva comunque commesso ogni sorta di atrocità oppure perché esisteva una sproporzione fra civili uccisi e azione dei partigiani (ma poi, quale proporzione può mai essere ritenuta "accettabile"?). In altre interpretazioni, tale diritto non è stato riconosciuto: puoi ammazzare i partigiani durante azioni di guerra ma non prendertela con i civili o con i prigionieri inermi.
    Io concordo sul fatto che debbano essere posti dei limiti: se io avviso la popolazione che per ogni mio soldato ucciso da partigiani nuclearizzo una città italiana a caso divento automaticamente non punibile?
    Per il semplice fatto che ho esplicitato e codificato il mio "diritto" alla rappresaglia?
    E' un discorso che se trovasse applicazione diventerebbe molto pericoloso: chi pone dei limiti?

    Un saluto
     
  7. MrBrightside

    MrBrightside

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    Io conosco un po' la storia di alcune delle formazioni partigiane liguri e del basso Piemonte. Se per divise si intende un insieme uniforme e non composito di vestiario, allora nessuna delle formazioni partigiane che conosco ne possedeva, salvo rari casi di particolari e limitati reparti; se invece basta un segno distintivo come un fazzoletto o una camicia o una giacca a qualificare un'uniforme, allora sì. Per quel che riguarda le strutture di comando, il discorso è intricato: le divisioni e/o le brigate comprendevano vari distaccamenti al comando di uno o più ufficiali, almeno fino all'epoca della Repubblica di Alba. Dopo la caduta della suddetta, la dissoluzione del complesso partigiano nella zona portò i superstiti ad isolarsi, travestirsi e nascondere le armi, fino alla primavera successiva.
     
  8. PanzerAlex

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    il partigiano jhonny di beppe fenoglio parla proprio di questi avvenimenti.
    dopo la sconfitta di alba si frammentarono ma bisogna anche dire che i tedeschi li trovarono comunque e molti fecero una brutta fine....
     
  9. Armilio

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    Mhà, mi sembra abbastanza chiaro che, nella normali situazioni, i partigiani potevano essere definiti appartenenti a "milizie o corpi volontari" che rispettassero tutti quei 4 punti necessari per essere visti come combattenti. Non sempre, perchè quasi sicuramente ci sono stati dei casi in cui i partigiani hanno operato senza "segno di riconoscimento" e "armi in vista", però in sostanza era combattenti legittimi. Che i tedeschi non gli abbiano riconosciuto questo status bhè, gli conveniva, e poi era consuetudine del tempo, a quanto pare, non farlo, visto che non credo che tutte le potenze coloniali trattassero i ribelli delle colonie come combattenti.

    Lo stesso articolo, verso la fine (dimmelo se ho capito male), dice che l'art. 8 della legge di guerra autorizzava il diritto di rappresaglia come reazione ad una azione illegittima di un stato belligerante contro un'altro, in modo da dare ad ogni nazione la possibilità di reagire alla irregolarità altrui (il che, tra l'altro, non è nemmeno il caso dei nostri partigiani, che di solito non rappresentavano una irregolarità attuata dallo stato italiano contro la Germania e l'RSI, visto che potevano essere riconosciuti come combattenti a tutti gli effetti).

    L'articolo cerca di smontare questa possibile "difesa" dei vari crimini nazisti, dicendo che quell'articolo, l'art. 8, dice che è possibile sospendere il rispetto della legge di guerra come rappresaglia, ma non specifica che si può uccidere vite di civili o fare cose similari, sopratutto visto che la legge di stato tutela la vita umana; e che in successivi processi (come quello di Norimberga) queste leggi erano state modificate secondo il principio che è inaccettabile qualunque rappresaglia. Ma mi sembrano tutte e 2 critiche abbastanza "fragili", o meglio, sopratutto la seconda: la prima perchè la sospensione del rispetto delle leggi di guerra vuol dire anche sospendere tutte quelle regole che difendono il civile, e non capisco cosa c'entrino le leggi del proprio stato con il comportamento che si ha con il cittadino di un'altro paese, e sopratutto non vedo a quei tempi questa difesa della vita umana a prescindere, sopratutto nelle leggi a cui al massimo i soldati tedeschi dovevano fare riferimento, cioè quelle della Germania. La seconda, perchè è completamente senza senso visto che le leggi non hanno mai effetto retroattivo.

    Poi non metto in dubbio che il diritto di rappresaglia sulla popolazione civile è meglio che non ci sia (anche perchè nelle guerre odierne potrebbe anche essere contro-producente), e che in fondo i vari criminali nazisti possano essere accusati lo stesso visto che i partigiani, di solito, erano combattenti legittimi; però non credo che si possa dire che il diritto di rappresaglia non esistesse durante la WW2.
     
  10. balena

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    Non sbagli ... Pribke fu condannato per un eccesso di zelo per 2 o 3 nominativi giustiziati alle ardeatine eccedenti il rapporto di 10 a 1 e altri vizi ma non per l'intera azione di rappresaglia.

    Spesso poi erano gli stessi partigiani a non sentirsi soggetti alle regole e agli usi della guerra: ESempio classico e banale :

    L'AZIONE DI VIA RASELLA E' TECNICAMENTE UN'AZIONE MILITARE O UN ATTO TERRORISTICO ??

    Atto terroristico per la dinamica del'azione, atto di guerra se si guarda l'obiettivo (miltitari armati e in divisa ...) e il contesto (... di un esercito occupante il territorio nazionale).

    Ogni singolo episodio quindi meriterebbe un'aproffodita analisi degli eventi ma a a sua volta dovrebbe implicare un'attenta analisi delle attuenanti e delle aggravanti derivanti dal contesto....
     
  11. Armilio

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    Da quello che ho letto su Wiki, in effetti i partigiani assaltarono i tedeschi vestiti da civili (quello che ha innescato la bomba addirittura travestito da spazzino) e con le armi nascoste nei vestiti, quindi tecnicamente non erano combattenti, e da ciò ne consegue tutto il resto, cioè che non avevano diritti da combattenti ed era un atto illegittimo commesso contro i tedeschi da chi stava dietro ai partigiani, cioè alleati e stato italiano, con diritto quindi di rappresaglia. Questo tecnicamente. Probabilmente allora avevo indovinato sul perchè l'accusa puntasse sulla "proporzionalità della reazione": tecnicamente, l'azione non era legittima e quindi addentrarsi nella discussione del diritto o no alla rappresaglia contro vite umane sarebbe stato rischioso.
     
  12. PanzerAlex

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    ragazzi.
    ovviamente ci sono stati casi particolari.
    rispondendo alla tua domanda iniziale si in generale la lotta partigiana era leggittimizzata e quindi i tedeschi non avevano il diritto di rappresaglia sulla popolazione.
    che poi questo come sappiamo non avenne e che come sempre è la popolazione a subirne le ripercussioni è un altra storia... ( si parla di circa 15.000 vittime in 400 stragi perpetrate dai nazisti ( a volte con l'aiuto dei repubblichini ) per rappresaglia contro azioni partigiane )
    ogni popolo ha il diritto di ribellarsi se viene attaccato qualsiasi sia l'aggressore.
     
  13. Caronte

    Caronte

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    Anche alcuni reparti della RSI utilizzavano abiti civili per azioni dietro la line nemiche: la differenza è che, secondo il diritto internazionale, un ufficiale/soldato nemico in vestiti borghesi può essere considerato una spia e quindi passabile di esecuzione sommaria,ma non conosco la legislazione in caso di civili (anche se credo venissero considerati alla stregua di militari, perchè la legge marziale lo consente)
     
  14. ange2222

    ange2222

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    atto terroristico?
    l'attacco ad una unità militare compiuto con esplosivi ed armi da fuoco è un atto di guerra.

    Bisognerebbe definire "atto terroristico" praticamente ogni operazione militare offensiva poiché è volta a terrorizzare il nemico?
    Un assalto con lanciafiamme è un "atto terroristico"?
     
  15. Wolf

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    L'attacco di per sè, non per gli obiettivi, può essere considerato benissimo di stampo terroristico.I partigiani non indossavano uniformi o distintivi di riconoscimento ben visibili a distanza come indicava la stessa convenzione dell'Aja del 1907; i tedeschi di certo non potevano riconoscerli visto che erano in abiti civili.
     
  16. ange2222

    ange2222

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    un attacco di commando è atto terroristico?
    se si allora l'attacco di via Rasella è assimilabile ad un atto terroristico.
     
  17. Mikhail Mengsk

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    Qualsiasi commando utilizza tattiche di guerriglia, allora sono tutti terroristi. Le mine sono armi terroristiche, dato che una mina piazzata in via Rasella avrebbe avuto lo stesso effetto.
     
  18. Invernomuto

    Invernomuto -

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    Ma anche qui è difficilissimo stabilire un caso generale. CI sono state azioni condotte dai partigiani in modo terroristico, altre in modo prettamente militare.
    Ogni situazione è un caso a se. Nel caso specifico, si può distinguere quei partigiani ai quali può essere riconosciuto lo status di combattente e quali no.

    Non è stato affermato il principio che il diritto di rappresaglia non esistesse, non è stato considerato come attenuante nei processi citati, che è un po' diverso.
    Il "diritto" di rappresaglia afferma anche la reazione deve essere proporzionale all'offesa subita (e non necessariamente deve essere una risposta basata sulla violenza). Insomma, tu mi bombardi, io ti faccio un embargo o metto in atto una reazione analoga.
    Non basta fissare una proporzione (10 civili per tedesco ucciso dai partigiani) per essere al riparo da eventuali conseguenze penali. Ti pare sensato che per me basti arbitrariamente fissare una proporzione per fare quello che mi pare su dei civili innocenti?
    Sul discorso della retroattività, non credo sia applicabile. Norimberga non ha messo nuove leggi, sulla base delle quali sono stati condannati gli imputati, ma ha messo in evidenza alcuni principi interpretativi a leggi già esistenti (peraltro, quanto stabilito da Norimberga non ha effetti sul nostro ordinamento, viene infatti solo citato come sostegno delle tesi proposte).
    Uno di questi è che l'ordine pubblico non può essere mantenuto, sulla base delle convenzioni esistenti all'epoca, con la fucilazione indiscriminata di civili. Avessero fucilato solo i partigiani "irregolari" non credo ci fossero gli estremi per parlare di violazione delle convenzioni esistenti. Ma a questo "principio" ci sono diverse eccezioni, vedi Priebke appunto...

    Un saluto
     
  19. Wolf

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    A mio parere non è assimilabile ad un commando, non per il modus operandi, bensì per il semplice fatto che durante l'azione i combattenti coinvolti non vestivano uniformi e/o altri segni distintivi che ne garantissero il riconoscimento anche a distanza.
    Nel secondo articolo si parla di armi portate apertamente E se rispetta le leggi e gli usi di guerra.I partigiani non portavano le armi apertamente, o sbaglio?Seconda cosa...non rispettarono alla grande le leggi e gli usi della guerra, ma d'altronde questo lo fecero un po' tutte le parti in causa
     
  20. PanzerAlex

    PanzerAlex

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    per quanto rigarda il portare armi apertamente è una tua supposizione.
    escludendo qualche caso saparuto i partigiani non combattevano ognuno per conto loro sparando al primo tedesco che passava davanti alla finestra di casa .
    erano organizzati e soprattuto si riunivano nel loro quartier generale ( che poteva essere una chiesa un bosco o quello che volete voi ) e da li organizzavano la loro guerriglia.
    il portare armi apertamente non significava dover andare in giro a sventolare mitra e fucili per la città ma significava essere riconoscibili dai nemici come soldati e non come civili. beh sicuramente erano riconoscibili.non smetterò mai di dire che la maggior parte portava il fazzoletto al collo.
    invece per quanto riguarda il rispetto delle leggi di guerra .. tutti gli eserciti del mondo sarebbero terroristi...
     

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